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Rinuncia al ricorso: le conseguenze in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso a seguito della sua rinuncia formale da parte del difensore. L’appello era stato presentato contro un’ordinanza che confermava la custodia cautelare in carcere per gravi reati. La decisione sottolinea come la rinuncia al ricorso comporti non solo l’improcedibilità, ma anche la condanna automatica del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in cinquecento euro.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi delle Conseguenze Processuali e Pecuniarie

La presentazione di un ricorso in Cassazione è un passo cruciale nel percorso processuale, ma cosa accade quando la parte decide di fare un passo indietro? Una recente sentenza della Suprema Corte illustra chiaramente le conseguenze legali ed economiche della rinuncia al ricorso. Questo atto, apparentemente semplice, innesca una serie di effetti automatici previsti dal codice di procedura penale, che vanno ben oltre la mera interruzione del giudizio.

I Fatti del Caso Processuale

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva confermato un provvedimento di custodia cautelare in carcere nei confronti di un individuo. L’indagato era accusato di una serie di reati di eccezionale gravità, tra cui associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, detenzione di armi, patto di scambio elettorale politico-mafioso e usura.

Contro tale ordinanza, la difesa aveva proposto ricorso per cassazione, articolando sette distinti motivi di doglianza. Tuttavia, in una fase successiva, lo stesso difensore, munito di procura speciale, ha depositato una formale dichiarazione di rinuncia al ricorso.

La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso

Di fronte alla dichiarazione di rinuncia, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto e dichiarare il ricorso inammissibile. Questa decisione non è frutto di una valutazione discrezionale, ma della diretta applicazione dell’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, che annovera espressamente la rinuncia tra le cause di inammissibilità dell’impugnazione.

La conseguenza immediata è che la Corte non entra nel merito dei motivi presentati, e il provvedimento impugnato diventa definitivo sotto quel profilo. L’atto di rinuncia, quindi, chiude irrevocabilmente la porta a un riesame della questione da parte del massimo organo giurisdizionale.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della sentenza si concentra sulle conseguenze patrimoniali scaturite dalla declaratoria di inammissibilità. La Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che impone, in caso di inammissibilità, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Il collegio ha precisato un punto fondamentale: la legge non fa distinzioni tra le diverse cause di inammissibilità. Che il ricorso sia tardivo, presentato da un soggetto non legittimato o, come in questo caso, rinunciato, la sanzione pecuniaria è sempre dovuta. L’unica eccezione si verifica quando l’inammissibilità deriva da una sopravvenuta carenza di interesse per cause non imputabili al ricorrente, circostanza che nel caso di specie non è stata né provata né dedotta.

Pertanto, la Corte ha stabilito l’importo della sanzione in cinquecento euro, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato per cui la rinuncia è un atto volontario che espone il ricorrente alle conseguenze economiche previste dalla legge.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame offre una lezione chiara sulle implicazioni della rinuncia al ricorso. Questo atto processuale non è privo di conseguenze. Se da un lato pone fine al contenzioso, dall’altro lato attiva un meccanismo sanzionatorio automatico.

Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la decisione di impugnare un provvedimento deve essere ponderata attentamente sin dall’inizio. Un successivo ripensamento, formalizzato con la rinuncia, comporta un costo certo in termini di spese processuali e sanzione pecuniaria. La pronuncia ribadisce il principio di auto-responsabilità delle parti nel processo: ogni scelta processuale, inclusa quella di ritirarsi, ha un peso e delle conseguenze che non possono essere eluse.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso per cassazione già presentato?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Questo significa che i giudici non esaminano il merito della questione e il procedimento di impugnazione si conclude definitivamente.

La rinuncia al ricorso comporta sempre una condanna economica?
Sì, secondo la sentenza e la normativa vigente, alla dichiarazione di inammissibilità per rinuncia consegue automaticamente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile evitare la sanzione pecuniaria in caso di rinuncia?
No, la sentenza chiarisce che la legge non distingue tra le varie cause di inammissibilità. La sanzione è dovuta a meno che non si dimostri una sopravvenuta carenza di interesse per una causa non imputabile al ricorrente, il che non si applica a un atto volontario come la rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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