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Rinuncia all’impugnazione: no a spese processuali

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7387/2024, ha stabilito un principio fondamentale in tema di rinuncia all’impugnazione. Se un imputato rinuncia a un ricorso contro una misura cautelare perché nel frattempo è intervenuta una sentenza di condanna, non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. La Corte chiarisce che in questo caso non si configura una “soccombenza”, poiché l’interesse a proseguire l’impugnazione è venuto meno per un evento sopravvenuto e non per una valutazione di merito negativa. La sentenza annulla con rinvio la decisione di un Tribunale che aveva invece addebitato le spese, sottolineando anche la necessità di una procura speciale per la validità della rinuncia da parte del difensore.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia all’impugnazione per condanna: la Cassazione esclude le spese processuali

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7387 del 2024, affronta una questione procedurale di grande importanza: le conseguenze economiche della rinuncia all’impugnazione di una misura cautelare quando, nelle more del giudizio, interviene una sentenza di condanna. La Suprema Corte stabilisce un principio chiaro: in questi casi, l’imputato non deve essere condannato al pagamento delle spese, poiché non si tratta di una vera e propria sconfitta processuale.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale riguarda un imputato sottoposto a custodia cautelare in carcere per reati gravi, tra cui associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata. Inizialmente, il Tribunale del Riesame aveva confermato la misura. La Corte di Cassazione, in un primo momento, aveva annullato con rinvio tale ordinanza, chiedendo al Tribunale di rivalutare la sussistenza della gravità indiziaria per il solo reato di estorsione.

Durante il nuovo giudizio di rinvio, il difensore dell’imputato aveva rinunciato al ricorso. La ragione di questa scelta strategica era l’emissione, nel frattempo, di una sentenza di condanna di primo grado per tutti i reati contestati. Nonostante la rinuncia, il Tribunale aveva comunque proceduto a una valutazione di merito, ritenendo sussistenti gli indizi e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando proprio l’ingiusta condanna alle spese.

La Decisione della Cassazione sulla Rinuncia all’Impugnazione

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando la causa per un nuovo giudizio al Tribunale. Il cuore della decisione si basa sulla distinzione fondamentale tra una soccombenza nel merito e una cessazione dell’interesse a ricorrere per cause sopravvenute.

La Corte chiarisce che la condanna alle spese, prevista dall’art. 592 del codice di procedura penale, presuppone una soccombenza, ovvero un rigetto o una declaratoria di inammissibilità che sancisce una “sconfitta” processuale dell’istante. Tuttavia, questa logica non si applica quando l’inammissibilità deriva da una rinuncia all’impugnazione motivata dalla carenza di interesse, a sua volta causata da un evento imprevedibile al momento della presentazione del ricorso, come una sentenza di condanna.

La questione della Procura Speciale

Oltre alla questione delle spese, la Corte ha rilevato un potenziale vizio procedurale. Per effettuare una valida rinuncia all’impugnazione, il difensore deve essere munito di una “procura speciale”, un atto con cui l’imputato gli conferisce espressamente tale potere. In assenza di questo documento (o della presenza dell’imputato in udienza che non si oppone alla rinuncia), la dichiarazione del difensore è inefficace. Il giudice del rinvio dovrà quindi, prima di tutto, verificare la presenza di tale procura agli atti.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio secondo cui la decadenza dell’interesse alla decisione cautelare, dovuta a fatti sopravvenuti, impedisce di considerare il rinunciante come “soccombente”. L’interesse dell’imputato a contestare la gravità indiziaria viene meno con la sentenza di condanna, che assorbe e supera la valutazione sommaria tipica della fase cautelare. Di conseguenza, la rinuncia all’impugnazione non è un’ammissione di infondatezza del ricorso originario, ma una presa d’atto del mutato quadro processuale.

La Corte ha delineato il percorso che il giudice del rinvio dovrà seguire:
1. Verificare la presenza della procura speciale: Se la procura esiste, il giudice dovrà semplicemente dichiarare l’inammissibilità del ricorso per intervenuta rinuncia, senza condannare alle spese.
2. In assenza di procura speciale: Se la procura manca, la rinuncia è inefficace. Il giudice dovrà comunque prendere atto della sopravvenuta sentenza di condanna, che fa venir meno l’interesse dell’indagato a una pronuncia sulla sussistenza dei gravi indizi, confermando la decisione ma sempre nel rispetto del principio di strumentalità tra procedimento incidentale e principale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre importanti chiarimenti con rilevanti implicazioni pratiche per la difesa. Innanzitutto, rafforza il diritto dell’imputato a non essere gravato da spese processuali quando la prosecuzione di un’impugnazione cautelare perde di significato a causa di sviluppi nel processo principale. In secondo luogo, ribadisce un fondamentale presidio di garanzia: la necessità della procura speciale per atti dispositivi personalissimi come la rinuncia all’impugnazione, evitando che il difensore possa assumere decisioni così rilevanti senza un mandato esplicito del suo assistito. Per gli avvocati, ciò significa prestare massima attenzione alla formalizzazione dei poteri ricevuti dal cliente, mentre per gli imputati rappresenta una tutela contro decisioni non condivise e ingiuste conseguenze economiche.

Se un imputato rinuncia a un ricorso contro una misura cautelare perché nel frattempo è stato condannato, deve pagare le spese processuali?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in questo caso la rinuncia è dovuta a una sopravvenuta carenza di interesse e non a una soccombenza nel merito. Pertanto, non deve essere disposta la condanna al pagamento delle spese processuali.

Perché la rinuncia all’impugnazione in seguito a una condanna non è considerata una ‘soccombenza’?
Perché la ‘soccombenza’ implica una valutazione negativa sulla fondatezza del ricorso. In questo scenario, invece, l’interesse a proseguire il giudizio sulla misura cautelare viene meno a causa di un evento esterno e imprevedibile al momento del ricorso (la condanna di primo grado), che rende la decisione sull’impugnazione non più rilevante.

Il difensore può sempre rinunciare a un’impugnazione per conto del suo assistito?
No. Per poter validamente presentare una rinuncia all’impugnazione, il difensore deve essere munito di una procura speciale, cioè un mandato specifico conferitogli dall’imputato per compiere quell’atto. In alternativa, l’imputato deve essere presente in udienza e non opporsi alla dichiarazione di rinuncia fatta dal suo avvocato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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