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Rinuncia al ricorso: quando diventa inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un’imputata avverso una misura cautelare. La decisione è scaturita dalla formale rinuncia al ricorso da parte della difesa, motivata dalla sopravvenuta carenza di interesse dopo che la misura stessa era stata revocata. La Corte, applicando il codice di procedura penale, ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Le Conseguenze dell’Inammissibilità in Cassazione

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che, sebbene possa apparire come una semplice ritirata, comporta conseguenze giuridiche precise e inevitabili. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3024 del 2025, offre un chiaro esempio di come l’ordinamento gestisce tale evenienza, sottolineando le responsabilità economiche che ne derivano per la parte che decide di abbandonare l’impugnazione. Questo caso dimostra che la fine dell’interesse a proseguire un giudizio non annulla gli effetti del percorso legale già intrapreso.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato una misura cautelare del divieto di dimora nei confronti di una persona indagata per concorso in un reato fallimentare. La misura era stata inizialmente disposta dal Giudice per le Indagini Preliminari. Ritenendo ingiusto il provvedimento, la difesa dell’indagata aveva proposto ricorso per cassazione, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte.

La Sopravvenuta Carenza di Interesse e la Rinuncia al Ricorso

Il punto di svolta del procedimento si è verificato prima ancora che la Corte potesse esaminare il merito della questione. Il difensore della ricorrente ha comunicato formalmente la rinuncia al ricorso. Tale decisione era motivata da una “sopravvenuta carenza di interesse”. In pratica, un successivo provvedimento del Tribunale aveva revocato la misura cautelare, rendendo di fatto inutile la prosecuzione del giudizio in Cassazione, il cui unico scopo era proprio ottenere l’annullamento di quella misura.

A questo punto, non avendo più un interesse concreto e attuale a una decisione sul ricorso, la parte ha scelto di porre fine al procedimento.

La Decisione della Corte di Cassazione

Preso atto della comunicazione, la Corte di Cassazione ha applicato rigorosamente la normativa processuale. Ha dichiarato il ricorso inammissibile non per motivi di merito, ma specificamente per l’intervenuta rinuncia. La base giuridica di questa decisione risiede nell’articolo 591, comma 1, lettera d) del codice di procedura penale, che prevede appunto l’inammissibilità dell’impugnazione in caso di rinuncia.

Di conseguenza, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, determinata in 500,00 euro, in favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono lineari e si fondano su un principio cardine del diritto processuale: la rinuncia è un atto che estingue il rapporto processuale di impugnazione. Una volta formalizzata, impedisce al giudice di procedere all’esame del merito. La legge prevede che tale atto comporti delle conseguenze automatiche: la declaratoria di inammissibilità e la condanna alle spese. Quest’ultima ha una duplice funzione: da un lato, copre i costi generati dall’attività giudiziaria inutilmente attivata; dall’altro, funge da deterrente contro la presentazione di ricorsi avventati o non ponderati. La quantificazione della somma da versare alla Cassa delle Ammende è stata effettuata dalla Corte su base equitativa, tenendo conto della natura e dell’entità della vicenda processuale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un importante principio: avviare un procedimento di impugnazione è un atto che comporta responsabilità. Anche quando le ragioni del contendere vengono meno, come in questo caso con la revoca della misura cautelare, la rinuncia al ricorso non è un’uscita indolore. L’ordinamento prevede che chi rinuncia debba farsi carico dei costi del procedimento attivato. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di valutare attentamente non solo i presupposti di un’impugnazione, ma anche le conseguenze di una sua eventuale interruzione volontaria.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. La rinuncia è un atto formale che pone fine al procedimento di impugnazione, impedendo ai giudici di esaminare il merito della questione.

Chi rinuncia al ricorso deve pagare delle spese?
Sì, la legge prevede che la parte che rinuncia venga condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, il cui importo è determinato equitativamente dal giudice.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo specifico caso?
È stato dichiarato inammissibile perché la difesa della ricorrente ha presentato una formale rinuncia, come previsto dall’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, dopo che la misura cautelare oggetto del ricorso era stata revocata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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