Rinuncia al Ricorso: Quando la Strategia Processuale Prevale sul Merito
Nel complesso scenario del diritto processuale penale, la rinuncia al ricorso rappresenta un atto di fondamentale importanza strategica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di analizzare le conseguenze dirette di tale scelta. Il caso riguarda un imprenditore colpito da una misura interdittiva che, dopo aver impugnato il provvedimento, decide di fare un passo indietro, determinando l’esito del procedimento dinanzi alla Suprema Corte.
I Fatti di Causa
La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Salerno, con la quale veniva rigettato l’appello di un imprenditore avverso una misura cautelare. Nello specifico, gli era stato imposto il divieto temporaneo, per la durata di un anno, di esercitare attività imprenditoriali e di ricoprire uffici direttivi in persone giuridiche e imprese.
Contro questa decisione, l’imprenditore, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, sollevando due principali motivi di doglianza:
1. Vizio di motivazione: si contestava la valutazione del Tribunale circa la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari che giustificavano la misura.
2. Violazione del diritto di difesa: si lamentava l’utilizzo, da parte del Tribunale, di un’intercettazione che non era stata posta a base della richiesta originaria del Pubblico Ministero, impedendo di fatto alla difesa di controbattere efficacemente.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione aveva concluso per l’inammissibilità del ricorso, ritenendo l’ordinanza impugnata adeguatamente motivata.
La Decisione della Corte: l’Effetto Assorbente della Rinuncia al Ricorso
L’elemento cruciale e decisivo della vicenda, tuttavia, è sopravvenuto prima che la Corte potesse esaminare nel merito i motivi di impugnazione. Il difensore dell’imprenditore, con un atto sottoscritto anche dal suo assistito, ha formalmente comunicato alla Suprema Corte la rinuncia al ricorso.
Questo atto ha un effetto procedurale assorbente e definitivo. La Corte, infatti, non entra nel merito delle questioni sollevate (la fondatezza dei gravi indizi, le esigenze cautelari o la presunta violazione del diritto di difesa), ma si limita a prendere atto della volontà della parte di non proseguire nel giudizio di impugnazione. Di conseguenza, l’unica decisione possibile è stata quella di dichiarare l’inammissibilità del ricorso stesso.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte sono concise e strettamente procedurali. La rinuncia all’impugnazione, presentata prima della decisione, preclude ogni esame sul merito dei motivi proposti. La volontà del ricorrente di abbandonare il giudizio estingue il rapporto processuale. La conseguenza diretta di questa declaratoria di inammissibilità, stabilita per legge, è duplice. In primo luogo, il provvedimento impugnato (l’ordinanza del Tribunale di Salerno che confermava la misura interdittiva) diventa definitivo. In secondo luogo, scatta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Oltre a ciò, la Corte lo ha condannato al versamento di una somma, quantificata in cinquecento Euro, in favore della Cassa delle Ammende, tenendo conto della specifica causa di inammissibilità (la rinuncia, appunto).
Conclusioni
Questa sentenza evidenzia in modo chiaro come le scelte strategiche processuali possano essere determinanti. La rinuncia al ricorso è un diritto della parte, che può essere esercitato per svariate ragioni non esplicitate nel provvedimento: un mutamento delle circostanze, una rinegoziazione della propria posizione processuale in altre sedi, o semplicemente una valutazione costi-benefici. Tuttavia, è una decisione che comporta conseguenze irrevocabili. Il provvedimento impugnato diventa definitivo e si va incontro a sanzioni pecuniarie. Il caso dimostra che, nel percorso giudiziario, l’abbandono di una via di impugnazione è un atto formale che chiude la discussione, rendendo irrilevanti le ragioni, pur potenzialmente fondate, che avevano inizialmente spinto a percorrere quella strada.
Cosa succede se un imputato decide di rinunciare al ricorso per cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte non esamina i motivi dell’impugnazione e il procedimento si conclude.
La rinuncia al ricorso comporta delle spese?
Sì, la parte che rinuncia viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Dopo la rinuncia, il provvedimento impugnato diventa definitivo?
Sì, la dichiarazione di inammissibilità per rinuncia rende definitivo il provvedimento che era stato oggetto di impugnazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7755 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7755 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/01/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Avellino il 03/12/1963
avverso l’ordinanza emessa il 17/10/2024 dal Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17/10/2024, il Tribunale di Salerno ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza applicativa nei suoi confronti della misura interdittiva del diviet temporaneo di esercitare attività imprenditoriali e di esercitare uffici direttivi del persone giuridiche e delle imprese, per la durata di anni uno.
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria e di esigenze cautelari idonee a giustificare la misura.
Si censura il “teorema accusatorio” proposto dal Tribunale, che non aveva tenuto conto di alcune intercettazioni incompatibili con l’imputazione ed aveva offerto una interpretazione inquisitoria di alcuni sms del luglio 2023 (riportati a pag. 7 del ricorso). In realtà, l’unico interesse perseguito dal pubblico funzionario era quello di incrementare le entrate derivanti all’Erario da spettacoli ed eventi, “in assenza di qualsivoglia controprestazione”: del resto, era emerso che alcuni locali si orientavano diversamente, per i servizi di biglietteria, rispetto al indicazioni del RAGIONE_SOCIALE.
In relazione alle esigenze cautelari, si rileva il difetto di elementi idonei connotare di concretezza ed attualità del ravvisato pericolo di reiterazione; quanto al pericolo di inquinamento si segnala una recente pronuncia della Suprema Corte.
2.2. Violazione del diritto di difesa per essere stata valorizzata un’intercettazione “originariamente estranea alle conversazioni poste a sostegno della primigenia ordinanza cautelare”. Si lamenta in particolare il richiamo ad una intercettazione di dubbia interpretazione, che non era stata posta a base della richiesta né dell’applicazione della misura, effettuato dal Tribunale al fine d confutare l’ipotesi alternativa della concreta sussistenza di un rapporto di lavoro tra il MORESE e la RAGIONE_SOCIALE: su tale intercettazione, non utilizzata nella richiesta e non valutata dal G.i.p., la difesa non aveva potuto interloquire a chiarimento.
Con requisitoria tempestivamente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, ritenendo l’ordinanza adeguatamente motivata quanto agli elementi indicativi del pericolo di reiterazione, ed osservando tra l’altro che il riferimento a risultanze successive al maggio 2023 non era finalizzato a modificare in peius l’imputazione, ma a valorizzare elementi indicativi dell’attualità e concretezza del pericolo d reiterazione. Si sottolinea inoltre la correttezza del richiamo alla perdurante carica sociale rivestita dal ricorrente, e l’irrilevanza della mancata trattazione del pericol di inquinamento probatorio, in presenza di adeguata motivazione in ordine alla lett. c) dell’art. 274 e alla durata della misura, inferiore al massimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Assume rilievo preliminare ed assorbente il fatto che il difensore del COGNOME con atto sottoscritto anche da quest’ultimo e trasmesso a questa Suprema Corte in data 21/01/2025, ha rinunciato al ricorso.
Deve quindi essere dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione proposta, per sopravvenuta rinuncia. Il PREZIOSI deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che
appare equo quantificare, tenuto conto della causa di inammissibilità, in cinquecento.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di Euro cinquecento in favore della Cassa del Ammende.