LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rinuncia all’impugnazione: inammissibilità e costi

Un soggetto, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro una condanna penale, ha effettuato una formale rinuncia all’impugnazione. La Corte Suprema, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 500 euro, confermando che tale sanzione è una conseguenza diretta dell’inammissibilità, a prescindere dalla causa specifica che l’ha determinata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia all’Impugnazione in Cassazione: Le Conseguenze dell’Inammissibilità

La rinuncia all’impugnazione è un atto processuale con cui una parte decide volontariamente di non proseguire nel giudizio di appello o di cassazione. Sebbene possa sembrare una semplice ritirata, questa scelta comporta conseguenze giuridiche precise e inevitabili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quali sono gli effetti automatici di tale decisione, in particolare la declaratoria di inammissibilità e la conseguente condanna al pagamento di spese e di una sanzione pecuniaria.

I Fatti del Caso: Il Ricorso e la Successiva Rinuncia

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che, pur riformando parzialmente la pena, aveva confermato la sua responsabilità per una serie di reati gravi, tra cui tentata rapina aggravata, lesioni e porto abusivo di armi. L’unico motivo di ricorso si concentrava su un vizio di motivazione relativo all’uso di uno strumento da taglio.

Tuttavia, prima che la Corte di Cassazione potesse esaminare il merito della questione, l’imputato ha formalizzato un atto di rinuncia all’impugnazione. Questo evento ha spostato completamente il focus del giudizio dalla questione di merito alla conseguenza procedurale di tale atto.

La Decisione della Corte e le Conseguenze della Rinuncia all’Impugnazione

Di fronte alla rinuncia ritualmente presentata, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto e applicare le disposizioni del codice di procedura penale.

Inammissibilità e Condanna alle Spese

Ai sensi dell’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, la rinuncia all’impugnazione è una delle cause che portano a dichiarare il ricorso inammissibile. L’inammissibilità impedisce al giudice di entrare nel merito della questione sollevata dal ricorrente. La prima conseguenza, quasi automatica, è la condanna del soggetto che ha presentato il ricorso al pagamento delle spese processuali sostenute dallo Stato.

La Sanzione Pecuniaria: un Automatismo Processuale

Oltre alle spese, l’articolo 616 del codice di procedura penale prevede che, in caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente sia condannato anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la Corte ha fissato tale sanzione nell’importo di cinquecento euro.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un principio consolidato in giurisprudenza. La sanzione pecuniaria prevista dall’art. 616 c.p.p. non è legata alla fondatezza o meno dei motivi di ricorso, ma alla sua conclusione anomala tramite una declaratoria di inammissibilità. La legge non distingue tra le diverse cause che possono portare a tale pronuncia. Che si tratti di un ricorso presentato fuori termine, per motivi non consentiti o, come in questo caso, di una rinuncia, l’esito non cambia. La sanzione ha lo scopo di scoraggiare impugnazioni avventate o dilatorie che impegnano inutilmente la macchina giudiziaria.
La Corte ha inoltre precisato che un’eccezione a questa regola si verifica solo quando la parte dimostra una sopravvenuta carenza di interesse a proseguire il giudizio per una causa a lui non imputabile. Nel caso in esame, la rinuncia è stato un atto volontario del ricorrente, quindi nessuna esimente poteva essere applicata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un punto fondamentale della procedura penale: la scelta di impugnare una sentenza è un diritto, ma il suo esercizio comporta responsabilità. La rinuncia all’impugnazione, pur essendo una facoltà legittima, chiude il processo con una declaratoria di inammissibilità che fa scattare automaticamente l’obbligo di pagare non solo le spese del procedimento, ma anche una sanzione pecuniaria. È una lezione importante per chiunque si approcci a un giudizio di legittimità: ogni atto processuale, inclusa la rinuncia, ha conseguenze economiche precise e ineludibili.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, il giudice non esamina il merito della questione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La rinuncia all’impugnazione comporta sempre una sanzione pecuniaria?
Sì, secondo l’ordinanza, la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria è una conseguenza automatica della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, anche quando questa deriva da una rinuncia volontaria. L’unica eccezione si ha quando la fine dell’interesse a ricorrere è causata da un evento non imputabile al ricorrente, circostanza che deve essere provata.

A quanto ammonta la sanzione pecuniaria e perché viene applicata?
Nel caso specifico, la sanzione è stata fissata a 500 euro. Viene applicata, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, perché la legge non distingue tra le varie cause di inammissibilità. Lo scopo è sanzionare l’abuso dello strumento processuale che ha comunque attivato e impegnato il sistema giudiziario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati