Rinuncia al ricorso: non è una scelta senza costi
Decidere di impugnare una sentenza è un passo importante, ma cosa succede se, dopo aver avviato il procedimento, si cambia idea? La rinuncia al ricorso è un atto formale che pone fine al giudizio di impugnazione, ma, come chiarisce una recente ordinanza della Corte di Cassazione, non è una scelta priva di conseguenze economiche. L’atto di rinuncia, infatti, fa scattare l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria.
I fatti del caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in appello per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate. L’imputato aveva tempestivamente presentato ricorso per Cassazione al fine di ottenere l’annullamento della sentenza di condanna. Tuttavia, in un momento successivo, lo stesso imputato presentava una dichiarazione formale di rinuncia al ricorso, di fatto abbandonando la propria impugnazione.
La decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso
A fronte della rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non si è limitata a prendere atto della fine del procedimento, ma ha applicato rigorosamente le disposizioni del codice di procedura penale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni
La Corte ha basato la propria decisione sull’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di declaratoria di inammissibilità di un ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Il punto cruciale, sottolineato dai giudici, è che la legge non opera distinzioni tra le diverse cause di inammissibilità. Che l’inammissibilità derivi da vizi formali, da motivi infondati (ex art. 606, comma 3, c.p.p.) o, come in questo caso, da una rinuncia al ricorso (prevista dall’art. 591 c.p.p.), la conseguenza è la medesima. La sanzione pecuniaria, spiegano i giudici, trova la sua giustificazione nella “colpa del ricorrente nell’attivazione del mezzo di impugnazione”. In altre parole, chi avvia un procedimento giudiziario e poi lo abbandona, ha comunque impegnato risorse del sistema giudiziario, e per questa ragione è tenuto a sostenere un costo.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la rinuncia al ricorso non è un atto neutro. Chi decide di percorrere questa strada deve essere consapevole che tale scelta comporta conseguenze economiche precise e inevitabili. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria non è una punizione per aver esercitato un diritto, ma una compensazione per l’aver messo in moto la macchina della giustizia senza poi portare a termine il percorso. Questa decisione serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la scelta di impugnare una sentenza, valutando fin dall’inizio la serietà e la fondatezza dei propri motivi.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendo fine al procedimento di impugnazione.
La rinuncia al ricorso comporta sempre delle sanzioni economiche?
Sì, secondo quanto stabilito nell’ordinanza, la rinuncia porta all’inammissibilità e, di conseguenza, alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Perché si viene condannati a pagare una sanzione anche se si rinuncia volontariamente al ricorso?
La Corte spiega che l’art. 616 del codice di procedura penale non distingue tra le varie cause di inammissibilità. La sanzione è giustificata dalla “colpa” del ricorrente per aver attivato il meccanismo giudiziario per poi abbandonarlo, impegnando inutilmente le risorse della giustizia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8470 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8470 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 23/12/1979
avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di Haji udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che con tempestivo ricorso NOME COGNOME chiedeva l’annullamento della sentenza di appello con la quale era stato condannato a pena ritenuta di giustizia per i delitti di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate e che con successiva dichiarazione sottoscritta dall’imputato veniva formalmente rinunciato al ricorso.
Ritenuto che pertanto il ricorso è divenuto inammissibile. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione di legittimità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare come in dispositivo: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta non solo nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen. ma anche nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex rt. 591 cod. proc. pen., tra cui è ricompreso il caso della rinuncia all’impugnazione e ragguagliato, nel caso, alla causa di inammissibilità ed alla colpa del ricorrente nell’attivazione del mezzo di impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2025