LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rinuncia al ricorso: inammissibile l’appello

Un uomo, sottoposto a custodia cautelare in carcere per atti persecutori e lesioni, ha presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, a seguito di un patteggiamento, ha formalizzato la rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando come il patteggiamento faccia venir meno l’interesse a impugnare. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Quando un Appello Diventa Inammissibile

Nel complesso panorama della procedura penale, la rinuncia al ricorso rappresenta un atto che può determinare in modo irrevocabile le sorti di un’impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di tale atto, specialmente quando interviene a seguito della definizione del processo di merito tramite patteggiamento. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere il rapporto tra la volontà della parte e i requisiti di ammissibilità di un gravame.

I Fatti del Caso: Dalla Misura Cautelare alla Cassazione

La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava la misura della custodia cautelare in carcere per un uomo accusato di atti persecutori e lesioni aggravate. Secondo l’accusa, l’uomo aveva posto in essere una serie di comportamenti violenti nei confronti della sua ex moglie. Contro questa decisione, l’indagato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.

La Svolta Processuale: La Rinuncia al Ricorso dopo il Patteggiamento

Durante la pendenza del ricorso in Cassazione, si verificava un evento decisivo: il procedimento di merito veniva definito con una sentenza di patteggiamento, emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. A seguito di ciò, il difensore dell’imputato depositava telematicamente un atto di rinuncia al ricorso, sottoscritto dal suo assistito. Questo atto ha cambiato radicalmente il corso del giudizio di legittimità, spostando il focus dalla validità della misura cautelare alla validità della rinuncia stessa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su principi procedurali consolidati. In primo luogo, i giudici hanno ribadito che la rinuncia, se validamente formalizzata, produce l’immediata inammissibilità dell’impugnazione. La circostanza che nel frattempo fosse intervenuto un patteggiamento è stata ritenuta cruciale.

Secondo la Corte, la definizione del merito tramite patteggiamento configura il ‘venire meno dell’interesse’ richiesto dall’art. 568, comma 4, c.p.p. come condizione di ammissibilità dell’impugnazione. L’interesse ad impugnare deve esistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma persistere fino al momento della decisione. Con la sentenza di patteggiamento, l’imputato non ha più un interesse concreto e attuale a contestare la misura cautelare, che è per sua natura provvisoria e strumentale al procedimento principale.

Inoltre, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di cinquecento euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. I giudici hanno specificato che la rinuncia, sebbene connessa all’evoluzione del procedimento (il patteggiamento), non può essere considerata una ‘causa non imputabile al ricorrente’. Si tratta, infatti, di una scelta processuale volontaria e legittima che, tuttavia, non esime dalle conseguenze economiche previste dalla legge in caso di inammissibilità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la coerenza delle scelte processuali. La decisione di patteggiare implica l’accettazione di una definizione concordata del processo, rendendo di fatto superata ogni questione relativa alle misure cautelari applicate in precedenza. La rinuncia al ricorso diventa, in questo contesto, una logica conseguenza che formalizza la fine della controversia. Sul piano pratico, la decisione insegna che ogni atto processuale ha conseguenze precise e prevedibili. La rinuncia estingue il diritto di impugnazione e comporta, salvo casi eccezionali, la condanna alle spese, anche quando è motivata da un esito favorevole come il patteggiamento.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un patteggiamento?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La sentenza spiega che la definizione del processo tramite patteggiamento fa venir meno l’interesse a proseguire l’impugnazione contro una misura cautelare, rendendola proceduralmente non più ammissibile.

Chi rinuncia al ricorso deve comunque pagare le spese processuali?
Sì, secondo la decisione, il ricorrente che rinuncia è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. La rinuncia è considerata una scelta volontaria e non una causa esterna non imputabile che possa giustificare un esonero.

Perché il patteggiamento fa venir meno l’interesse a ricorrere contro una misura cautelare?
Perché la misura cautelare è un provvedimento provvisorio legato allo svolgimento del processo di merito. Una volta che il processo si conclude con una sentenza, come quella di patteggiamento, la questione sulla legittimità della misura cautelare perde di attualità e interesse giuridico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati