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Rinuncia al ricorso: inammissibilità senza spese

Una società ha presentato ricorso contro un sequestro preventivo. Nelle more del giudizio, i beni sono stati dissequestrati, portando la società a effettuare una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che, in caso di sopravvenuta carenza di interesse non imputabile al ricorrente, non vi è condanna al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al ricorso: La Cassazione chiarisce quando non si pagano le spese

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 5545/2025, affronta un’interessante questione procedurale: quali sono le conseguenze di una rinuncia al ricorso quando l’interesse a proseguire il giudizio viene meno per cause esterne, come la restituzione di beni sequestrati? La decisione offre un importante chiarimento sul principio di soccombenza e sulla condanna alle spese processuali, delineando un quadro di tutela per il ricorrente.

I Fatti del Caso: Dal Sequestro al Ricorso

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria. La misura cautelare colpiva le quote sociali e l’intero patrimonio aziendale, inclusi conti correnti e titoli, di diverse società. Tra queste, una società partecipata da una S.R.L., la quale, ritenendosi lesa dal provvedimento in qualità di terza interessata, decideva di impugnare l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva confermato il sequestro.

Il ricorso per cassazione si fondava su vizi di violazione di legge e omessa motivazione. La società ricorrente contestava la tesi del tribunale secondo cui, in quanto terza interessata, non avrebbe potuto sollevare questioni relative ai presupposti del sequestro, come il fumus commissi delicti (la parvenza di reato) e il periculum in mora (il pericolo nel ritardo).

La Svolta Processuale e la Rinuncia al Ricorso

Durante la pendenza del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione, si è verificato un evento decisivo: l’autorità giudiziaria ha disposto il dissequestro, restituendo i beni alla disponibilità della società. Di conseguenza, l’obiettivo principale del ricorso – ovvero la liberazione dei beni – era stato raggiunto.

Preso atto della nuova situazione, il difensore della società ha depositato una formale dichiarazione di rinuncia al ricorso, attestando l’avvenuto dissequestro. Questo atto ha spostato il focus della Corte dalla questione di merito (la legittimità del sequestro) alla questione procedurale delle conseguenze della rinuncia.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione, tuttavia, si concentra su un principio di fondamentale importanza pratica. I giudici hanno stabilito che, quando l’inammissibilità deriva da una sopravvenuta carenza di interesse non imputabile al ricorrente, quest’ultimo non deve subire conseguenze negative.

Richiamando un precedente orientamento giurisprudenziale (Sent. n. 45618 del 2021), la Corte ha affermato che la restituzione della cosa sequestrata fa venir meno l’interesse alla decisione. Questo evento non costituisce un’ipotesi di soccombenza. In altre parole, il ricorrente non ha ‘perso’ la causa; semplicemente, il motivo per cui l’aveva iniziata è venuto a mancare per un fatto esterno. Pertanto, non può essere condannato né al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio di equità e ragionevolezza processuale. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Tutela del ricorrente: Chi impugna un provvedimento e, durante il processo, ottiene il risultato sperato per altre vie (come un dissequestro), non viene penalizzato economicamente se decide di abbandonare l’impugnazione.
2. Efficienza processuale: Si incentiva la deflazione del contenzioso. Se la controversia si risolve, le parti sono incoraggiate a porre fine al giudizio senza temere condanne alle spese, liberando risorse giudiziarie per altri casi.
3. Distinzione dalla soccombenza: Viene tracciata una linea netta tra chi perde una causa nel merito e chi vede semplicemente cessare la materia del contendere. Solo nel primo caso si giustifica pienamente una condanna alle spese.

In conclusione, questa decisione riafferma che il sistema processuale penale non deve punire chi rinuncia a un’azione legale divenuta inutile, ma deve piuttosto prendere atto della risoluzione della controversia nei fatti, senza imporre oneri ingiustificati.

Cosa accade se si rinuncia a un ricorso in Cassazione perché i beni sequestrati sono stati restituiti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte. La causa della rinuncia, ovvero il dissequestro, determina una sopravvenuta carenza di interesse a proseguire il giudizio, rendendolo di fatto inutile.

In caso di rinuncia al ricorso per avvenuto dissequestro, si devono pagare le spese processuali?
No. Secondo la sentenza, poiché la carenza di interesse non è colpa del ricorrente ma deriva da un evento favorevole (la restituzione dei beni), non si configura una soccombenza. Di conseguenza, il ricorrente non viene condannato al pagamento delle spese processuali né al versamento di ammende.

Perché il dissequestro dei beni fa venir meno l’interesse a ricorrere?
Perché lo scopo principale del ricorso contro un provvedimento di sequestro è ottenere la restituzione dei beni. Una volta che tale risultato è stato raggiunto attraverso il dissequestro, il ricorrente non ha più un interesse concreto e attuale a ottenere una pronuncia dalla Corte di Cassazione, poiché la sua pretesa è stata soddisfatta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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