Rinuncia alla Partecipazione in Udienza: Quando il Diritto al Collegamento da Remoto Non si Applica
L’evoluzione tecnologica ha introdotto nel processo penale la possibilità per l’imputato detenuto di partecipare a distanza alle udienze. Tuttavia, quali sono i limiti di questo diritto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’effetto della rinuncia partecipazione udienza da parte dell’imputato. La Suprema Corte ha chiarito che se l’interessato rinuncia espressamente a presenziare, non sorge alcun obbligo per il giudice di attivare un collegamento da remoto.
I Fatti del Caso: Una Richiesta di Partecipazione a Distanza
Il caso esaminato trae origine dal ricorso di un imputato, detenuto durante il processo di primo grado, avverso la sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava una violazione delle norme processuali, in particolare la mancata attivazione della partecipazione a distanza prevista dall’art. 146-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Secondo la sua tesi, il tribunale avrebbe dovuto garantirgli la possibilità di seguire l’udienza in videoconferenza. Tuttavia, sia la Corte d’Appello prima, sia la Corte di Cassazione poi, hanno respinto questa argomentazione, evidenziando un fatto determinante: il Tribunale di primo grado aveva inizialmente disposto la traduzione dell’imputato per consentirgli la partecipazione fisica, ma era stato lo stesso imputato a rinunciarvi espressamente.
La Decisione della Corte sulla rinuncia partecipazione udienza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione logica e rigorosa della normativa sulla partecipazione a distanza.
Le Motivazioni della Suprema Corte
I giudici hanno spiegato che la norma invocata dal ricorrente (art. 146-bis disp. att. c.p.p.) ha come presupposto fondamentale l’interesse dell’imputato detenuto a presenziare al dibattimento. Questo interesse può manifestarsi con la richiesta di essere fisicamente presente o, in alternativa, di partecipare da remoto.
Nel momento in cui l’imputato, come nel caso di specie, esprime una “rinuncia espressa” a partecipare, viene meno il presupposto stesso che giustifica l’attivazione del collegamento a distanza. La Corte ha sottolineato che la rinuncia esplicita a presenziare, comunicata dall’imputato, preclude l’applicazione della norma sulla partecipazione da remoto. In altre parole, il diritto alla partecipazione a distanza non è un obbligo automatico per il giudice, ma una modalità alternativa per garantire il diritto di difesa quando l’imputato desidera partecipare e non può o non deve essere tradotto fisicamente.
Se l’imputato sceglie di non partecipare affatto, non vi è alcun diritto violato e nessuna nullità processuale.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: i diritti processuali, incluso quello di partecipare all’udienza, sono facoltà esercitabili dall’imputato, non obblighi imposti al sistema giudiziario in assenza di una sua manifestazione di volontà. La rinuncia partecipazione udienza è un atto volontario che produce conseguenze giuridiche precise, tra cui l’impossibilità di lamentare successivamente una violazione del diritto di difesa.
Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi ritenuti inammissibili. La decisione serve da monito sull’importanza di un uso consapevole degli strumenti processuali e sulla coerenza delle proprie scelte difensive.
Se un imputato detenuto rinuncia a essere presente fisicamente in aula, ha automaticamente diritto a partecipare all’udienza da remoto?
No. Secondo questa ordinanza, se l’imputato rinuncia espressamente a presenziare all’udienza, viene meno il presupposto per l’attivazione del collegamento a distanza, poiché tale modalità è un’alternativa per garantire la partecipazione, non un obbligo che sorge in caso di rinuncia.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato ‘manifestamente infondato’?
Quando un ricorso è giudicato manifestamente infondato, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Ciò comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Qual è il presupposto per l’applicazione della norma sulla partecipazione a distanza secondo questa ordinanza?
Il presupposto fondamentale è l’interesse dell’imputato detenuto a presenziare alla celebrazione dell’udienza. La norma sulla partecipazione a distanza serve a soddisfare questo interesse quando la presenza fisica non è possibile o opportuna. Una rinuncia esplicita fa venire meno tale presupposto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31400 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31400 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 24/08/1984
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
parti;
dato avviso alle udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che con un unico motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e, segnatamente, dell’art. 146-bis, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. per mancata partecipazione a distanza dell’imputato che, durante il processo di primo grado, si trovava in stato di detenzione;
che il motivo è manifestamente infondato atteso che la Corte di appello (pag. 2 della sentenza impugnata) ha evidenziato come nei confronti dell’imputato era stata disposta dal Tribunale la traduzione in aula per la partecipazione fisica alle udienze del giudizio di primo grado e che a ciò COGNOME aveva espressamente rinunziato, sicchè non doveva essere disposto alcun collegamento a distanza, previsto solo in determinati casi, non ricorrenti nella specie;
che, tale statuizione è corretta in quanto la disposizione invocata dal ricorrente presuppone l’interesse dell’imputato detenuto a presenziare, ancorché da remoto, alla celebrazione dell’udienza, con la conseguenza che una rinuncia espressa in tal senso, quale quella esplicitata dall’odierno ricorrente, ne esclude l’applicazione;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.