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Rinuncia al ricorso: quando non si pagano le spese

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato a cui era stata modificata la misura cautelare da carcere a domiciliari. Decisiva la successiva rinuncia al ricorso da parte del difensore. La Corte stabilisce che, in caso di inammissibilità per rinuncia dovuta a sopravvenuta carenza di interesse, l’imputato non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali, non trattandosi di un caso di soccombenza.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Niente Spese se l’Interesse Viene Meno

Quando un imputato decide di fare una rinuncia al ricorso perché le circostanze sono cambiate a suo favore, deve comunque pagare le spese processuali? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13647/2024, ha fornito un’importante precisazione: se l’interesse a proseguire l’impugnazione viene meno per cause sopravvenute, la conseguente declaratoria di inammissibilità non comporta la condanna alle spese.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari di Firenze, che disponeva la custodia cautelare in carcere per un individuo accusato di bancarotta fraudolenta. L’indagato, tramite il suo difensore, presentava istanza di riesame al Tribunale della Libertà, che però confermava la misura detentiva.

Contro questa decisione, veniva proposto ricorso per Cassazione. Tuttavia, nelle more del giudizio di legittimità, accadeva un fatto nuovo e decisivo: la misura della custodia in carcere veniva sostituita con quella, meno afflittiva, degli arresti domiciliari. A seguito di questo cambiamento, il difensore presentava una formale dichiarazione di rinuncia al ricorso, motivata dalla sopravvenuta carenza di interesse a proseguire.

La Decisione della Cassazione sulla Rinuncia al Ricorso

La Suprema Corte ha preso atto della rinuncia e ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il punto cruciale della decisione, però, non riguarda l’esito scontato dell’inammissibilità, bensì le sue conseguenze economiche per il ricorrente.

Il Collegio ha stabilito che la dichiarazione di inammissibilità, in questo specifico contesto, non doveva essere seguita dalla condanna al pagamento delle spese processuali, né dal versamento di una somma alla cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha chiarito un principio fondamentale della procedura penale. L’inammissibilità del ricorso non è sempre uguale. In questo caso, essa non deriva da un vizio originario dell’atto di impugnazione, ma da un evento successivo e volontario: la rinuncia al ricorso.

Questa rinuncia, a sua volta, è giustificata da una “sopravvenuta carenza di interesse”. L’obiettivo principale del ricorso era ottenere una misura meno gravosa del carcere. Una volta ottenuti gli arresti domiciliari, l’interesse a coltivare quell’impugnazione è oggettivamente venuto meno.

I giudici hanno spiegato che non ci si trova in una situazione di “soccombenza”, ovvero la condizione di chi perde la causa nel merito. La soccombenza presuppone che il ricorso sia stato esaminato e giudicato infondato. Qui, invece, il ricorso non è stato esaminato affatto, proprio a causa della rinuncia.

Citando precedenti giurisprudenziali conformi (Cass. n. 4452/2019 e n. 13607/2010), la Corte ha ribadito che la condanna alle spese è una sanzione per chi ha promosso un’impugnazione inammissibile o infondata. Non può essere applicata a chi, ragionevolmente, rinuncia a un’azione legale diventata inutile per fatti non dipendenti dalla sua volontà iniziale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una tutela importante per l’indagato. Stabilisce che la rinuncia a un ricorso, quando motivata da un legittimo venir meno dell’interesse ad agire (come la sostituzione di una misura cautelare), non deve comportare sanzioni economiche. Questa decisione promuove un’economia processuale, incentivando le parti a non proseguire giudizi ormai superati dai fatti, senza il timore di essere penalizzate con la condanna alle spese. In sostanza, si riconosce che abbandonare una battaglia legale divenuta priva di scopo è un atto processualmente corretto che non merita alcuna sanzione.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il difensore dell’indagato ha presentato una formale dichiarazione di rinuncia, motivata dal fatto che la misura cautelare era stata nel frattempo modificata dal carcere agli arresti domiciliari, facendo venire meno l’interesse a proseguire.

In caso di rinuncia al ricorso per carenza di interesse, il ricorrente deve pagare le spese processuali?
No, secondo questa ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità per rinuncia dovuta a una sopravvenuta carenza di interesse non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali né al versamento di una somma alla cassa delle ammende.

Qual è la differenza tra questa inammissibilità e una normale soccombenza?
La differenza fondamentale è che qui l’inammissibilità non deriva da un vizio o dall’infondatezza del ricorso, ma da un atto volontario (la rinuncia) giustificato da eventi successivi. Non si tratta di una “sconfitta” nel merito (soccombenza), ma di una presa d’atto che il processo su quel punto è diventato inutile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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