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Rinuncia al ricorso e spese: la decisione della Corte

Un indagato per estorsione aveva impugnato il sequestro del suo smartphone. Successivamente, ha presentato una formale rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10522/2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Tuttavia, ha stabilito che l’indagato non dovesse pagare le spese processuali, poiché la rinuncia era avvenuta dopo la restituzione del bene sequestrato, facendo venire meno l’interesse a proseguire.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando Evitare la Condanna alle Spese

La rinuncia al ricorso in Cassazione è un atto processuale che può avere conseguenze significative, non solo sull’esito del giudizio ma anche sul piano economico per chi lo compie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10522 del 2025, offre un importante chiarimento su un’eccezione alla regola generale che prevede la condanna alle spese per il rinunciante. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso: Dal Sequestro dello Smartphone al Ricorso

La vicenda ha origine da un’indagine per il reato di estorsione a carico di un individuo. Nel corso delle investigazioni, la Procura della Repubblica disponeva il sequestro del suo smartphone. La difesa dell’indagato presentava un ricorso al Tribunale del Riesame per contestare la legittimità del provvedimento, ma il Tribunale confermava il sequestro.

Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Il sequestro aveva finalità meramente esplorative, essendo volto ad acquisire in modo indiscriminato tutte le informazioni presenti sul dispositivo, in violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza.
2. Mancava un provvedimento autorizzativo specifico dell’autorità giudiziaria per l’acquisizione degli scambi comunicativi (messaggi, email, etc.), considerati a tutti gli effetti “corrispondenza” e quindi tutelati dall’articolo 15 della Costituzione, come affermato dalla Corte Costituzionale.

La Svolta Processuale e la Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso

Prima che la Corte di Cassazione potesse pronunciarsi nel merito, si verificava un evento decisivo: il difensore dell’indagato presentava una formale rinuncia al ricorso. Questo atto, di per sé, è sufficiente a chiudere il procedimento di impugnazione.

La Corte, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. d) del codice di procedura penale. La particolarità della sentenza, tuttavia, non risiede in questa declaratoria, che è una conseguenza automatica della rinuncia, ma nella decisione relativa alle spese processuali.

Le Motivazioni

Di norma, la parte che rinuncia a un’impugnazione viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende. In questo caso, però, la Corte ha derogato a tale regola.

La motivazione risiede nel fatto che la rinuncia al ricorso è intervenuta a seguito della restituzione delle cose sequestrate all’avente diritto, disposta con un precedente provvedimento del giudice. In altre parole, l’indagato ha ottenuto la restituzione del suo smartphone prima della discussione del ricorso. Questo ha fatto venir meno il suo interesse a ottenere una pronuncia dalla Cassazione, rendendo la rinuncia una conseguenza logica e non un atto dilatorio o infondato.

La Corte ha quindi ritenuto che, essendo cessata la materia del contendere per un fatto favorevole al ricorrente, non fosse giusto applicare le sanzioni economiche normalmente previste per la rinuncia.

Le Conclusioni

Questa sentenza sottolinea un principio di equità processuale di notevole importanza pratica. La rinuncia al ricorso non è sempre e comunque sinonimo di soccombenza o di ammissione di infondatezza delle proprie ragioni. Se la rinuncia è motivata dal raggiungimento dell’obiettivo desiderato (in questo caso, la restituzione del bene) attraverso altre vie prima della decisione finale, il ricorrente non deve essere penalizzato economicamente.

Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la scelta di rinunciare a un ricorso, qualora le circostanze che lo avevano generato siano venute meno, è una strategia processuale valida che non comporta necessariamente un aggravio di spese. La decisione della Corte conferma che il sistema processuale tiene conto delle dinamiche concrete del procedimento, evitando di applicare sanzioni quando queste risulterebbero ingiustificate alla luce degli sviluppi del caso.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
Di norma, il ricorso viene dichiarato inammissibile e la parte che ha rinunciato è condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché in questo caso specifico chi ha rinunciato al ricorso non ha pagato le spese?
Perché la rinuncia è avvenuta dopo che l’oggetto del contendere, ovvero lo smartphone sequestrato, era stato restituito al proprietario. La Corte ha ritenuto che, essendo venuto meno l’interesse a proseguire per un evento favorevole al ricorrente, non fosse equo condannarlo alle spese.

La Corte si è pronunciata sulla legittimità del sequestro dello smartphone?
No. A causa della rinuncia, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la Corte di Cassazione non ha esaminato le questioni di merito, come la presunta finalità esplorativa del sequestro o la necessità di un’autorizzazione specifica per accedere alle comunicazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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