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Rinuncia motivi appello: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato. La decisione si fonda sul principio che la rinuncia ai motivi di appello relativi alla responsabilità dell’imputato è un atto definitivo che preclude la possibilità di sollevare nuovamente tali questioni in sede di legittimità, anche sotto il profilo dell’art. 129 c.p.p. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La rinuncia ai motivi di appello preclude il ricorso in Cassazione?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze processuali di una scelta difensiva cruciale: la rinuncia ai motivi di appello relativi al merito della causa. Questa decisione strategica, spesso adottata per concentrare la difesa esclusivamente sulla quantificazione della pena, ha effetti preclusivi che possono rendere inammissibile il successivo ricorso per cassazione. Analizziamo insieme la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Una Scelta Strategica in Appello

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello. Durante il processo di secondo grado, la difesa aveva compiuto una scelta precisa: rinunciare a tutti i motivi di appello che contestavano la responsabilità penale dell’imputato (il cosiddetto ‘merito’). L’impugnazione era stata quindi limitata ai soli aspetti relativi alla pena da applicare, ovvero il ‘profilo sanzionatorio’.

La Corte di Appello, prendendo atto di tale rinuncia, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, concedendo le circostanze attenuanti generiche e rideterminando la pena in due anni di reclusione e 1.600 euro di multa. Nonostante questo parziale accoglimento, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, sollevando una presunta violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato in presenza di determinate cause.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, l’appello presentato era ‘manifestamente infondato’. La decisione si basa su un principio procedurale netto: la rinuncia espressa ai motivi relativi alla responsabilità ha cristallizzato quella parte della decisione, chiudendo definitivamente ogni possibilità di rimetterla in discussione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le conseguenze della rinuncia ai motivi di appello

La Corte ha sottolineato che, una volta che l’imputato rinuncia a contestare la propria colpevolezza in appello, il dibattito processuale su quel tema deve considerarsi esaurito. Non è possibile, quindi, ‘resuscitare’ la questione della responsabilità in sede di legittimità, nemmeno attraverso la richiesta di applicazione dell’art. 129 c.p.p. Questa norma, infatti, presuppone proprio una valutazione sul merito della vicenda, valutazione alla quale il ricorrente aveva volontariamente e strategicamente rinunciato.

Le motivazioni

La motivazione della Corte è lapidaria e si fonda sulla coerenza e sulla definitività delle scelte processuali. Permettere a un imputato di contestare il merito in Cassazione dopo avervi rinunciato in appello significherebbe vanificare il significato stesso della rinuncia. Si tratta di un atto dispositivo che produce un effetto preclusivo, ovvero la perdita del potere di contestare quel determinato punto della sentenza. Il dibattito processuale viene così circoscritto ai soli punti non oggetto di rinuncia, e la sentenza passa in giudicato sulle questioni rinunciate. La dichiarazione di inammissibilità e la conseguente condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria rappresentano la logica conseguenza di un ricorso che tenta di forzare i limiti posti dalle scelte difensive precedenti.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento offre un importante monito per la pratica forense. La rinuncia ai motivi di appello è uno strumento tattico che può portare a benefici, come la concentrazione del dibattito su aspetti più favorevoli (ad esempio la pena), ma comporta anche conseguenze irreversibili. La decisione di abbandonare le contestazioni sul merito deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché preclude ogni futura possibilità di rimettere in discussione l’accertamento di responsabilità. Questa pronuncia riafferma la serietà degli atti processuali e il principio secondo cui le parti non possono contraddire le proprie precedenti scelte difensive.

È possibile presentare ricorso in Cassazione per motivi di merito dopo avervi rinunciato in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la rinuncia ai motivi di appello riguardanti il merito (la responsabilità) è un atto che preclude definitivamente il dibattito su quel tema. Non è quindi possibile riproporre tali questioni nel successivo ricorso.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.

La rinuncia ai motivi di appello sul merito impedisce di chiedere l’applicazione dell’art. 129 c.p.p. in Cassazione?
Sì. Secondo l’ordinanza, una volta espressa la rinuncia ai motivi pertinenti alla responsabilità, il dibattito processuale su quel tema è da ritenersi precluso. Di conseguenza, non è possibile invocare successivamente l’applicazione dell’art. 129 c.p.p. (declaratoria di immediata non punibilità) in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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