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Rinuncia al ricorso: inammissibilità e condanna spese

Un imputato ha impugnato la revoca della sospensione condizionale della pena, disposta perché concessa in violazione di legge. In Cassazione, la difesa ha presentato una rinuncia al ricorso. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Conseguenze e Costi Processuali

La rinuncia al ricorso rappresenta un atto processuale dalle conseguenze definitive, come emerge chiaramente da una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il caso in esame, sebbene originato da una complessa questione sulla revoca della sospensione condizionale della pena, si risolve interamente su un piano procedurale, offrendo importanti spunti sull’epilogo di un’impugnazione a seguito del suo ritiro formale.

I Fatti del Caso: Dalla Sospensione della Pena alla Revoca

La vicenda giudiziaria ha inizio quando il Tribunale di Pescara, in qualità di giudice dell’esecuzione, accoglie la richiesta della Procura di revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena. Tale beneficio era stato concesso a un individuo con una sentenza del 2013, divenuta irrevocabile nel 2017.

Il motivo della revoca risiedeva nella scoperta di una precedente condanna a tre anni di reclusione, emessa nel 2010 e divenuta irrevocabile nel 2015. Questa condanna preesistente rendeva l’imputato non idoneo a ricevere il beneficio della sospensione, secondo quanto previsto dall’art. 164 del codice penale. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello non erano a conoscenza di tale circostanza al momento della concessione.

I Motivi dell’Impugnazione in Cassazione

Contro l’ordinanza di revoca, la difesa dell’interessato proponeva ricorso per Cassazione, basandosi su due principali argomentazioni:
1. Violazione del giudicato: Secondo la difesa, il giudice del merito avrebbe dovuto essere a conoscenza della precedente condanna. Poiché né il giudice né il pubblico ministero avevano sollevato la questione a suo tempo, la revoca in fase esecutiva costituiva una violazione del principio del giudicato (la definitività della sentenza).
2. Violazione del principio del bis in idem: Si sosteneva che la revoca, avvenuta ben sette anni dopo l’irrevocabilità della sentenza, fosse illegittima perché violava il principio di intangibilità del giudicato e il diritto del cittadino a non essere sottoposto a reiterate iniziative penali per lo stesso fatto.

La Svolta Processuale: La Rinuncia al Ricorso

Prima che la Corte di Cassazione potesse esaminare nel merito le censure sollevate, la difesa ha depositato una dichiarazione formale di rinuncia al ricorso. Questo atto, previsto dal codice di procedura penale, ha cambiato radicalmente il corso del procedimento, spostando l’attenzione dai motivi di diritto sostanziale a una questione puramente procedurale.

La Decisione della Corte e le conseguenze della rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione, preso atto della dichiarazione di rinuncia ritualmente presentata, non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive. Ha invece applicato direttamente la norma procedurale pertinente, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è lineare e si fonda sull’articolo 591 del codice di procedura penale, il quale elenca tra le cause di inammissibilità dell’impugnazione proprio la rinuncia. L’atto di rinuncia è una scelta dispositiva della parte che ha l’effetto di terminare il giudizio di impugnazione, precludendo al giudice qualsiasi valutazione sul contenuto dei motivi proposti.

Di conseguenza, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che stabilisce le conseguenze economiche della declaratoria di inammissibilità. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di cinquecento euro a favore della cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto tale importo equo, valutando i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la rinuncia al ricorso è un atto che estingue il procedimento di impugnazione e ne determina l’inammissibilità, senza alcuna possibilità per il giudice di esaminare la fondatezza delle doglianze. Le conseguenze sono automatiche e includono l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione di rinunciare a un’impugnazione deve quindi essere ponderata attentamente, poiché preclude ogni ulteriore discussione e cristallizza la decisione impugnata, con l’aggiunta di oneri economici.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia, se presentata ritualmente, determina l’inammissibilità del ricorso. La Corte non esamina il merito della questione, ma si limita a dichiarare l’impugnazione inammissibile, ponendo fine al procedimento.

La rinuncia al ricorso comporta delle conseguenze economiche?
Sì. La declaratoria di inammissibilità del ricorso, che consegue alla rinuncia, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e non rigettato?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la parte ricorrente ha formalmente rinunciato all’impugnazione. La rinuncia è una causa di inammissibilità prevista dalla legge (art. 591 c.p.p.) che precede e assorbe l’esame nel merito, il quale avrebbe potuto portare, in alternativa, a un rigetto o a un accoglimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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