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Rinuncia al ricorso: quando si evitano le sanzioni?

Un indagato propone ricorso in Cassazione contro un’ordinanza che aveva dichiarato inammissibile la sua impugnazione contro un decreto di sequestro preventivo. Tuttavia, prima dell’udienza, l’indagato presenta una formale rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, prendendo atto della rinuncia, dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. La Corte stabilisce che, in questo caso, il ricorrente deve pagare solo le spese processuali, ma non la sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, poiché la rinuncia tempestiva esclude una colpa nell’impugnazione.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al ricorso: la Cassazione chiarisce quando evitare la sanzione

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può avere conseguenze significative, non solo sull’esito del giudizio ma anche sui costi a carico dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 36035/2025) ha offerto un importante chiarimento su questo tema, stabilendo che una rinuncia tempestiva, pur portando a una dichiarazione di inammissibilità, può esentare il ricorrente dal pagamento della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari a carico di un indagato. Quest’ultimo aveva impugnato il provvedimento davanti al Tribunale, il quale aveva dichiarato l’impugnazione inammissibile. La motivazione del Tribunale si fondava sulla presunta mancata esecuzione del sequestro, che, a suo dire, rendeva l’indagato privo di un interesse concreto e attuale a contestare la misura.

Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel non considerare che il sequestro era stato, di fatto, già eseguito tramite comunicazione della Guardia di Finanza agli istituti di credito. Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe dovuto verificare d’ufficio l’effettiva esecuzione della misura cautelare.

L’Elemento Decisivo: La Rinuncia al Ricorso

Il colpo di scena è avvenuto prima dell’udienza in Cassazione. La difesa dell’indagato ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. Questo evento ha spostato completamente il focus della decisione della Suprema Corte. Anziché entrare nel merito delle ragioni dell’impugnazione, i giudici hanno dovuto primariamente valutare gli effetti processuali di tale rinuncia.

La Decisione della Corte: Inammissibilità per Carenza di Interesse

La Corte di Cassazione ha preso atto della rinuncia e, di conseguenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione giuridica è la “sopravvenuta carenza di interesse”. In altre parole, con la rinuncia, il ricorrente ha manifestato di non avere più interesse a ottenere una decisione sul merito della questione. La conseguenza diretta di una dichiarazione di inammissibilità è, di norma, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

Tuttavia, in questo caso specifico, la Corte ha operato una distinzione cruciale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha condannato il ricorrente al solo pagamento delle spese processuali, escludendo la sanzione. La ragione di questa scelta risiede nella tempestività della comunicazione della rinuncia. I giudici hanno spiegato che l’applicazione della sanzione pecuniaria presuppone una “colpa” del ricorrente nell’aver promosso un’impugnazione inammissibile.

Nel momento in cui l’inammissibilità deriva da una causa sopravvenuta non imputabile al ricorrente, come la revoca del provvedimento impugnato o, come in questo caso, una tempestiva rinuncia al ricorso, viene a mancare il presupposto della colpa. La rinuncia, avvenuta con sufficiente anticipo rispetto all’udienza, dimostra una volontà di non proseguire in un contenzioso, evitando di impegnare inutilmente la macchina giudiziaria.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa sentenza offre un’indicazione pratica di grande valore. Dimostra che la rinuncia al ricorso, se effettuata in modo tempestivo, non è solo uno strumento per porre fine a un procedimento, ma anche un modo per mitigare le conseguenze economiche di un’impugnazione. La scelta di rinunciare, quando le circostanze lo suggeriscono, può evitare all’imputato una sanzione che, in altri casi di inammissibilità, sarebbe automatica. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione strategica continua nel corso del processo penale, dove anche la decisione di fare un passo indietro può rappresentare una scelta processualmente ed economicamente vantaggiosa.

Cosa accade se si presenta una rinuncia al ricorso prima dell’udienza in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché il ricorrente ha manifestato di non voler più una decisione nel merito.

La rinuncia al ricorso comporta sempre il pagamento di una sanzione?
No. Secondo la sentenza, se la rinuncia è comunicata con sufficiente tempestività, il ricorrente viene condannato al solo pagamento delle spese processuali, ma non alla sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, perché manca l’elemento della colpa.

Perché in questo caso non è stata applicata la sanzione pecuniaria?
Perché l’inammissibilità del ricorso è derivata da una causa sopravvenuta (la rinuncia) che non è considerata una colpa del ricorrente. La tempestività della rinuncia ha evitato di gravare inutilmente sul sistema giudiziario, escludendo il presupposto per l’applicazione della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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