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Rinuncia motivi appello: inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver concordato la pena in appello tramite una rinuncia ai motivi di appello sulla colpevolezza, ha tentato di contestare nuovamente la sua responsabilità. La decisione si fonda sul principio che la rinuncia limita l’oggetto del giudizio, precludendo questioni non più devolute al giudice.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia ai Motivi di Appello: una Scelta che Preclude il Ricorso in Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze processuali della rinuncia ai motivi di appello, specialmente quando questa avviene nell’ambito di un accordo sulla pena. La scelta di rinunciare a contestare la propria colpevolezza per ottenere una rideterminazione della sanzione in appello è una strategia processuale che, come vedremo, limita le successive possibilità di impugnazione. L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato: le scelte processuali hanno un peso e non possono essere aggirate.

Il Fatto Processuale

Il caso origina da un ricorso per cassazione presentato nell’interesse di un imputato. In sede di appello, la difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, noto come “concordato in appello”.

Questo accordo prevedeva la rinuncia ai motivi di appello relativi all’accertamento della responsabilità penale, concentrando la discussione unicamente sul trattamento sanzionatorio. La Corte d’Appello, prendendo atto dell’accordo e della rinuncia, aveva quindi proceduto a rideterminare la pena inflitta.

Nonostante ciò, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che dagli elementi di prova non emergeva con certezza la sua responsabilità per il reato contestato. In sostanza, ha tentato di riaprire una questione – quella della colpevolezza – alla quale aveva esplicitamente rinunciato nel grado precedente.

La Rinuncia ai Motivi di Appello e la Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su una logica processuale rigorosa, già affermata dalle Sezioni Unite della stessa Corte. I giudici hanno sottolineato che il ricorso introduceva una questione ormai preclusa dalle scelte difensive compiute in precedenza.

Quando un imputato, attraverso il proprio difensore, rinuncia a specifici motivi di appello, l’effetto devolutivo dell’impugnazione viene circoscritto. Ciò significa che la cognizione del giudice d’appello viene limitata esclusivamente ai punti della sentenza che rimangono oggetto di contestazione. Nel caso di specie, essendo stata rinunciata la contestazione sulla responsabilità, l’unico punto devoluto alla Corte d’Appello era la determinazione della pena.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Cassazione sono chiare: il giudice di secondo grado, di fronte a una richiesta di pena concordata basata sulla rinuncia ai motivi di appello sulla colpevolezza, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (la cosiddetta assoluzione d’ufficio). L’obbligo di motivazione del giudice deve essere rapportato all’effetto devolutivo dell’impugnazione. Se la questione della colpevolezza è stata sottratta al giudizio tramite la rinuncia, il giudice non può e non deve più pronunciarsi su di essa.

Presentare un ricorso in Cassazione per riaffermare la propria innocenza dopo avervi rinunciato in appello rappresenta un’azione processualmente incoerente e, pertanto, inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito che la cognizione del giudice è vincolata ai motivi non oggetto di rinuncia. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile non solo per la sua genericità, ma soprattutto per aver sollevato una questione preclusa.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ha implicazioni pratiche significative. Chi sceglie la via del concordato in appello con rinuncia ai motivi di appello deve essere pienamente consapevole che tale scelta è definitiva per quel grado di giudizio e preclude la possibilità di rimettere in discussione i punti rinunciati in una successiva impugnazione di legittimità. La decisione della Cassazione comporta, per il ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, a riprova della serietà con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi palesemente inammissibili. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente le strategie processuali, poiché esse determinano in modo vincolante l’ambito del giudizio.

Se si accetta un accordo sulla pena in appello rinunciando ad altri motivi, si può poi contestare la propria colpevolezza in Cassazione?
No, la rinuncia ai motivi di appello relativi alla colpevolezza preclude la possibilità di sollevare la stessa questione in Cassazione. La cognizione del giudice viene limitata ai soli punti non oggetto di rinuncia.

Qual è l’effetto della rinuncia ai motivi di appello secondo la Cassazione?
La rinuncia ha un effetto devolutivo limitato: il giudice dell’impugnazione può esaminare solo i motivi che non sono stati rinunciati. Di conseguenza, non è tenuto a valutare la possibile assoluzione dell’imputato per le questioni coperte dalla rinuncia.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
In base all’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso non ammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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