Rinuncia al Ricorso: Annulla le Conseguenze? L’Analisi della Cassazione
La decisione di presentare un ricorso in Cassazione è un passo importante, ma cosa succede se, in un secondo momento, si decide di fare marcia indietro? La rinuncia al ricorso estingue ogni obbligo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale: ritirare un ricorso non è un’azione priva di conseguenze economiche. Analizziamo insieme la decisione per capire perché.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un imputato che, dopo aver proposto ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Torino, ha presentato una formale dichiarazione di rinuncia. Tale dichiarazione, sottoscritta sia dall’interessato che dal suo difensore, è stata depositata in Cancelleria, manifestando la volontà di non proseguire con l’azione legale intrapresa.
La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso
La Suprema Corte, ricevuta la dichiarazione, ha agito conformemente a quanto previsto dal codice di procedura penale. In base agli articoli 589 e 591, la rinuncia è una delle cause che portano a una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, i giudici non sono entrati nel merito della questione, ma si sono limitati a prendere atto della volontà del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione, però, non si è fermata qui. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in aggiunta, a versare una somma di 1.000 Euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché la Rinuncia al Ricorso Comporta una Sanzione?
La parte più interessante della pronuncia risiede nella motivazione dietro la condanna alla sanzione pecuniaria. La difesa potrebbe sostenere che una rinuncia volontaria dovrebbe evitare ulteriori oneri, ma la Corte ha spiegato che la legge non lascia spazio a interpretazioni. L’articolo 616 del codice di procedura penale stabilisce che, in ogni caso di inammissibilità, il ricorrente deve essere condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria. La norma, sottolineano i giudici richiamando un precedente, non fa alcuna distinzione tra le varie cause che portano a tale esito. Che l’inammissibilità derivi da un errore formale, dalla tardività del ricorso o, come in questo caso, da una rinuncia al ricorso, la sanzione è sempre dovuta. Ciò nonostante, la Corte ha introdotto un elemento di flessibilità: la quantificazione della sanzione. I giudici hanno ritenuto che i ‘tempi’ dell’intervenuta rinuncia, ovvero la sua relativa tempestività, giustificassero una quantificazione contenuta, fissandola nella misura di 1.000 Euro.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio procedurale cruciale: la macchina della giustizia, una volta attivata, ha un costo. La rinuncia al ricorso, pur essendo un diritto della parte, non cancella il fatto che un procedimento è stato avviato e ha impegnato risorse. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria è una conseguenza automatica dell’inammissibilità. Tuttavia, la decisione offre un’indicazione pratica importante: agire tempestivamente nella rinuncia può avere un effetto positivo sulla determinazione dell’importo della sanzione. Per chiunque valuti un’impugnazione, è fondamentale essere consapevoli che anche un ripensamento comporta delle responsabilità economiche, sebbene la prontezza nel comunicarlo possa mitigarne l’entità.
Se rinuncio a un ricorso in Cassazione, devo comunque pagare qualcosa?
Sì. Secondo la decisione, la rinuncia al ricorso ne causa l’inammissibilità. Questa declaratoria comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento sia delle spese del procedimento sia di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché si viene condannati a una sanzione anche se si ritira volontariamente il ricorso?
Perché l’articolo 616 del codice di procedura penale, che impone la sanzione, non distingue tra le diverse cause di inammissibilità. La rinuncia è una di queste cause, e la legge prevede l’applicazione della sanzione in ogni caso, senza eccezioni basate sulla volontarietà dell’atto.
L’importo della sanzione è sempre lo stesso in caso di rinuncia?
No. Sebbene l’applicazione della sanzione sia obbligatoria, il suo ammontare può variare. In questo specifico caso, la Corte ha considerato la tempestività della rinuncia come un fattore che giustificava la quantificazione della sanzione in una misura più contenuta, fissandola a 1.000 Euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34927 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34927 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME; considerato che in data 28.6.2024 è pervenuta in Cancelleria la dichiarazione dell’imputato, sottoscritta anche dal difensore, di rinuncia al ricorso, e da cui consegue l’inammissibilità del ricorso ai sensi del combiNOME disposto degli artt. 589 e 591 comma 1, lett. d) cod. proc. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen., nello stabilire l’applicazione di detta sanzione, non distingue tra le diverse cause che danno luogo alla pronuncia di inammissibilità (cfr., in tal senso, tra le altre, Cass. Pen., 5, 6.6.2016 n. 28.691, Arena); ciò non di meno, i “tempi” della intervenuta rinuncia giustificano la quantificazione dell’ammenda nella sola misura di Euro 1.000.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.