La Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Conseguenze e Costi
La decisione di impugnare un provvedimento giudiziario è un passo importante, ma altrettanto significativa è la scelta di fare un passo indietro. L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dirette e inevitabili della rinuncia al ricorso, un atto che, sebbene volontario, comporta precise responsabilità procedurali e pecuniarie per chi lo compie.
I Fatti del Caso
Un soggetto aveva presentato ricorso per cassazione contro un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo. Tuttavia, in un momento successivo alla proposizione del gravame, lo stesso ricorrente ha deciso di ritirare la propria impugnazione. Questa volontà è stata formalizzata attraverso un atto di rinuncia, firmato personalmente dall’interessato e autenticato dal suo difensore di fiducia, nominato anche procuratore speciale per questo specifico atto.
La Decisione della Corte di Cassazione
Di fronte a questo atto formale, la Corte di Cassazione ha agito in conformità con le chiare disposizioni del codice di procedura penale. I giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile. Questa declaratoria non è stata una valutazione nel merito delle ragioni dell’impugnazione, ma una diretta conseguenza procedurale della rinuncia. Inoltre, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di cinquecento euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Gli Effetti Automatici della Rinuncia al Ricorso
La motivazione della Corte si fonda su un meccanismo normativo preciso. La legge, attraverso il combinato disposto degli articoli 589 e 591 del codice di procedura penale, equipara la rinuncia al ricorso a una causa di inammissibilità. In pratica, l’atto di rinuncia impedisce al giudice di procedere con l’esame del merito dell’impugnazione.
Una volta stabilita l’inammissibilità, scatta l’applicazione dell’articolo 616 dello stesso codice. Questa norma prevede che, in caso di inammissibilità del ricorso, la parte che lo ha proposto sia condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto equo, data la natura della causa di inammissibilità (la rinuncia, appunto), determinare tale somma in euro cinquecento. La decisione è quindi un’applicazione automatica e vincolata di principi procedurali che mirano a definire celermente i procedimenti e a sanzionare l’utilizzo dello strumento impugnatorio quando questo viene poi abbandonato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la rinuncia al ricorso è un atto formale con conseguenze giuridiche non trascurabili. Chi decide di impugnare un provvedimento e poi cambia idea deve essere consapevole che il ritiro dell’impugnazione non è un’azione neutra, ma comporta l’obbligo di sostenere i costi del procedimento attivato. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la decisione di presentare un ricorso, poiché anche la successiva marcia indietro ha un costo, stabilito dalla legge a tutela dell’efficienza del sistema giudiziario. La condanna non è una punizione per il ripensamento, ma una conseguenza procedurale volta a responsabilizzare le parti processuali.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso per cassazione già presentato?
In base alla normativa processuale penale, la rinuncia a un ricorso già depositato ne determina l’inammissibilità, impedendo alla Corte di esaminare il caso nel merito.
La rinuncia al ricorso comporta delle conseguenze economiche per chi la effettua?
Sì, la dichiarazione di inammissibilità derivante dalla rinuncia comporta la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dal giudice.
Qual è il fondamento normativo per la condanna alle spese in caso di rinuncia?
Il fondamento risiede nel combinato disposto degli artt. 589 e 591 del codice di procedura penale, che equiparano la rinuncia a una causa di inammissibilità, e nell’art. 616 dello stesso codice, che stabilisce le conseguenze economiche (pagamento delle spese e di una sanzione) per l’inammissibilità del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5223 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5223 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME aveva proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Palermo;
rilevato che l’imputato ha ritualmente rinunziato al ricorso con atto a firma, autenticata dal difensore di fiducia e procuratore speciale;
ritenuto che alla rinunzia, in forza del combinato disposto di cui agli 589, commi 2 e 3, e 591, comma 1, let. d), cod. proc. pen., conseg l’inammissibilità del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la c della ricorrente al pagamento del procedimento, nonché di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione della causa d’inammissibilità, si sti equo determinare in euro cinquecento;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023