Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34384 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34384 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Sarno il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza emessa in data 21/05/2025 dal Tribunale di Agrigento;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Agrigento ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME, nella qualità di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento in data 15 aprile 2025 su beni e macchinari della predetta società.
Il Tribunale ha rilevato che NOME, in quanto persona sottoposta ad
indagine e legale rappresentante della società titolare dei beni sottoposti a sequestro preventivo, non era legittimato alla proposizione dell’impugnazione cautelare.
Il legale rappresentante di una società di capitali, infatti, avrebbe potuto proporre richiesta di riesame in nome e per conto dell’ente solo conferendo procura speciale al difensore; la società è, infatti, l’unico soggetto legittimato ad ottenere la restituzione del compendio di beni in sequestro mediante proposizione della richiesta di riesame.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori di COGNOME, hanno proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne hanno chiesto l’annullamento, deducendo due motivi.
2.1. I difensori, con il primo motivo, hanno dedotto la violazione degli artt. 125, comma 3, 257, 322 e 324 cod. proc. pen., 111 Cost. e 6 CEDU, quanto alla declaratoria di inammissibilità della richiesta di riesame per carenza di legittimazione e di interesse all’impugnazione.
Il ricorrente è, infatti, legittimato alla proposizione della richiesta di riesame avverso il sequestro preventivo sulla base della formulazione testuale dell’art. 322, comma 1, cod. proc. pen., riferita all’imputato, che si estende alla persona sottoposta alle indagini preliminari in virtù della clausola generale dell’art. 61, comma 1, cod. proc. pen.
Secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità, inoltre, l’interesse alla proposizione del riesame spetta all’indagato anche quando il sequestro abbia ad oggetto beni intestati a terzi, per lo meno quando venga in discussione la natura del reato, la qualificazione del fatto e, comunque, sia configurabile un’influenza sul procedimento penale.
Il ricorrente, come risulta dalla visura camerale in atti, era ed è attualmente, quale amministratore unico, il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, attinta dal sequestro preventivo di alcuni suoi beni.
Nel presente procedimento il ricorrente ha presentato richiesta di riesame sia come indagato che come legale rappresentante della società.
2.2. Con il secondo motivo i difensori hanno dedotto l’inosservanza degli artt. 125, comma 3, 257, 322 e 324 cod. proc. pen., 111 Cost. e 6 CEDU, con riguardo alla violazione del diritto all’impugnazione della pronuncia cautelare e alla ritenuta assenza di una procura speciale ad impugnare rilasciata nell’interesse dell’ente.
I difensori rilevano, infatti, che a proporre richiesta di riesame è stato il ricorrente in proprio e quale legale rappresentante dell’ente e non già la società stessa.
La società, peraltro, non è stata destinataria di alcuna contestazione ai sensi del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 e non ha ricevuto alcuna informazione di garanzia.
OI IMIU IN UHIMUCLLUI
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La volontà dell’ente non indagato, a differenza di quanto espressamente previsto nell’ambito della disciplina del d.lgs. n. 231 del 2001, può essere legittimamente espressa dal suo legale rappresentante, senza che sia ravvisabile sul punto alcun profilo di incompatibilità processuale.
In data 26 settembre 2025, il ricorrente ha depositato dichiarazione di rinuncia al ricorso, autenticata dai propri difensori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto in data 27 settembre 2025, il ricorrente ha rinunciato al ricorso.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il venir meno dell’interesse alla decisione, sopraggiunto alla proposizione del ricorso per cassazione, non configura un’ipotesi di soccombenza e, pertanto, alla dichiarazione di inammissibilità non consegue la condanna della ricorrente né alle spese del procedimento, né al pagamento della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME e altro, Rv. 208166; conf., ex plurimis: Sez. 3, n. 29593 del 26/05/2021, Lombardi, Rv. 281785; Sez. 1, n. 11302 del 19/09/2017, Rezmuves, Rv. 272308; Sez. 6, n. 19209 del 31/03/2013, COGNOME, Rv. 256225).
Nel caso di specie, tuttavia, non essendovi prova che la rinuncia all’impugnazione sia stata determinata da sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile, il ricorrente deve essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. Non essendovi, inoltre, ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», in virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, deve disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2025.
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Il Consigliere estensore
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NOME COGNOME