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Rinuncia al ricorso: conseguenze sulle spese processuali

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un appello a seguito della rinuncia al ricorso da parte del ricorrente. Il caso riguardava il sequestro di un cane per disturbo della quiete pubblica. La sentenza chiarisce che, nonostante la rinuncia porti all’inammissibilità, la tempestività di tale atto può mitigare l’importo della sanzione pecuniaria a carico del ricorrente, in quanto non si configura una ‘colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Come Mitigare le Spese in Cassazione

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può avere conseguenze significative, non solo sull’esito del giudizio, ma anche sugli oneri economici a carico di chi lo presenta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione illumina un aspetto cruciale: la possibilità di ottenere una riduzione della sanzione pecuniaria quando la rinuncia è tempestiva e impedisce un’inutile disamina del caso. Analizziamo la vicenda che ha portato a questa interessante pronuncia.

I Fatti del Caso

La controversia nasce dal sequestro preventivo di un cane di razza pastore dell’Asia, disposto a seguito di querela per il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 c.p.). Il proprietario dell’animale aveva impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, il quale però aveva confermato il sequestro.

Contro questa decisione, l’interessato aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando una valutazione errata delle prove. A suo dire, il Tribunale aveva dato eccessivo peso alle dichiarazioni dei querelanti, ignorando elementi contrari come i verbali della Polizia Locale (che descrivevano il comportamento del cane come normale per un animale da guardia) e il suo comportamento collaborativo (l’installazione di un collare anti-abbaio e l’assenza di maltrattamenti certificata da un veterinario).

Tuttavia, prima che la Corte potesse decidere nel merito, il ricorrente, insieme al suo difensore, ha formalmente comunicato la propria rinuncia al ricorso.

La Decisione della Corte di Cassazione

Preso atto della dichiarazione di rinuncia, sottoscritta personalmente dall’imputato e quindi pienamente valida ed efficace, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La rinuncia, infatti, ha un effetto preclusivo che impedisce alla Corte di esaminare i motivi dell’impugnazione, chiudendo di fatto il procedimento.

La parte più interessante della decisione, però, riguarda la gestione delle spese processuali e della sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni della Decisione

Il fulcro della sentenza risiede nella distinzione che la Corte opera tra le diverse cause di inammissibilità e le loro conseguenze economiche. Ecco i passaggi logici seguiti dai giudici.

L’impatto della rinuncia al ricorso sulle Spese

Secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, la parte che ha presentato un ricorso dichiarato inammissibile è di norma condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questo principio, noto come soccombenza, mira a sanzionare l’aver attivato inutilmente la macchina della giustizia.

Tuttavia, la Corte ha specificato che questa regola va mitigata. Nel caso di specie, la rinuncia al ricorso è stata comunicata tempestivamente, precludendo alla Corte la necessità di esaminare nel dettaglio il fondamento dell’impugnazione. Per questo motivo, i giudici hanno ritenuto che il ricorrente non avesse “versato in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”.

In altre parole, la rinuncia non è stata vista come l’esito di un ricorso palesemente infondato, ma come una scelta processuale che ha, di fatto, evitato un ulteriore dispendio di attività giudiziaria. Di conseguenza, la Corte ha liquidato la sanzione pecuniaria “in via equitativa”, determinandola in una misura più contenuta (€ 500,00) rispetto a quella che sarebbe potuta essere applicata in caso di un ricorso rigettato nel merito o dichiarato inammissibile per altre ragioni.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: la rinuncia al ricorso, sebbene porti a una declaratoria di inammissibilità, non comporta automaticamente l’applicazione della sanzione pecuniaria nella sua misura massima. Quando la rinuncia è tempestiva, può essere considerata una scelta che non aggrava il lavoro della giustizia e, per questo, merita un trattamento sanzionatorio più mite. Si tratta di una sfumatura procedurale che difensori e imputati dovrebbero tenere in considerazione nella gestione delle strategie processuali, poiché dimostra come un atto apparentemente di ‘resa’ possa in realtà tradursi in un concreto vantaggio economico.

Cosa succede legalmente quando si presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia, se formalmente valida (ad esempio, sottoscritta personalmente dalla parte), determina la chiusura del procedimento. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile senza esaminarne i motivi, poiché l’atto di rinuncia preclude ogni ulteriore valutazione sul merito della questione.

Se un ricorso è dichiarato inammissibile per rinuncia, il ricorrente deve sempre pagare una sanzione?
Sì, il ricorrente è comunque condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Tuttavia, la sentenza chiarisce che l’importo di tale somma può essere mitigato. Se la rinuncia è tempestiva, la Corte può liquidare la sanzione in via equitativa e in misura più contenuta, non ravvisando una ‘colpa’ del ricorrente nell’aver causato l’inammissibilità.

Perché in questo caso la sanzione è stata ridotta?
La sanzione è stata ridotta perché la tempestiva comunicazione della rinuncia ha impedito alla Corte di procedere alla disamina completa del ricorso. I giudici hanno ritenuto che questo comportamento non costituisse una “colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, giustificando una liquidazione equitativa e più favorevole della sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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