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Rinuncia al ricorso: le conseguenze in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un sequestro preventivo di un’imbarcazione per reati tributari, a seguito della rinuncia presentata dalla parte ricorrente. La decisione evidenzia che la rinuncia al ricorso, anche se immotivata, comporta non solo la chiusura del procedimento, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Conseguenze e Costi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13087 del 2024, offre un chiaro monito sulle conseguenze processuali ed economiche derivanti dalla rinuncia al ricorso. Il caso, originato da un sequestro preventivo per reati tributari, si è concluso con una declaratoria di inammissibilità e una condanna alle spese, dimostrando come tale atto non sia privo di implicazioni per il ricorrente. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Sequestro di un’Imbarcazione e Ricorso Iniziale

La controversia ha inizio con un provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari e confermato dal Tribunale del Riesame. Oggetto del sequestro era un’imbarcazione di lusso, formalmente di proprietà di una società a responsabilità limitata, ma ritenuta nella disponibilità di un soggetto indagato per reati fiscali. Il sequestro era finalizzato alla confisca per equivalente, una misura volta a sottrarre al reo beni di valore corrispondente al profitto del reato.

Contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame, il legale rappresentante della società proprietaria del bene ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione di norme penali e tributarie specifiche. Si apriva così la fase del giudizio di legittimità davanti alla Suprema Corte.

La Svolta Processuale e le conseguenze della Rinuncia al Ricorso

Prima che la Corte potesse esaminare il merito delle censure, la vicenda ha subito una svolta decisiva: la difesa del ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. È importante sottolineare che tale rinuncia è stata presentata senza fornire alcuna motivazione specifica, un dettaglio che, come vedremo, non ha inciso sulla decisione finale.

L’atto di rinuncia ha di fatto interrotto l’iter processuale, spostando l’attenzione della Corte non più sul merito della questione (la legittimità del sequestro), ma sulle conseguenze procedurali di tale scelta.

La Decisione della Corte di Cassazione

Preso atto della rinuncia, la Suprema Corte ha applicato l’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, che prevede espressamente l’inammissibilità dell’impugnazione in caso di rinuncia. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza alcuna valutazione delle doglianze originariamente sollevate.

Ma la decisione non si è fermata qui. La Corte ha altresì condannato il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza è tanto sintetica quanto chiara. L’inammissibilità è la conseguenza diretta e automatica della rinuncia. Più interessante è la ragione della condanna economica. La Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, il quale stabilisce che, in caso di inammissibilità del ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria. L’unica eccezione si verifica quando si può ritenere che l’impugnazione sia stata proposta “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”.

Nel caso di specie, la causa di inammissibilità è proprio la rinuncia al ricorso, un atto volontario e consapevole del ricorrente. Pertanto, la Corte ha logicamente concluso che non vi fosse alcuna ragione per escludere la colpa del ricorrente e, di conseguenza, ha applicato la condanna pecuniaria come previsto dalla legge.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la rinuncia al ricorso non è un atto neutro. Se da un lato pone fine al contenzioso, dall’altro comporta due conseguenze ineludibili. La prima è la declaratoria di inammissibilità, che cristallizza la validità del provvedimento impugnato. La seconda, di natura economica, è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione. La sentenza serve da promemoria per le parti processuali, sottolineando l’importanza di ponderare attentamente non solo la proposizione di un’impugnazione, ma anche l’eventuale decisione di ritirarla.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso per cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, senza esaminare il merito delle questioni sollevate. Il provvedimento impugnato diventa quindi definitivo.

La rinuncia al ricorso comporta conseguenze economiche?
Sì. Secondo la sentenza, chi rinuncia viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle Ammende, poiché la rinuncia è considerata una causa di inammissibilità determinata volontariamente.

È necessario motivare la rinuncia a un ricorso?
No, dal provvedimento emerge che la rinuncia può essere presentata anche senza alcuna indicazione delle ragioni. La sua efficacia processuale, che porta all’inammissibilità, non dipende dalla presenza di una motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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