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Rinuncia al ricorso: inammissibilità e conseguenze

Un indagato, sottoposto a custodia cautelare in carcere per omicidio, ha presentato ricorso per Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame. Successivamente, ha formalizzato la rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al ricorso: quali sono le conseguenze processuali?

La decisione di impugnare un provvedimento sfavorevole è un diritto fondamentale, ma cosa accade quando, dopo aver presentato un’impugnazione, si cambia idea? La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, chiarisce le conseguenze dirette della rinuncia al ricorso, un atto che pone fine al procedimento di impugnazione e comporta specifiche responsabilità economiche per chi lo compie. Analizziamo un caso pratico per comprendere meglio la dinamica e le implicazioni legali.

I fatti del caso

Un soggetto, gravemente indiziato per il reato di omicidio volontario, era stato destinatario di una misura di custodia cautelare in carcere disposta dal Giudice per le Indagini Preliminari. Contro tale provvedimento, l’indagato aveva proposto una richiesta di riesame al Tribunale competente, il quale aveva però confermato la decisione, ritenendo sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza sia le esigenze cautelari.

Non arrendendosi, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame, contestando nuovamente gli elementi a suo carico. Tuttavia, in un momento successivo, con un atto formale, il ricorrente decideva di rinunciare al ricorso precedentemente depositato.

La Rinuncia al ricorso e la decisione della Cassazione

Preso atto della rinuncia al ricorso, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che dichiarare l’impugnazione inammissibile. La legge processuale penale, infatti, è molto chiara su questo punto. La rinuncia è una delle cause tassative che impediscono al giudice di esaminare il merito delle questioni sollevate.

Il Pubblico Ministero, durante l’udienza, aveva infatti concluso proprio in tal senso, chiedendo una declaratoria di inammissibilità. La Corte ha accolto tale richiesta, applicando la normativa di riferimento.

Le motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su precise disposizioni del codice di procedura penale. In primo luogo, l’articolo 591, comma 1, lettera d), stabilisce che il ricorso è inammissibile quando vi è rinuncia all’impugnazione. Si tratta di un effetto automatico previsto dalla legge: una volta formalizzata la rinuncia, il procedimento di impugnazione si estingue e non può essere proseguito.

In secondo luogo, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che disciplina le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità. Tale norma prevede che la parte privata che ha proposto un ricorso dichiarato inammissibile venga condannata al pagamento delle spese del procedimento. Oltre a ciò, la legge impone il versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende. La Corte ha sottolineato, citando un proprio precedente, che questa sanzione pecuniaria si applica a prescindere dalla specifica causa di inammissibilità. Pertanto, anche se l’inammissibilità deriva da una rinuncia al ricorso e non da vizi dell’atto, la condanna al pagamento della somma è comunque dovuta.

Le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio procedurale fondamentale: la rinuncia al ricorso è un atto che produce effetti definitivi e non consente un ripensamento. La sua conseguenza immediata è la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione, che preclude ogni valutazione nel merito da parte della Corte. Inoltre, tale atto comporta precise conseguenze economiche per il ricorrente, che sarà tenuto non solo a pagare le spese processuali, ma anche a versare una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la scelta di impugnare un provvedimento e, soprattutto, quella di rinunciarvi.

Qual è la principale conseguenza processuale della rinuncia a un ricorso per Cassazione?
La principale conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate e il procedimento di impugnazione si conclude.

Chi rinuncia al ricorso deve pagare delle spese?
Sì. Secondo la sentenza, la dichiarazione di inammissibilità derivante dalla rinuncia comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende si applica sempre in caso di inammissibilità?
Sì. La Corte ha specificato che l’articolo 616 del codice di procedura penale non distingue tra le diverse cause di inammissibilità. Pertanto, la sanzione pecuniaria si applica anche quando l’inammissibilità è dovuta alla rinuncia volontaria del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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