Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Non è un’Uscita Gratuita
La decisione di presentare un ricorso in Cassazione è un passo importante, ma cosa succede quando si cambia idea? Molti credono che una semplice rinuncia al ricorso chiuda la vicenda senza ulteriori strascichi. Un’ordinanza recente della Suprema Corte, tuttavia, ci ricorda che questa mossa ha conseguenze economiche ben precise e inevitabili, anche quando sembra la via d’uscita più semplice.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Ritirato
La vicenda analizzata prende le mosse da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Prima che la Corte di Cassazione potesse esaminare il caso nel merito, il ricorrente ha formalizzato la sua decisione di ritirare l’impugnazione. A seguito di questa comunicazione, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi non sul contenuto del ricorso, ma sulle conseguenze procedurali di tale rinuncia.
La Decisione della Corte e la rinuncia al ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa declaratoria non è stata una sorpresa, essendo la diretta conseguenza della volontà espressa dal ricorrente. L’aspetto cruciale della decisione, però, risiede nelle statuizioni accessorie. I giudici hanno condannato il ricorrente a due pagamenti:
1. Il pagamento delle spese processuali sostenute.
2. Il versamento di una somma di 500,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: la rinuncia al ricorso è essa stessa una causa di inammissibilità che fa scattare specifiche sanzioni economiche previste dalla legge.
L’Applicazione dell’Art. 616 del Codice di Procedura Penale
La base legale per questa condanna si trova nell’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di declaratoria di inammissibilità di un ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria.
Nessuna Distinzione tra le Cause di Inammissibilità
Il punto più interessante chiarito dalla Corte è che la legge non fa alcuna differenza tra le varie ragioni che portano a una declaratoria di inammissibilità. Che il ricorso sia inammissibile per un vizio di forma, perché presentato fuori termine, o, come in questo caso, per una successiva rinuncia, il risultato non cambia: le sanzioni economiche devono essere applicate. La rinuncia, prevista dall’art. 591 c.p.p., rientra a pieno titolo tra queste ipotesi.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa e letterale della normativa processuale. L’articolo 616 c.p.p. è concepito come una norma di carattere generale, volta a sanzionare l’attivazione della macchina giudiziaria con un atto che, per qualsiasi ragione, non può essere esaminato nel merito. Anche un ricorso a cui si rinuncia ha impegnato risorse della cancelleria e dei giudici. Pertanto, la condanna pecuniaria non ha una funzione punitiva legata alla fondatezza o meno del ricorso, ma serve a compensare, almeno in parte, l’attività giudiziaria comunque svolta. La Suprema Corte, citando un precedente consolidato, ribadisce che la sanzione pecuniaria è una conseguenza automatica dell’inammissibilità, senza che il giudice possa operare distinzioni non previste dal legislatore. La determinazione dell’importo, in questo caso fissato in 500 euro, viene considerata ‘equa’ in relazione alla natura meramente procedurale della pronuncia.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre una lezione pratica fondamentale per chiunque si approcci al sistema delle impugnazioni penali. La rinuncia al ricorso è un atto formale che pone fine al giudizio, ma non azzera le sue conseguenze. Chi decide di ritirare un’impugnazione deve essere consapevole che affronterà comunque una condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa regola mira a responsabilizzare le parti processuali, scoraggiando la presentazione di ricorsi non ponderati o il loro successivo abbandono, garantendo che l’impiego di risorse pubbliche abbia sempre una contropartita, anche in caso di interruzione volontaria del procedimento.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia determina la declaratoria di inammissibilità del ricorso, il che significa che la Corte non entra nel merito della questione ma si limita a chiudere il procedimento.
La rinuncia a un ricorso comporta sempre dei costi?
Sì, la parte che rinuncia al ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Perché si viene condannati a una sanzione anche se si ritira volontariamente il ricorso?
Perché la legge non distingue tra le varie cause di inammissibilità. La sanzione è una conseguenza automatica della declaratoria di inammissibilità, indipendentemente dal fatto che sia dovuta a un errore formale o a una rinuncia volontaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4245 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4245 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a FIRENZE il 12/09/2002
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME rilevato che in data 2 settembre 2024 il ricorrente ha rinunciato al ricorso;
rilevato che la rinuncia determina l’inammissibilità del ricorso. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, per la parte privata ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare nella misura contenuta di euro 500,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta non solo nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 comma 3 codice di rito, ma anche nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen., tra cui è ricompreso il caso della rinuncia all’impugnazione (Sez. 6, n. 26255 del 17/6/2015, Rv. 263921);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente