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Rinuncia al ricorso: inammissibilità e spese legali

Un soggetto, destinatario di una misura cautelare per gravi reati, presenta ricorso in Cassazione. Successivamente, manifesta una formale rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, prendendo atto della rinuncia, dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 500,00 euro a favore della Cassa delle Ammende.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al ricorso: cosa succede quando si cambia idea?

La decisione di impugnare un provvedimento giudiziario è un passo cruciale, ma cosa accade se, una volta intrapresa questa strada, si decide di fare marcia indietro? La rinuncia al ricorso è un istituto giuridico che permette proprio questo, ma con conseguenze precise e inevitabili. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22566 del 2024, ci offre un chiaro esempio pratico degli effetti di tale atto, ribadendo principi fondamentali della procedura penale.

I Fatti del Caso: Dalla Misura Cautelare all’Appello in Cassazione

Il caso in esame riguarda un individuo sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per una serie di reati di notevole gravità, tra cui associazione di stampo mafioso, tentata estorsione e associazione finalizzata al narcotraffico. Il Tribunale del Riesame aveva parzialmente accolto le sue istanze, annullando l’ordinanza restrittiva solo per due capi di imputazione minori (favoreggiamento). Avverso questa decisione, l’indagato aveva proposto ricorso per cassazione.

Tuttavia, prima che la Suprema Corte potesse esaminare il merito delle sue doglianze, l’interessato, tramite una dichiarazione formale resa presso l’istituto penitenziario in cui era detenuto, ha manifestato la volontà di rinunciare al ricorso precedentemente presentato.

La Decisione della Corte: La Conseguenza della Rinuncia al Ricorso

Di fronte a questa nuova circostanza, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto. La rinuncia al ricorso, essendo un atto volontario e formale dell’imputato, ha precluso ogni possibile valutazione nel merito. Di conseguenza, i giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile. Questa declaratoria, però, non è priva di conseguenze: la Corte ha contestualmente condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 500,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni Giuridiche della Pronuncia di Inammissibilità

La decisione della Suprema Corte si fonda su precise disposizioni normative che regolano il processo penale. L’analisi delle motivazioni ci permette di comprendere il meccanismo legale che scatta in questi casi.

L’Applicazione dell’Art. 591 c.p.p.

Il fulcro della decisione risiede nell’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che l’impugnazione è inammissibile quando vi è rinuncia. La volontà della parte di non proseguire il giudizio di impugnazione è sovrana e determina l’immediata chiusura del procedimento, senza che il giudice possa entrare nel merito delle questioni sollevate.

La Condanna alle Spese Processuali e alla Sanzione Pecuniaria ex Art. 616 c.p.p.

La seconda parte della decisione, ovvero la condanna economica, trova il suo fondamento nell’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa disposizione prevede che, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso, la parte privata che lo ha proposto venga condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la norma impone il versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle Ammende, il cui importo viene determinato dal giudice in base a criteri di equità, tenendo conto delle questioni sollevate. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in 500,00 euro.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Rinuncia al Ricorso

La sentenza in commento, pur nella sua apparente semplicità, ribadisce un principio fondamentale: la rinuncia al ricorso è un atto che estingue il giudizio di impugnazione in modo irrevocabile. Le implicazioni pratiche sono significative. Innanzitutto, la decisione impugnata diventa definitiva. In secondo luogo, l’atto di rinuncia, pur essendo una scelta volontaria, comporta conseguenze economiche dirette per il rinunciante, che viene chiamato a sostenere i costi generati dall’attivazione, e successiva interruzione, del meccanismo giudiziario. Questa pronuncia serve quindi da monito sull’importanza di ponderare attentamente la decisione di impugnare un provvedimento e, allo stesso modo, quella di rinunciarvi.

Cosa succede se un imputato rinuncia al proprio ricorso in Cassazione?
In base alla sentenza, la rinuncia successiva alla presentazione del ricorso ne determina l’inammissibilità. Il giudice non può esaminare il merito delle questioni sollevate.

La rinuncia al ricorso comporta delle conseguenze economiche per chi la effettua?
Sì. La Corte, nel dichiarare l’inammissibilità per rinuncia, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che nel caso specifico è stata determinata in 500,00 euro.

Qual è il fondamento normativo per la condanna alle spese in caso di rinuncia?
Il fondamento normativo è l’art. 616 del codice di procedura penale, che stabilisce le conseguenze economiche (pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria) derivanti dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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