Rinuncia al ricorso in Cassazione: Analisi della Sentenza n. 509/2024
La decisione di presentare un ricorso per Cassazione è un passo cruciale nel percorso giudiziario, ma cosa accade quando, in un secondo momento, si decide di fare marcia indietro? La rinuncia al ricorso è un atto formale con conseguenze ben precise, come illustrato dalla recente sentenza della Corte di Cassazione. Questo articolo analizza il caso, le motivazioni della Corte e le implicazioni pratiche per chi si trova in una situazione simile.
I fatti del caso
Una donna, condannata per un grave reato commesso anni prima, si era vista respingere dal Tribunale di Sorveglianza la richiesta di differimento facoltativo della pena. La richiesta era motivata dall’attesa di un provvedimento di grazia da parte del Presidente della Repubblica.
Contro questa decisione, il suo difensore aveva presentato ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte del Tribunale. Tuttavia, prima che l’udienza si tenesse, è accaduto un fatto determinante: sia il difensore che l’imputata stessa hanno formalmente presentato una dichiarazione di rinuncia al ricorso.
Le conseguenze della rinuncia al ricorso
La Corte di Cassazione, una volta ricevute le dichiarazioni di rinuncia, ha agito in conformità con quanto previsto dal Codice di procedura penale. La rinuncia è un atto che estingue il diritto di impugnazione e impedisce al giudice di esaminare il merito della questione.
La declaratoria di inammissibilità
L’esito processuale è stato inevitabile: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. L’articolo 591, comma 1, lettera d) del codice di procedura penale, stabilisce chiaramente che l’inammissibilità dell’impugnazione è una delle conseguenze dirette della rinuncia. Di fronte a una manifestazione di volontà così chiara, espressa sia dal legale che personalmente dalla parte, la Corte non ha potuto fare altro che prenderne atto e chiudere il procedimento.
Le motivazioni della decisione
Le motivazioni della Corte sono state lineari e strettamente ancorate alla normativa processuale. La presenza di una rituale rinuncia al ricorso, trasmessa prima dal difensore e poi confermata personalmente dalla ricorrente, ha reso superfluo ogni esame nel merito delle doglianze originariamente sollevate.
La Corte ha quindi applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che disciplina le conseguenze economiche della declaratoria di inammissibilità. Poiché la causa di inammissibilità (la rinuncia) è direttamente imputabile alla ricorrente e non sono emersi profili che potessero escludere una sua colpa, è stata condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, è stata disposta la condanna al versamento di una somma determinata in 500 Euro in favore della cassa delle ammende, in linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2000), che richiede di valutare l’assenza di colpa per escludere tale sanzione.
Le conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la rinuncia al ricorso è un atto definitivo che preclude qualsiasi valutazione di merito da parte del giudice dell’impugnazione. Comporta l’immediata declaratoria di inammissibilità e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, salvo che non si dimostri l’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità. È una lezione importante sulla ponderazione necessaria prima di intraprendere e, successivamente, abbandonare un’azione legale in sede di legittimità.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte non entra nel merito della questione e il provvedimento impugnato diventa definitivo.
Chi rinuncia al ricorso deve pagare delle spese?
Sì. Secondo la sentenza, chi rinuncia è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, a meno che non si dimostri l’assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità.
È sufficiente la rinuncia del solo avvocato?
Nel caso specifico, la rinuncia è stata presentata sia dal difensore sia personalmente dalla ricorrente. Questo ha reso l’atto inequivocabile, anche se la legge prevede modalità specifiche per la validità della rinuncia.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 509 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 509 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nata a TARANTO il 04/06/1976
avverso l’ordinanza del 10/01/2023 del TRIBUNALE RAGIONE_SOCIALE di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
lette le conclusioni della Procuratrice generaie, NOME COGNOME la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso per intervenuta rinuncia.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 10/1/2023 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di differimento facoltativo della pena per essere in attesa del provvedimento di grazia richiesta al Presidente della Repubblica per il titolo in esecuzione (omicidio aggravato commesso nel 2003).
Avverso detta ordinanza aveva avanzato ricorso per cassazione il difensore della condannata, avv. NOME COGNOME deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al rigetto dell’istanza.
Nelle more dell’udienza è intervenuta rituale rinuncia al ricorso, con dichiarazione del difensore trasmessa digitalmente in data 20/10/2023, seguita dalla rinuncia personale della COGNOME in data 31/10/2023.
Il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile per rinuncia, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. d) cod. proc. pen.
A tale pronuncia segue la condanna alle spese del procedimento e al versamento della equa somma determinata in dispositivo in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., non risultando l’assenza di profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, alla stregua della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro cinquecento in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 13 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il President