Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7010 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7010 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANZARO nel procedimento a carico di:COGNOME NOME nato a SAN PIETRO A MAIDA il 20/08/1969
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame: letta la memoria dell’AVVOCATURA DELLO STATO che ha chiesto l’annullamento della ordinanza impugnata;
letta la memoria dell’Avv. NOME COGNOME del foro di LAMEZIA TERME con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza emessa in data 24 giugno 2024 la Corte di appello di Catanzaro ha accolto la richiesta di riparazione dell’ingiusta detenzione patita da NOME COGNOME per 495 giorni di privazione della propria libertà personale (dal 30 gennaio 2014 all’8 giugno 2015) in regime di arresti domiciliari in relazione ai reati di associazione per delinquere nonché truffe e falsi, reati dai quali è stato assolto dal Tribunale di Catanzaro, giusta sentenza emessa in data 24 aprile 2018.
1.2. La Corte della riparazione ha escluso condotte colpose ostative in capo al Porcaro rilevando che a suo carico, in fase cautelare, vi erano solo tre dichiarazioni di soggetti che sostenevano di avere stipulato con costui contratti di affitti fittizi, senza specificare, tuttavia, il ruolo svolto da nella vicenda in esame. A fronte di ciò, la Corte della riparazione ha evidenziato che nel corso del dibattimento sono state acquisite numerose dichiarazioni di segno contrario. Tali emergenze istruttorie avrebbero condotto all’assoluzione dell’imputato il quale rivestiva la qualifica di “mero consulente del Notaris”, gestore delle ditte mediante le quali erano state perpetrate le truffe volte all’ottenimento di finanziamenti pubblici, che è stato invece condannato per reati contro il patrimonio e in materia di falso.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Corte di appello di Catanzaro affidandolo a due motivi.
2.1 Con il primo si contesta la erronea applicazione dell’art. 314 cod. proc. peri, rilevando che la Corte della riparazione ha del tutto omesso, in violazione dell’art. 314 cod. proc. pen. di valutare la condotta extraprocessuale del COGNOME che apparirebbe gravemente colposa e idonea ad ingenerare l’apparenza del coinvolgimento dello stesso nella operazione truffaldina realizzata da NOME COGNOME per il tramite delle ditte da costui gestite, fatti per i quali il Notaris è stato condannato. Il suddetto unic gestore delle ditte aveva attestato falsamente la disponibilità di numerosi terreni ricadenti nella zona di Catanzaro e di Lamezia Terme asseritamente destinati alla coltura delle olive. Evidenzia il Procuratore ricorrente che COGNOME è stato ragioniere e consulente contabile del Notaris. In tale veste COGNOME si è occupato della elaborazione e, in molti casi, della presentazione di buste paga, CUD, modelli DMAG (Dichiarazione di Manodopera Agricola), DA (Dichiarazione Aziendale) nonché, infine, dei modelli 730.
Si evidenzia nel ricorso che sebbene il Tribunale di Catanzaro abbia assolto il COGNOME ritenendo non sufficientemente provato l’elemento soggettivo ha, comunque, argomentato che «non ignora il Collegio che la condotta di COGNOME si inserisce in un meccanismo truffaldino più ampio certamente messo in atto – sebbene non provato in questo processo – che lo vedeva coinvolto in un ruolo di primo piano in quanto l’imputato era colui che consentiva di fatto la trasmissione dei dati dal datore all’ente». Secondo la Procura generale ricorrente, sulla scorta di tale argomento speso dal Tribunale, il ricorrente, in quanto professionista incaricato, avrebbe dovuto esercitare un controllo dei dati inseriti e così rendersi conto della falsit degli stessi. In ogni caso, il Porcaro, non avrebbe potuto non avvedersi del fatto che numerosi contratti di affitto erano già scaduti o risolti alla data d presentazione della dichiarazione Aziendale e, pur tuttavia, inseriti nella stessa.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’inosservanza dell’art. 125 comma 3 cod. proc. pen con particolare riferimento alla mancanza di motivazione in merito agli argomenti che il Procuratore Generale aveva speso in sede di discussione all’udienza del 24 giugno 2023 in merito alla omissione, da parte del COGNOME, di qualsivoglia controllo in ordine alla correttezza e veridicità dei dati inseriti nelle DA. Il provvedimento impugnato non contiene alcun cenno alle circostanze di fatto che erano state messe in evidenza all’udienza, ragione per cui la motivazione deve ritenersi del tutto mancante e/o comunque apparente.
