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Rinuncia al ricorso: inammissibilità e condanna spese

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso presentato da due indagati in custodia cautelare per tentato omicidio. La decisione si basa sulla formale rinuncia al ricorso presentata dal loro difensore. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Le Conseguenze dell’Inammissibilità in Cassazione

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che pone fine a un’impugnazione, con conseguenze procedurali ed economiche ben precise. Una recente sentenza della Corte di Cassazione illustra chiaramente cosa accade quando gli imputati decidono di non proseguire con il ricorso presentato, confermando l’orientamento consolidato in materia.

Il caso in esame riguarda due soggetti che, dopo essere stati destinatari di una misura di custodia cautelare in carcere per reati gravi, hanno deciso di abbandonare il loro ricorso davanti alla Suprema Corte.

I Fatti Processuali

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che applicava la misura della custodia cautelare in carcere a due individui per concorso in tentato omicidio e porto d’arma da fuoco. Gli indagati avevano presentato una richiesta di riesame al Tribunale competente, il quale aveva però rigettato la loro istanza, confermando la misura restrittiva.

Contro questa decisione, il difensore dei due soggetti proponeva ricorso per Cassazione. Tuttavia, prima della trattazione del caso, lo stesso difensore, munito di procura speciale, depositava una formale dichiarazione di rinuncia al ricorso.

Le Conseguenze della Rinuncia al Ricorso

La Corte di Cassazione, presa visione della dichiarazione di rinuncia, ha agito di conseguenza. L’atto di rinuncia, infatti, preclude qualsiasi esame nel merito delle questioni sollevate. La Corte non può far altro che prendere atto della volontà delle parti di non proseguire nell’impugnazione.

Per questo motivo, il collegio ha dichiarato i ricorsi inammissibili. Questa declaratoria, però, non è priva di effetti. Al contrario, essa attiva una serie di conseguenze previste dal codice di procedura penale, in particolare dall’articolo 616.

La condanna alle spese e alla Cassa delle Ammende

La conseguenza più diretta dell’inammissibilità è la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. Oltre a ciò, la legge prevede il versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

Questa seconda sanzione pecuniaria viene applicata a meno che non emergano elementi che escludano la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, come chiarito da una nota sentenza della Corte Costituzionale (n. 186 del 2000). Nel caso di specie, la rinuncia al ricorso è un atto volontario e consapevole, che di per sé non permette di escludere la colpa. Pertanto, la Corte ha determinato in via equitativa l’importo da versare in 500,00 euro.

Le Motivazioni

Le motivazioni della sentenza sono estremamente lineari e si fondano su un principio cardine del diritto processuale: la disponibilità dell’impugnazione. Una volta presentato un ricorso, la parte ha la facoltà di rinunciarvi. Tale rinuncia, se effettuata nelle forme previste dalla legge (personalmente o tramite un difensore con procura speciale), è un atto che estingue il procedimento di impugnazione.

La Corte di Cassazione, ricevuta la dichiarazione di rinuncia, non ha margini di discrezionalità: deve dichiarare il ricorso inammissibile. La successiva condanna alle spese processuali e al pagamento della somma in favore della Cassa delle ammende non è una punizione per il merito della causa, ma una conseguenza automatica prevista dalla legge per chi introduce un procedimento giudiziario e poi lo abbandona, causando comunque un’attività per l’apparato giudiziario.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un punto fondamentale: la rinuncia al ricorso è una scelta processuale definitiva con implicazioni chiare. Chi decide di non proseguire con un’impugnazione deve essere consapevole che tale atto comporterà l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. La decisione di rinunciare, quindi, deve essere attentamente ponderata insieme al proprio legale, considerando tutte le conseguenze giuridiche ed economiche che ne derivano.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso presentato in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che la Corte non esamina il merito della questione e il provvedimento che era stato impugnato diventa definitivo.

La rinuncia a un ricorso comporta sempre dei costi per chi lo aveva presentato?
Sì, secondo la sentenza in esame, l’inammissibilità dovuta a rinuncia comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a meno che non si possa dimostrare l’assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

Chi può presentare la dichiarazione di rinuncia al ricorso?
La dichiarazione di rinuncia può essere presentata dalla parte personalmente o dal suo difensore. In quest’ultimo caso, è indispensabile che l’avvocato sia munito di una procura speciale che lo autorizzi specificamente a compiere tale atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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