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Rinuncia al ricorso e spese: la Cassazione chiarisce

Un imputato, in custodia cautelare per traffico di stupefacenti, presenta ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame. Successivamente, a seguito della definizione del procedimento principale con un patteggiamento, effettua una rinuncia al ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile ma stabilisce un principio importante: in questi casi, non essendoci una vera e propria soccombenza, l’imputato non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Niente Spese se l’Interesse Viene Meno

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29494 del 2025, affronta un’interessante questione procedurale: quali sono le conseguenze in termini di spese processuali quando si effettua una rinuncia al ricorso per una sopravvenuta carenza di interesse? La decisione chiarisce che, se la rinuncia è determinata da una causa non imputabile al ricorrente, non scatta la condanna al pagamento delle spese.

I Fatti del Caso Processuale

La vicenda ha origine da un’indagine per traffico di stupefacenti. Un soggetto, ritenuto a capo di un’organizzazione criminale, veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere su decisione del Tribunale del Riesame di Torino, che aveva accolto l’appello del Pubblico Ministero contro una precedente misura di arresti domiciliari.

La difesa dell’indagato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione dell’ordinanza. In particolare, si contestava il pericolo di inquinamento probatorio a indagini concluse, l’illogicità sul pericolo di reiterazione del reato e l’inadeguatezza della motivazione circa l’impossibilità di applicare misure meno afflittive come gli arresti domiciliari.

Tuttavia, prima che la Cassazione potesse decidere nel merito, accadeva un fatto nuovo e decisivo: il procedimento principale veniva definito con una sentenza di patteggiamento. La pena detentiva veniva sostituita con la detenzione domiciliare. Questo evento rendeva di fatto inutile la prosecuzione del ricorso sulla misura cautelare, portando i difensori a formalizzare la rinuncia.

La Rinuncia al Ricorso e la Decisione sulle Spese

Di fronte alla dichiarazione di rinuncia, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Il punto cruciale della sentenza, però, non riguarda la decisione sull’impugnazione in sé, ma la statuizione sulle spese processuali.

Generalmente, chi presenta un ricorso e poi rinuncia, o chi lo vede dichiarato inammissibile, viene considerato ‘soccombente’ e condannato a pagare le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria. In questo caso, la Corte ha derogato a questa regola, stabilendo che al ricorrente non dovesse essere addebitato alcun costo.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un principio consolidato in giurisprudenza. La rinuncia all’impugnazione era motivata da una “sopravvenuta carenza di interesse” derivante da una causa non imputabile al ricorrente. La definizione del processo di merito con il patteggiamento ha fatto venir meno l’interesse a una decisione sulla misura cautelare.

Secondo la Corte, questa situazione non configura una vera e propria ‘soccombenza’. Il ricorrente non ha ‘perso’ il ricorso nel senso tradizionale del termine; semplicemente, non aveva più un interesse concreto e attuale a ottenere una pronuncia. In questi specifici casi, far gravare le spese sulla parte che rinuncia sarebbe iniquo. La Corte ha richiamato precedenti conformi (sentenze n. 15908/2024 e n. 13607/2010), che distinguono la rinuncia ‘tattica’ o dovuta a un ripensamento dalla rinuncia necessitata da eventi esterni che risolvono la questione alla radice.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante tutela per l’imputato. Stabilisce che la rinuncia al ricorso, quando giustificata da un evento processuale favorevole e non dipendente dalla volontà del ricorrente (come la conclusione del giudizio di merito), non deve essere penalizzata con la condanna alle spese. Questo principio garantisce che un soggetto non sia costretto a proseguire un’impugnazione divenuta inutile solo per evitare conseguenze economiche negative, promuovendo così l’efficienza processuale e un’interpretazione equa delle norme sulla soccombenza.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i difensori dell’imputato hanno depositato una formale dichiarazione di rinuncia.

Cosa significa “sopravvenuta carenza di interesse” in questo caso?
Significa che l’imputato non aveva più un interesse pratico a ottenere una decisione sul ricorso contro la misura cautelare, poiché il procedimento principale si era concluso con un patteggiamento che aveva già definito la sua pena, sostituendo la detenzione in carcere con quella domiciliare.

Se si effettua una rinuncia al ricorso, si devono sempre pagare le spese processuali?
No. Secondo questa sentenza, se la rinuncia è causata da una ‘sopravvenuta carenza di interesse’ per un evento non imputabile al ricorrente (come la fine del processo principale), non vi è condanna alle spese perché non si configura un’ipotesi di soccombenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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