Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi delle Conseguenze Processuali ed Economiche
La decisione di impugnare un provvedimento giudiziario è un passo cruciale, ma lo è altrettanto la scelta di fare un passo indietro. La rinuncia al ricorso è un atto processuale che, sebbene possa sembrare una semplice ritirata, innesca conseguenze giuridiche precise e inevitabili. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come questo atto non solo ponga fine al giudizio di impugnazione, ma comporti anche specifiche conseguenze economiche per chi lo compie.
I Fatti del Caso
Un uomo, condannato e in fase di esecuzione della pena, aveva richiesto al Tribunale di Sorveglianza di essere ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, concedendogli la misura meno ampia della semilibertà per svolgere un’attività lavorativa.
Insoddisfatto della decisione, l’uomo aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione e una violazione di legge. Sosteneva che i giudici di sorveglianza avessero utilizzato formule generiche, basandosi su precedenti penali ormai datati e ignorando il suo percorso positivo più recente, caratterizzato da buona condotta e dal sostegno familiare. A sorpresa, però, prima dell’udienza di discussione, lo stesso ricorrente depositava un atto formale con cui dichiarava di voler rinunciare all’impugnazione presentata.
La Rinuncia al Ricorso e la sua Conseguenza Diretta
Di fronte a questo atto, il lavoro della Corte di Cassazione cambia radicalmente. I giudici non entrano più nel merito dei motivi di appello; non valutano se la motivazione del Tribunale di Sorveglianza fosse valida o meno. L’unica cosa che possono fare è prendere atto della volontà del ricorrente.
La rinuncia al ricorso è un atto che estingue il procedimento. La conseguenza processuale diretta, come stabilito dall’articolo 591 del codice di procedura penale, è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso stesso. Il processo si ferma qui, senza una decisione sul fondo della questione.
Le Implicazioni Economiche dell’Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità, tuttavia, non è priva di effetti. L’articolo 616 del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che la parte che ha proposto un ricorso dichiarato inammissibile è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Ma non solo: la legge prevede anche il versamento di una somma di denaro, ritenuta equa dalla Corte, a favore della Cassa delle ammende.
Nel caso specifico, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di 500 euro. La sentenza sottolinea un punto fondamentale: questa condanna pecuniaria non fa distinzioni sulle cause di inammissibilità. Che il ricorso sia inammissibile per un vizio formale, per tardività o, come in questo caso, per una rinuncia al ricorso, la conseguenza economica è la medesima.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Suprema Corte è stata lineare e strettamente ancorata al dettato normativo. I giudici hanno semplicemente applicato la legge. In primo luogo, hanno rilevato la presenza di una rinuncia formale all’impugnazione da parte del ricorrente. In secondo luogo, hanno applicato l’art. 591, comma 1, lett. d), c.p.p., che impone di dichiarare inammissibile il ricorso in caso di rinuncia. Infine, hanno fatto scattare l’automatismo previsto dall’art. 616 c.p.p., che collega l’inammissibilità alla condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria. Per rafforzare questo punto, la Corte ha anche citato un proprio precedente (sentenza n. 28691 del 2016), a conferma che la sanzione si applica a tutte le diverse cause che danno luogo all’inammissibilità, senza alcuna distinzione.
Conclusioni
La sentenza in esame offre una lezione pratica di procedura penale: la rinuncia al ricorso è un atto che deve essere attentamente ponderato. Sebbene ponga fine a un contenzioso, non è un’azione neutra. Comporta la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione e, di conseguenza, una condanna economica certa a carico del rinunciante. Questa decisione ribadisce l’importanza di una consulenza legale qualificata non solo nella fase di proposizione di un’impugnazione, ma anche nell’eventuale decisione di abbandonarla, per essere pienamente consapevoli di tutte le implicazioni, comprese quelle economiche.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Il giudice non esamina più il merito della questione, ma si limita a prendere atto della rinuncia e a chiudere il procedimento di impugnazione.
Rinunciare a un ricorso ha dei costi?
Sì. Secondo la sentenza, la dichiarazione di inammissibilità derivante dalla rinuncia comporta la condanna della parte che ha rinunciato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
La condanna alle spese si applica anche se la rinuncia è l’unica causa di inammissibilità?
Sì. La sentenza, citando l’articolo 616 del codice di procedura penale e una precedente decisione, chiarisce che la sanzione del pagamento delle spese e della somma alla Cassa delle ammende si applica a tutte le cause di inammissibilità, senza distinguere tra di esse.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36645 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36645 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Roma il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma del 10/06/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale proposta nell’interesse di NOME COGNOME, detenuto in espiazione della pena di cui al provvedimento di cumulo della Procura generale presso la Corte di appello di Roma emesso in data 18 novembre 2022 (NUMERO_DOCUMENTO n. NUMERO_DOCUMENTO); con la stessa ordinanza, invece, il condannato veniva ammesso alla misura alternativa della semilibertà per svolgere attività lavorativa presso l’esercizio commerciale della nipote.
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod proc. pen., insistendo per il suo annullamento rispetto al rigetto della istanza ex art. 47 Ord. pen.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione del citato art. 47 ed il vizio di motivazione inesistente, apparente e contraddittoria; al riguardo – dopo avere evidenziato che la fine della pena indicata nel provvedimento impugnato non tiene conto della intervenuta concessione della liberazione anticipata e che il Procuratore generale in udienza aveva concluso in senso favorevole alla concessione dell’affidamento – osserva che il Tribunale di sorveglianza ha negato l’ammissione alla più ampia fra le misure alternative utilizzando formule di stile e richiamando i suoi precedenti penali ormai risalenti nel tempo, senza invece tenere conto che egli da ormai vari anni non commette reati, che ha sempre serbato regolare condotta in carcere, che ha partecipato positivamente alle varie attività trattamentali e che può contare su validi supporti familiari.
Il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte con la quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorrente, con atto del 6 ottobre 2025 da lui sottoscritto ed autenticato dal difensore di fiducia, ha rinunciato al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
A seguito della rinuncia alla impugnazione da parte del ricorrente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. d), cod. proc. pen.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento della somma, ritenuta equa, di euro cinquecento a favore della Cassa delle ammende (l’art. 616 cod. proc. pen., nello stabilire l’applicazione di detta sanzione, non distingue tra le diverse cause che danno luogo alla pronuncia di inammissibilità: Sez. 5, n. 28691 del 06/06/2016, Arena, Rv. 267373).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2025.