Il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame.
L’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
L’avv. NOME COGNOME del Foro di Lamezia Terme ha depositato memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente.
Il giudice della riparazione, dopo avere richiamato giurisprudenza di questa Corte (Sez. 4 n. 2145/ del 13/01/2021) secondo cui ai fini della configurabilità della colpa grave ostativa, occorre stabilire, con valutazione ex ante non se la condotta integri gli estremi del reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto, se ne è discostato.
La sentenza richiamata nel provvedimento impugnato, invero, afferma che «il giudice della riparazione, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016 Cc., dep. 23/01/2017, Rv. 268952)».
In definitiva, il giudizio della Corte della riparazione è del tutt autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di indagine diversi, che possono portare a conclusioni del tutto differenti: ciò sia in considerazione del diverso oggetto dell’accertamento (nel giudizio penale la condotta di reato; nel giudizio di riparazione la condotta gravemente colposa o dolosa causalmente rilevante ai fini della misura cautelare) sia in considerazione delle diverse regole di giudizio (applicandosi solo in sede penale la regola dell’al di là di ogni ragionevole dubbio e una serie di limitazioni probatorie).
Nella vicenda in esame la Corte della riparazione, ha operato un automatismo tra assoluzione e spettanza delle somme dovute a titolo di riparazione. A ben vedere, infatti, la Corte di Catanzaro si è limitata a prendere atto della assoluzione dell’imputato senza valutare se le condotte poste in essere dal COGNOME, per quanto non ritenute dolose, fossero o meno connotate da profili di colpa e, in caso affermativo se le stesse avessero avuto un qualche effetto sinergico sulla emissione della ordinanza custodiale e sul mantenimento della stessa.
Dalla lettura del provvedimento impugnato si ricava che i giudici della riparazione si sono limitati ad affermare che a fronte delle dichiarazioni rese
da tre persone che avevano sostenuto, nella fase delle indagini, di avere stipulato contratti di lavoro fittizi con il COGNOME, in dibattimento sarebbero state acquisite molte altre di segno contrario, il che avrebbe relegato le prime tre ad un “minus”. A quanto detto la Corte di Catanzaro aggiungeva che, comunque, COGNOME sarebbe stato un “mero consulente”.
4 . Alla luce di quanto detto, appare fondato il vizio dedotto dal Procuratore ricorrente che pone in evidenza come lo stesso Tribunale, pur pervenendo alla assoluzione del COGNOME ritenendo non sufficientemente provata la consapevolezza dell’odierno ricorrente e non adeguatamente delineata l’ampiezza dei suoi poteri di controllo in relazione ai dati che gli venivano messi -a disposizione, si è comunque espresso criticamente in merito alle dichiarazioni rese dal COGNOME laddove costui avrebbe tentato di addebitare tutta la responsabilità al datore di lavoro/cliente da un lato e all’INPS dall’altro, in merito ai mancati controlli. Come pure il Tribunale non ha mancato di indicare il COGNOME quale autore materiale della trasmissione all’INPS delle D.A. e dei DMAG oltre che dei modelli 770 che ai sensi dell’art. 537 cod. proc. pen. sono stati dichiarati falsi.
Proprio con riferimento a quanto detto appare fondato il rilievo del Procuratore ricorrente laddove lamenta la mancata valutazione di eventuali profili di colpa nella presentazione di Dichiarazioni Aziendali in cui venivano inseriti contratti di affitto già scaduti o risolti all’atto della presentaz della D.A. E ciò, al netto della valutazione espressa dal Tribunale che ha ritenuto non sufficientemente provato il dolo del professionista, non risultando provata l’ampiezza dei suoi poteri di controllo e quindi che potesse controllare la veridicità dei contratti di affit poi risultati falsi.
In autonomia di giudizio occorrerà valutare se, sia pure escluso il dolo, sussistono profili di colpa da ricondurre ad eventuali obblighi di diligenza (e, per l’appunto, quale la loro ampiezza) nel verificare la validità e la vigenza degli atti posti a fondamento delle dichiarazioni che venivano trasmesse agli enti pubblici nazionali e comunitari.
. Così stando le cose l’ordinanza impugnata va, quindi, annullata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, cui va rimessa, altresì, la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d appello di Catanzaro cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Deciso il 26 novembre 2024