Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15092 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15092 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME
SANDRA RECCHIONE
– Relatore –
Sent. n. sez. 56325
CC – 26/03/2025
R.G.N. 193/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VALLO DELLA LUCANIA il 12/08/1974
avverso l’ordinanza del 03/12/2024 del TRIBUNALE di TORINO
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria scritta concludeva per l’inammissibilità del ricorso
L’Avv. A. COGNOME per la parte civile, depositava conclusioni, con le quali chiedeva l’inammissibilità o il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Il tribunale di Torino, con il provvedimento indicato in epigrafe revocava l’ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova relativa a NOME COGNOME, rilevando che non risultava adempiuto l’obbligo di risarcire il danno. Il ricorrente chiedeva comunque l’ammissione al rito abbreviato.
Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge : la lettera dell’art. 168 -bis cod. pen. che prevede il risarcimento necessario ‘ove possibile’ osterebbe al riconoscimento della dipendenza del buon esito della messa alla prova dall’adempimento dell’obbligo risarcitorio .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato e, pertanto non può essere accolto.
1.1. Il Collegio, in tema di messa alla prova, intende aderire all’orientamento secondo cui la richiesta dell’imputato di procedere con rito abbreviato, formulata a seguito della revoca dell’ordinanza di sospensione del procedimento, implica la rinuncia all’autonoma impugnazione, ai sensi dell’art. 464octies , comma 3, cod. proc. pen., del provvedimento di revoca, poiché optando per la definizione nel merito del giudizio, l’istante abbandona l’intento di proseguire il subprocedimento di messa alla prova (Sez. 6, n. 13747 del 10/02/2021, El NOME, Rv. 280853 -01; Sez. 4, n. 42469 del 03/07/2018, F., Rv. 273930 -01; Sez. 6, n. 22545 del 28/03/2017, COGNOME, Rv. 269770 – 01).
Si tratta di una scelta interpretativa effettuata nella consapevolezza della sussistenza di un orientamento di segno contrario secondo cui la celebrazione del giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato non preclude all’imputato la possibilità di dedurre, in sede di appello, il carattere ingiustificato del rigetto, da parte del giudice di primo grado, della richiesta di sospensione con messa alla prova (Sez. 5, n. 4259 del 06/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282739 -01; Sez. 3, n. 29622 del 15/02/2018, COGNOME, Rv. 273174 -01; Sez. 4, n. 44888 del 18/09/2018, COGNOME, Rv. 274269 – 01).
Tale ultimo orientamento, che ritiene che si possa comunque contestare la decisione sfavorevole in ordine alla messa alla prova , nonostante l’accesso al rito abbreviato, si fonda essenzialmente sulla valorizzazione della sentenza interpretativa di rigetto n. 131 del 2019 della Corte costituzionale.
In tale pronuncia i Giudici delle leggi hanno ritenuto che l’errore sulla ‘ qualificazione giuridica ‘ del reato, ove si configuri come ostativo alla ammissione al rito speciale della messa alla prova consenta comunque al giudice di emendare l’errore e di ammettere il richiedente al rito alternativo, nulla rilevando il fatto che dopo il rigetto della richiesta di ammissione alla messa alla prova l’imputato abbia chiesto l’accesso al rito abbreviato.
Invero la sentenza della Corte costituzionale si configura come diretta a salvaguardare il diritto dell’imputato ad essere ammesso alla messa alla prova in presenza di un errore radicale che investe la qualificazione giuridica del reato, per evitare che l’illegittimo inquadramento della condotta «si risolva in un irreparabile pregiudizio a suo danno » (Corte cost. n. 131 del 2019, § 4.2.).
Si tratta tuttavia di una interpretazione correttiva che, tuttavia, deve ritenersi ‘ limitata ‘ al caso sottoposto alla Corte costituzionale, ovvero al rigetto della richiesta di
sospensione con messa alla prova generato dalla illegittima qualificazione giuridica della condotta contestata.
Tale interpretazione non può, invece, ritenersi estensibile a tutti i casi di ipotetica illegittimità che possono investire sia il rigetto della richiesta di ammissione alla messa alla prova, che la sua revoca, ove sopraggiunga alla decisone contestata la richiesta di un diverso rito alternativo.
Diversamente opinando, ribadito che la sospensione con messa alla prova costituisce un ‘rito alternativo’ (Corte cost. n. 131 del 2019. § 4.2.), si creerebbe per via giurisprudenziale, una ‘ prevalenza ‘ di tale rito rispetto agli altri riti speciali, manifestata dalla ultrattività del diritto di impugnare i provvedimenti negativi (di rigetto o revoca) relativi alla messa alla prova, nonostante il consapevole accesso ad altri riti alternativi.
Invero tale prevalenza, non risulta codificata ed urta contro il principio secondo cui adita una via non datur recursum ad alteram che regola le scelte processuali in materia di riti alternativi e che si fonda sulla ‘equivalenza’ dei riti speciali , confermata dalla assenza di indicazioni legislative in ordine ad eventuali scale di priorità.
Deve pertanto ribadirsi che la scelta di accesso al rito abbreviato, implichi la rinuncia ad impugnare i provvedimenti ‘negativi’ in ordine alla messa alla prova con l’eccezione di quelli fondati sulla erronea qualificazione giuridica.
1.2. Nel caso in esame, nonostante la rinuncia al rito della messa alla prova implicita nella richiesta di accesso al rito abbreviato, il ricorrente insisteva nel contestare la legittimità della revoca dell’ordinanza di sospensione , di fatto ritenendo ancora sussistente il diritto ad impugnare le decisioni relative alla messa alla prova, nonostante il consapevole e successivo accesso al rito abbreviato.
In conclusione, si ritiene che il ricorso investendo un rito implicitamente rinunciato non possa essere accolto.
1.3. Quanto all ‘ intervento in questo giudizio della parte civile, il Collegio ribadisce infine che qualora – come nel caso di specie – dall’eventuale accoglimento del ricorso proposto dall’imputato non possa derivare alcun pregiudizio alla parte civile, quest’ultima, non avendo interesse a formulare proprie conclusioni nel giudizio, non ha titolo alla rifusione delle spese processuali in caso di rigetto o declaratoria di inammissibilità del gravame (Sez. 2, n. 2963 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280519 -01; Sez. 2, n. 18265 del 16/01/2015, COGNOME Rv. 263791 – 01).
Invero nel caso in esame è stato impugnato un procedimento non definitorio del giudizio e la decisione della Cassazione, riguardando il rito, ma non la affermazione di responsabilità non incide sulle pretese risarcitorie della parte civile.
2.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso, il giorno 26 marzo 2025.
Il Consigliere estensore
La Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME