Rinuncia Impugnazione: Conseguenze e Costi di un Passo Indietro
La presentazione di un ricorso in ambito legale è un passo importante, ma cosa succede se si decide di fare marcia indietro? L’ordinanza in esame chiarisce le conseguenze dirette di una rinuncia impugnazione, dimostrando come questo atto processuale non sia privo di effetti, soprattutto economici. Analizziamo una vicenda che, pur partendo da una contestazione in materia edilizia, si risolve su un piano puramente procedurale.
I Fatti di Causa
All’origine della vicenda vi è un decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero presso il tribunale di Catania. Il provvedimento riguardava due manufatti edili, la cui realizzazione era avvenuta, secondo l’accusa, in assenza del necessario titolo abilitativo. Una terza parte interessata, ritenendo lesi i propri diritti, si opponeva al sequestro e, a seguito della convalida del provvedimento da parte del tribunale, decideva di presentare ricorso per Cassazione.
Il ricorso si fondava su un unico motivo: la presunta manifesta mancanza di motivazione dell’ordinanza impugnata, in violazione delle norme del codice di procedura penale e dell’articolo 111 della Costituzione, che sancisce il principio del giusto processo e dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
L’Elemento Decisivo: La Rinuncia Impugnazione
La traiettoria del procedimento ha subito una svolta decisiva. Dopo la presentazione del ricorso, è pervenuta alla Corte di Cassazione una dichiarazione formale di rinuncia impugnazione da parte del ricorrente. Questo atto, previsto dall’articolo 589 del codice di procedura penale, ha di fatto interrotto l’iter processuale prima che la Corte potesse entrare nel merito delle doglianze sollevate.
La rinuncia è un atto unilaterale con cui la parte che ha proposto l’impugnazione manifesta la volontà di non dare ulteriore seguito alla propria iniziativa. La sua presentazione ha un effetto diretto e ineludibile sulla sorte del ricorso.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione, presa visione della dichiarazione di rinuncia, ha basato la sua decisione esclusivamente su questo presupposto procedurale. Le motivazioni dell’ordinanza sono lineari e si fondano sull’applicazione diretta della normativa vigente.
L’articolo 589, comma 2, del codice di procedura penale stabilisce che la rinuncia produce l’estinzione dell’impugnazione. Di conseguenza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. La Corte non ha quindi esaminato la fondatezza del motivo originario (la presunta carenza di motivazione), poiché l’atto di rinuncia ha precluso ogni valutazione nel merito. La decisione di inammissibilità, come conseguenza della rinuncia, comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma a titolo di ammenda, quantificata in 500 euro, a favore della cassa delle ammende. Questo aspetto sanzionatorio sottolinea come la rinuncia, pur essendo un diritto della parte, non sia un atto neutro ma produca conseguenze giuridiche ed economiche precise.
Le Conclusioni
Il provvedimento in esame offre una lezione chiara sulle implicazioni di una rinuncia impugnazione. Scegliere di abbandonare un ricorso è un atto che chiude definitivamente la questione, ma non senza costi. La conseguenza automatica è la dichiarazione di inammissibilità, che a sua volta innesca l’obbligo di pagare le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria. Questa ordinanza ribadisce l’importanza di una valutazione ponderata non solo prima di avviare un’impugnazione, ma anche prima di decidere di abbandonarla, essendo un atto formale con effetti giuridici ed economici non trascurabili.
Cosa succede se si presenta una rinuncia all’impugnazione dopo aver fatto ricorso?
Sulla base del provvedimento, la presentazione di una formale rinuncia all’impugnazione comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Corte, senza che questa entri nel merito della questione.
La rinuncia all’impugnazione comporta dei costi per chi la presenta?
Sì, la Corte ha stabilito che la rinuncia e la conseguente inammissibilità del ricorso portano alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di ammenda, in questo caso fissata in 500 euro.
Perché la Corte di Cassazione non ha valutato il motivo del ricorso originale?
La Corte non ha esaminato il merito del ricorso (la presunta mancanza di motivazione) perché la dichiarazione di rinuncia all’impugnazione è un atto procedurale che ha la precedenza e impedisce qualsiasi valutazione sulla fondatezza dei motivi, portando direttamente a una pronuncia di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31130 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 3 Num. 31130 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nata il DATA_NASCITA a Catania; avverso la ordinanza del 07/01/2024 del tribunale di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con ordinanza del 7 gennaio 2024, il tribunale di Catania adito dell’interesse di COGNOME NOME quale terza interessata, avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio del P.M. del tribunale di Catania disposto in relazione a due manufatti edili, ritenuti realizzati in assenza di titol abilitativo, rigettava l’istanza.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso COGNOME NOME con un unico motivo di impugnazione.
Deduce il vizio di manifesta mancanza di motivazione, in relazione agli artt. 253 257 cod. proc. pen. nonché 111 Cost.
A seguito del ricorso così proposto, è pervenuta a questa Corte rituale dichiarazione di rinuncia all’impugnazione, ai sensi dell’art. 589 comma 2 cod. proc. pen., nell’interesse della COGNOME.
Alla stregua della predetta rinuncia, il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile con condanna alle spese processuali ed al pagamento di euro 500 di ammenda.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024
Il jonsigliere estens re
Presidente