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Rinuncia all’impugnazione: inammissibilità e costi

Un soggetto, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza di patteggiamento per reati legati agli stupefacenti, presenta una formale rinuncia all’impugnazione. La Suprema Corte, di conseguenza, dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma in favore della Cassa delle ammende, illustrando la natura e gli effetti processuali di tale atto.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La Rinuncia all’Impugnazione e le sue Conseguenze: Analisi di un’Ordinanza

Nel percorso di un procedimento penale, l’atto di impugnare una sentenza è un diritto fondamentale della difesa. Tuttavia, è altrettanto importante comprendere le implicazioni di una decisione successiva: la rinuncia all’impugnazione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce sulle conseguenze automatiche e talvolta onerose di questa scelta, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento di spese aggiuntive. Analizziamo insieme questo caso per capire la natura e gli effetti di tale atto processuale.

I Fatti del Caso Processuale

La vicenda trae origine da una sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Padova, con la quale un imputato aveva concordato una pena (patteggiamento) di quattro anni e due mesi di reclusione, oltre a una multa di 20.000 euro, per un reato in materia di stupefacenti.

Nonostante l’accordo sulla pena, l’imputato, tramite il suo difensore, aveva deciso di presentare ricorso per Cassazione, lamentando due specifici vizi:
1. Violazione di legge ed errore di motivazione nella determinazione dell’entità della pena applicata.
2. Vizio di motivazione riguardo alla confisca di un’autovettura che era stata sequestrata.

Tuttavia, prima che la Corte potesse esaminare il merito del ricorso, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo.

La Rinuncia all’Impugnazione e l’Effetto sull’Appello

In una data successiva alla presentazione del ricorso, l’imputato ha formalmente dichiarato di voler rinunciare all’impugnazione. Questo atto ha cambiato radicalmente il corso del procedimento davanti alla Suprema Corte.

La rinuncia all’impugnazione è un atto processuale con caratteristiche ben precise: è formale, abdicativo (cioè si rinuncia a un diritto), irrevocabile e recettizio. Quest’ultimo termine significa che produce i suoi effetti nel momento in cui perviene all’ufficio del giudice competente a decidere sull’appello (in questo caso, la cancelleria della Corte di Cassazione). L’atto ha inoltre carattere strettamente personale: può essere presentato direttamente dalla parte o dal suo difensore, ma solo se quest’ultimo è munito di una procura speciale che lo autorizzi specificamente a compiere tale rinuncia.

La Decisione della Corte: Inammissibilità e Condanna alle Spese

Una volta ricevuto l’atto di rinuncia, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto e applicare le norme procedurali pertinenti. La legge, in particolare l’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, stabilisce che l’impugnazione è inammissibile quando vi è stata rinuncia.

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, senza entrare nel merito dei motivi sollevati dalla difesa. Ma le conseguenze non si sono fermate qui. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due ulteriori condanne per il ricorrente:

1. Il pagamento delle spese processuali.
2. Il pagamento di una somma di 500,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la decisione spiegando che la rinuncia, una volta effettuata secondo le forme di legge, determina automaticamente l’inammissibilità del ricorso. La condanna al pagamento di un’ulteriore somma alla Cassa delle ammende è stata giustificata dalla presenza di profili di colpa nel comportamento del ricorrente. Sebbene non esplicitato nel dettaglio, si presume che l’aver avviato un procedimento di legittimità per poi abbandonarlo sia stato considerato un uso non del tutto appropriato della risorsa giudiziaria, giustificando così una sanzione pecuniaria ritenuta congrua dalla Corte.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la rinuncia all’impugnazione è un atto definitivo con conseguenze immediate e certe. Chi decide di percorrere questa strada deve essere consapevole che il suo ricorso non verrà esaminato e che, oltre alle spese del procedimento, potrebbe essere condannato a versare una somma aggiuntiva allo Stato. La decisione di rinunciare, pertanto, deve essere ponderata attentamente, rappresentando la chiusura irrevocabile di una fase processuale.

Cosa accade se si presenta una rinuncia all’impugnazione dopo aver fatto ricorso?
L’impugnazione viene dichiarata inammissibile. Ciò significa che la corte non esaminerà i motivi del ricorso, che si considera come mai proposto ai fini della decisione nel merito.

Ci sono conseguenze economiche per chi rinuncia a un’impugnazione?
Sì. Secondo quanto stabilito dalla Corte in questo caso, la rinuncia comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e, qualora si ravvisino profili di colpa, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 500 euro.

Chi è autorizzato a presentare l’atto di rinuncia all’impugnazione?
La rinuncia è un atto strettamente personale. Può essere proposta direttamente dalla parte interessata oppure dal suo difensore, ma solo se quest’ultimo è stato specificamente autorizzato tramite una procura speciale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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