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Rinuncia al ricorso: niente spese se cessa interesse

Un imputato presenta ricorso in Cassazione contro una misura coercitiva. Successivamente, la misura viene revocata e l’imputato formalizza la rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile ma, citando un principio delle Sezioni Unite, stabilisce che non vi è condanna alle spese processuali. La motivazione risiede nella sopravvenuta carenza di interesse, che distingue questo caso da un’inammissibilità originaria e fa venir meno il presupposto della soccombenza.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Quando non si Pagano le Spese Processuali

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può avere conseguenze significative, specialmente per quanto riguarda le spese legali. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale: se la rinuncia è motivata da una sopravvenuta carenza di interesse, l’imputato non deve essere condannato al pagamento delle spese. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che confermava una misura coercitiva del divieto di dimora in due comuni a carico di un soggetto. La misura era stata disposta dal Giudice per le indagini preliminari in relazione a gravi indizi di colpevolezza per reati di natura associativa.

Contro questa decisione, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione. Tuttavia, in un momento successivo alla presentazione del ricorso, la stessa misura cautelare veniva revocata. Di conseguenza, venendo meno l’oggetto della contestazione, la difesa depositava un atto di rinuncia al ricorso, evidenziando proprio l’avvenuta revoca.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla rinuncia al ricorso

Investita della questione, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, come previsto dall’art. 591, lett. d), del codice di procedura penale, a seguito della rinuncia presentata.

La parte più rilevante della decisione, però, non riguarda l’inammissibilità in sé, ma le sue conseguenze economiche. La Corte ha stabilito che il ricorrente non dovesse essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. Questa conclusione si basa su un’attenta valutazione delle ragioni che hanno portato alla rinuncia.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato il proprio ragionamento su un consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza Marinaj, n. 6624/2012). Il principio chiave è la distinzione tra un ricorso inammissibile fin dall’origine e un ricorso che perde di interesse solo in un secondo momento.

Nel caso di specie, al momento della sua proposizione, il ricorso era sorretto da un interesse concreto e attuale dell’imputato a ottenere l’annullamento della misura coercitiva. L’interesse è venuto meno solo “sopravvenuta”, cioè dopo la presentazione del ricorso, a causa di un evento esterno: la revoca della misura stessa da parte dell’autorità giudiziaria.

Quando si verifica una “sopravvenuta carenza di interesse”, non si può parlare di “soccombenza”. La soccombenza, infatti, presuppone una sconfitta nel merito della questione. Qui, invece, la Corte non è entrata nel merito, ma ha semplicemente preso atto che non c’era più nulla su cui decidere. Di conseguenza, non essendo configurabile un’ipotesi di soccombenza, non possono essere applicate né la condanna alle spese processuali né il pagamento di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio di equità processuale di notevole importanza pratica. Essa chiarisce che la rinuncia al ricorso, quando dettata da eventi che rendono inutile la prosecuzione del giudizio, non deve comportare un onere economico per la parte che l’ha presentata.

Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che è possibile rinunciare a un’impugnazione divenuta superflua senza il timore di essere condannati al pagamento delle spese. Questo tutela chi agisce in giudizio per far valere un proprio diritto, evitando di penalizzarlo se le circostanze cambiano in suo favore durante il corso del procedimento, rendendo la decisione della Corte non più necessaria.

Cosa accade se una parte rinuncia al ricorso per Cassazione?
Di norma, il ricorso viene dichiarato inammissibile, il che significa che la Corte non esamina la questione nel merito e il procedimento si conclude.

Chi rinuncia a un ricorso deve sempre pagare le spese processuali?
No. Come chiarito dalla sentenza, se la rinuncia è causata da una ‘sopravvenuta carenza di interesse’ (cioè se il motivo del ricorso è venuto a mancare dopo la sua presentazione), la parte che rinuncia non è condannata al pagamento delle spese perché non si configura una vera e propria ‘soccombenza’ (sconfitta).

Cosa si intende per ‘sopravvenuta carenza di interesse’ in questo caso?
Significa che l’evento che ha reso inutile il ricorso si è verificato dopo che lo stesso era stato presentato. Nel caso specifico, la misura cautelare del divieto di dimora, contro cui l’imputato aveva fatto ricorso, è stata revocata, eliminando così l’interesse a ottenere una decisione dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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