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Rinuncia al ricorso: inammissibilità e condanna spese

Un imputato, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro l’aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari, ha successivamente presentato una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse, sottolineando che la rinuncia è un atto irrevocabile che preclude l’esame nel merito. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Quando un Atto Pone Fine al Processo

Nel complesso mondo della procedura penale, ogni atto ha un peso e delle conseguenze precise. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto fondamentale per comprendere gli effetti di un atto apparentemente semplice ma definitivo: la rinuncia al ricorso. Questo caso dimostra come tale scelta strategica non solo ponga fine al giudizio di impugnazione, ma comporti anche precise responsabilità economiche per chi la compie.

I Fatti del Caso: Dall’Aggravamento della Misura alla Cassazione

La vicenda trae origine da un provvedimento del Tribunale di Palmi, che aveva disposto l’aggravamento della misura cautelare per un soggetto, passando dagli arresti domiciliari alla custodia in carcere. Contro questa decisione, l’interessato aveva proposto appello, rigettato dal Tribunale di Reggio Calabria.

Non ritenendosi soddisfatto, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando due principali vizi:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: si contestava che l’aggravamento, basato sulle visite quotidiane del nipote, fosse ingiustificato. La difesa sosteneva che la motivazione del Tribunale fosse apparente e non avesse considerato l’effettiva pericolosità della condotta, né il legame affettivo e familiare tra nonno e nipote.
2. Incompatibilità con il regime carcerario: si denunciava una valutazione illogica delle condizioni di salute del ricorrente, che secondo una perizia erano incompatibili con la detenzione in carcere.

Il Colpo di Scena: La Rinuncia al Ricorso

Mentre il processo in Cassazione era pendente, la difesa, tramite un procuratore speciale, ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. Questo passaggio è stato decisivo e ha cambiato completamente la traiettoria del procedimento, spostando l’attenzione dai motivi di merito alla questione puramente procedurale degli effetti della rinuncia.

La Decisione della Corte: Conseguenze della rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine della procedura: la rinuncia all’impugnazione determina la carenza di interesse a proseguire il giudizio. Senza un interesse concreto e attuale, il ricorso non può essere esaminato nel merito.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato la sua decisione sulla base di consolidati principi giuridici. In primo luogo, ha qualificato la rinuncia come una “dichiarazione abdicativa, irrevocabile e recettizia”. Ciò significa che una volta presentata, non può essere ritirata e produce i suoi effetti nel momento in cui perviene all’autorità giudiziaria.

I giudici hanno chiarito che, ai sensi dell’art. 589 c.p.p., le forme per la presentazione della rinuncia non sono rigidamente stabilite a pena di inammissibilità. È sufficiente che vi sia la certezza della sua provenienza dal soggetto legittimato (in questo caso, tramite procuratore speciale) e che la volontà sia espressa in modo chiaro e inequivocabile.

Un punto cruciale della motivazione riguarda la condanna alle spese. La Corte ha stabilito che l’inammissibilità derivante dalla rinuncia configura una situazione di “soccombenza”. Non essendo legata a cause sopravvenute e imprevedibili, la parte che rinuncia è considerata a tutti gli effetti la parte “perdente” del giudizio di impugnazione. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, quantificata in cinquecento euro.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza la natura definitiva e le conseguenze della rinuncia al ricorso. Non si tratta di un mero atto formale, ma di una scelta processuale strategica che chiude irrevocabilmente la porta a un ulteriore esame della vicenda. La decisione evidenzia due aspetti pratici fondamentali: la certezza del diritto, poiché la rinuncia stabilizza la decisione impugnata, e la responsabilità processuale, poiché chi rinuncia deve farsi carico dei costi del procedimento attivato. Per gli operatori del diritto, è un monito sull’importanza di ponderare attentamente ogni scelta, comprese quelle che pongono fine al contenzioso.

Cosa succede se si presenta una rinuncia al ricorso dopo averlo depositato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse. La Corte non procede all’esame del merito dell’impugnazione, poiché l’atto di rinuncia, essendo irrevocabile, fa venir meno l’interesse del ricorrente a una decisione.

La rinuncia al ricorso comporta sempre la condanna al pagamento delle spese processuali?
Sì, secondo questa sentenza, la rinuncia all’impugnazione configura una situazione di “soccombenza”. Pertanto, il ricorrente che rinuncia è tenuto al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, in quanto l’inammissibilità non è correlata a cause sopravvenute e non prevedibili.

Quali sono i requisiti formali per un valido atto di rinuncia al ricorso?
La sentenza chiarisce che le forme previste dalla legge non sono stabilite a pena di inammissibilità. È sufficiente che sia garantita la sicura provenienza dell’atto dal soggetto legittimato (o dal suo procuratore speciale) e che la volontà di rinunciare sia espressa in modo chiaro e inequivocabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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