Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21095 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21095 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il 19/04/1990 NOME COGNOME nato a SAN SEVERO il 15/02/1975
avverso la sentenza del 30/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con sentenza del 30 maggio 2024, la Corte di appello di Bari posta la rinuncia degli appellanti a tutti i motivi di appello diversi da quelli affe alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio – previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nei confronti di NOME COGNOME ha rideterminato la pena nei suoi confronti in anni 3 e mesi 10 di reclusione ed euro 20.600,00 di multa, confermando, nel resto, la sentenza del 4 maggio 2023 del Tribunale di Foggia, resa all’esito di giudizio abbreviato, che aveva condannato gli imputati per molteplici reati in materia di stupefacenti;
che, avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto, tramite il difensore e con unico atto, ricorsi per cassazione, censurando: 1) vizi della motivazione in relazione alla responsabilità penale degli imputati; 2) carenza assoluta di motivazione in merito al rigetto della richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Considerato che le doglianze sono entrambe inammissibili per genericità, poiché meramente enunciate e prive dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lettera d), cod. proc. pen., non avendo i ricorrenti indicato, nemmeno in via di mera prospettazione, gli elementi che sono alla loro base;
che, in punto di diritto, deve, a tale proposito, ricordarsi che i motivi d ricorso per cassazione – che non possono risolversi nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti e disattesi nel precedente grado di giudizio – si devon considerare non specifici, ma soltanto apparenti, quando omettono di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure medesime, al fine di consentire al giudice di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacat mancando di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso (ex plurimis, Sez. 2, n. 21432 del 15/03/2023, Rv. 284718; Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, Rv. 281112);
che le predette censure risultano altresì precluse al sindacato di questa Corte, giacché attinenti a motivi oggetto di rinuncia, avendo entrambi gli imputati scelto di insistere sui soli motivi di gravame afferenti al trattamento sanzionatorio dovendosi sul punto richiamare l’affermazione di questa Corte secondo cui la rinuncia parziale ai motivi di appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongano censure attinenti ai motivi di appello rinunciati (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, Rv. 278006), tale dovendosi certamente ritenere la doglianza riferita alla penale responsabilità degli imputati;
che, allo stesso modo, anche con riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è assolutamente pacifico che la rinuncia a tutti i motivi di appello, diversi dalla misura della pena, non può che ritenersi
comprensiva della rinuncia anche all’applicazione dell’art. 62-bis cod. pen., che costituisce un punto autonomo della decisione (Sez. 1, n. 5182 del 15/01/2013,
Rv. 254485), tenuto altresì conto del fatto che le ripercussioni cui danno luogo non costituiscono una connessione in senso tecnico, ma un effetto riflesso
(ex
Sez. 6, n. 6583 del 22/01/1991, Rv. 187426; Sez. 5, n. 7646 del multis,
28/05/1984, Rv. 165794; Sez. 5, n. 2179 del 07/12/1983, Rv. 163043);
che, in ogni caso, la predetta censura relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche appare destituita di ogni fondamento, non essendosi la difesa
avveduta del fatto che le attenuanti generiche risultano già concesse, in primo grado, al COGNOME, oltre che, dalla stessa sentenza impugnata, al COGNOME;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere
che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibil*iV ricors0 e condanna if ricorrentf al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2025.