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Rinuncia ricorso cassazione: conseguenze e spese

Un soggetto, dopo aver impugnato un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che gli aveva concesso la detenzione domiciliare negandogli l’affidamento in prova, ha formalmente ritirato il proprio appello. La Corte di Cassazione, a seguito della rinuncia al ricorso per cassazione, ha dichiarato l’impugnazione inammissibile per carenza di interesse, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia Ricorso Cassazione: Analisi della Sentenza n. 5471/2024

La decisione di presentare un ricorso per cassazione è un passo cruciale nel percorso giudiziario, ma cosa accade se, in un secondo momento, si decide di fare un passo indietro? La sentenza n. 5471 del 2024 della Corte di Cassazione offre una chiara spiegazione delle conseguenze legali ed economiche derivanti dalla rinuncia al ricorso per cassazione. Questo atto, apparentemente semplice, comporta l’inammissibilità dell’impugnazione e la condanna al pagamento delle spese, come vedremo nel dettaglio.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza, che aveva respinto l’istanza di affidamento in prova per un condannato, concedendogli invece la misura della detenzione domiciliare. Insoddisfatto di questa decisione, il condannato, tramite il suo legale, aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

Tuttavia, prima che la Corte potesse esaminare il merito della questione, lo stesso ricorrente ha compiuto un atto decisivo: ha formalmente rinunciato al ricorso. Questa rinuncia è stata formalizzata attraverso una dichiarazione scritta, sottoscritta dall’interessato e autenticata dal suo difensore.

Le Conseguenze Giuridiche della Rinuncia al Ricorso per Cassazione

L’atto di rinuncia ha un effetto immediato e determinante sul procedimento. Esso fa venir meno l’interesse del ricorrente a ottenere una pronuncia sul merito della sua impugnazione. Di conseguenza, la Corte di Cassazione non entra nemmeno nel vivo delle questioni sollevate, ma si ferma a una valutazione preliminare.

La Corte, preso atto della volontà del ricorrente, dichiara il ricorso inammissibile per “sopravvenuta carenza di interesse”. In pratica, il processo si conclude senza una decisione sulla fondatezza o meno dei motivi di ricorso originari, poiché la parte che lo aveva promosso ha espressamente manifestato di non volerlo più portare avanti.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su una logica procedurale stringente. La rinuncia è un atto che estingue l’azione processuale, rendendo inutile qualsiasi ulteriore attività giurisdizionale sul caso specifico. La conseguenza diretta e automatica di questa inammissibilità è disciplinata dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Questo articolo stabilisce che, in caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la norma prevede il versamento di una somma di denaro, ritenuta equa dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata quantificata in cinquecento euro.

È interessante notare come la Corte richiami una precedente sentenza (Sez. 5, n. 28691 del 2016) per sottolineare un principio importante: l’articolo 616 non fa distinzioni tra le diverse cause che portano all’inammissibilità. Che si tratti di un vizio formale, di un motivo infondato o, come in questo caso, di una rinuncia al ricorso per cassazione, la sanzione pecuniaria è sempre applicabile. Questo serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi non ponderati e a compensare l’attività giudiziaria comunque messa in moto.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la rinuncia a un ricorso per cassazione non è un atto privo di conseguenze. Sebbene ponga fine al contenzioso, essa comporta automaticamente la dichiarazione di inammissibilità e l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa decisione evidenzia come ogni atto processuale debba essere attentamente valutato, poiché anche la scelta di ritirare un’impugnazione ha implicazioni legali ed economiche ben precise e non derogabili.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso presentato in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, senza esaminare il merito della questione. Il procedimento si conclude con questa dichiarazione.

La rinuncia a un ricorso per cassazione comporta dei costi?
Sì. Secondo quanto stabilito dalla sentenza, la rinuncia porta all’inammissibilità del ricorso, e di conseguenza la legge (art. 616 cod. proc. pen.) prevede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Perché si deve pagare una somma alla Cassa delle ammende anche se si rinuncia volontariamente?
Perché la legge non distingue tra le diverse cause di inammissibilità. La condanna al pagamento della sanzione pecuniaria è una conseguenza automatica della dichiarazione di inammissibilità, indipendentemente dal fatto che questa derivi da una rinuncia volontaria o da altri vizi del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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