Rinuncia al Ricorso: Quando l’Impugnazione si Ferma e Quali Sono i Costi
Nel complesso iter della giustizia, la presentazione di un ricorso rappresenta un momento cruciale per la difesa dei propri diritti. Tuttavia, cosa accade quando la parte che ha impugnato una decisione decide di fare un passo indietro? La rinuncia al ricorso è un istituto procedurale con conseguenze nette e definitive, come illustrato da una recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un imputato con conseguente condanna alle spese.
I Fatti Processuali: Un Percorso Complesso
Il caso trae origine da una sentenza di proscioglimento emessa dal Giudice di Pace di Verona in data 1 ottobre 2020. L’imputato, non soddisfatto della decisione, aveva proposto ricorso in Cassazione. La vicenda processuale ha subito una svolta significativa quando, con un atto del 21 settembre 2023, il difensore e procuratore speciale dell’imputato ha formalizzato la rinuncia alla trattazione del giudizio, subordinandola all’accoglimento di un altro ricorso straordinario. Una volta definita quella procedura, la Corte Suprema è stata chiamata a pronunciarsi sull’originaria impugnazione, ormai priva di interesse per il ricorrente.
Le Conseguenze della Rinuncia al Ricorso: La Decisione della Cassazione
Di fronte alla chiara e formale rinuncia al ricorso, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto. Quando una parte rinuncia a un’impugnazione, il giudice non entra nel merito della questione, ovvero non valuta se le ragioni del ricorrente erano fondate o meno. Il processo si arresta a uno stadio preliminare. La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile. Questa declaratoria, tuttavia, non è priva di conseguenze per il rinunciante. La legge, infatti, prevede che chi rinuncia debba farsi carico dei costi generati dal procedimento che ha attivato e poi abbandonato.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte sono concise e dirette, basandosi su un principio fondamentale della procedura penale. La rinuncia è un atto dispositivo della parte che estingue l’impugnazione e preclude al giudice qualsiasi valutazione di merito. La decisione si fonda sulla volontà espressa dal ricorrente di non voler più proseguire nel giudizio. Di conseguenza, la Corte ha applicato la sanzione processuale prevista in questi casi: la condanna del rinunciante al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in questo caso quantificata in cinquecento euro, in favore della cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria ha una funzione dissuasiva, volta a scoraggiare la presentazione di ricorsi non ponderati o meramente dilatori.
Conclusioni
La sentenza in esame ribadisce un concetto chiave: la rinuncia a un’impugnazione è un atto giuridico serio con implicazioni economiche precise. Chi intraprende la strada del ricorso deve essere consapevole che un eventuale ripensamento non è a costo zero. La declaratoria di inammissibilità per rinuncia comporta l’obbligo di rimborsare le spese processuali sostenute dallo Stato e di pagare una sanzione pecuniaria. Questa decisione serve come monito sull’importanza di valutare attentamente l’opportunità e la fondatezza di un’impugnazione prima di presentarla, al fine di evitare inutili aggravi procedurali e costi economici.
Cosa succede quando una parte rinuncia formalmente a un ricorso in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte non esamina il merito della questione, ma si limita a prendere atto della rinuncia e a chiudere il procedimento relativo a quell’impugnazione.
La rinuncia a un ricorso comporta conseguenze economiche per chi la effettua?
Sì, la sentenza stabilisce che il ricorrente rinunciante è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma determinata dal giudice in favore della cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma era di cinquecento euro.
Perché il ricorrente viene condannato a pagare una somma alla cassa delle ammende?
Questa condanna ha una funzione sanzionatoria e dissuasiva. Serve a scoraggiare la proposizione di impugnazioni avventate o non seriamente coltivate, che impegnano inutilmente le risorse del sistema giudiziario.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21897 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21897 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (RINUNCIANTE) nato a VERONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/10/2020 del GIUDICE DI PACE di VERONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
udito il difensore
procedimento a trattazione scritta.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 27 settembre 2023 questa Prima Sezione Penale ha disposto la revoca della ordinanza emessa dalla Sezione Settima n. 3786 del 2023 nei confronti di COGNOME NOME, fissando per la data odierna la trattazione dell’originario ricorso proposto da COGNOME avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Verona in data 1 ottobre 2020 (sentenza di proscioglimento nei confronti del COGNOME).
Con atto del 21 settembre 2023 il difensore e procuratore speciale di COGNOME NOME ha rinunziato, in caso di accoglimento del ricorso straordinario rescindente, alla trattazione del giudizio rescissorio.
Va pertanto dichiarato inammissibile per rinunzia l’originario atto di ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
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