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Rinuncia al ricorso: conseguenze economiche

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso a seguito della rinuncia formale presentata dall’appellante. La decisione si basa sull’applicazione dell’art. 591 cod. proc. pen. A causa della declaratoria di inammissibilità, e in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., la Corte condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 2.000 euro, specificando che tale condanna consegue a ogni tipo di inammissibilità, inclusa la rinuncia al ricorso.

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Pubblicato il 3 agosto 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi di una Decisione e delle sue Conseguenze Economiche

Intraprendere un percorso giudiziario fino all’ultimo grado di giudizio è una scelta complessa, ma anche decidere di interromperlo ha delle implicazioni precise. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35938/2019, offre un chiaro esempio delle conseguenze derivanti dalla rinuncia al ricorso. Questo atto, pur ponendo fine alla controversia, non è privo di costi. La sentenza analizza come la rinuncia si traduca in una declaratoria di inammissibilità, che a sua volta fa scattare l’obbligo di pagare non solo le spese processuali ma anche una sanzione pecuniaria.

Il Contesto Processuale

Il caso nasce da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte di Appello. L’imputato era stato condannato in secondo grado a una pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione e 600 euro di multa per reati gravi, tra cui rapina e sequestro di persona in concorso. Nel suo ricorso, la difesa lamentava vizi di legge e di motivazione sia riguardo l’accertamento della responsabilità penale sia sulla quantificazione della pena.

La Svolta: La Rinuncia al Ricorso e l’Inammissibilità

Il procedimento davanti alla Suprema Corte prende una piega decisiva quando, pochi giorni prima dell’udienza, perviene una formale rinuncia al ricorso da parte del difensore dell’imputato. Questo atto unilaterale cambia completamente lo scenario.

La Corte, prendendo atto della rinuncia, non entra nel merito delle questioni sollevate. Applica direttamente l’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, che prevede espressamente la rinuncia come una delle cause di inammissibilità dell’impugnazione. Di conseguenza, il ricorso viene dichiarato inammissibile, chiudendo di fatto il processo.

Le Conseguenze Economiche della Rinuncia al Ricorso

La parte più significativa della decisione riguarda le conseguenze economiche. L’inammissibilità non è un’archiviazione neutra. L’articolo 616 del codice di procedura penale stabilisce che, in caso di inammissibilità del ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma a titolo di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La Corte sottolinea un punto cruciale, richiamando un suo precedente orientamento (sent. n. 28691/2016): la legge non fa distinzioni tra le diverse cause che portano all’inammissibilità. Che sia per un vizio formale, per tardività o, come in questo caso, per una rinuncia al ricorso volontaria, la sanzione pecuniaria è sempre dovuta. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in euro duemila.

le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione è strettamente giuridico-procedurale. I giudici non hanno esaminato le ragioni originarie del ricorso, poiché la rinuncia ha precluso ogni valutazione di merito. La decisione si fonda su una sequenza logica ineludibile: 1) è pervenuta una rituale rinuncia all’impugnazione; 2) ai sensi dell’art. 591 cod. proc. pen., la rinuncia è una causa di inammissibilità; 3) ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la declaratoria di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La Corte chiarisce che la norma non lascia margini di discrezionalità sul punto, essendo una conseguenza automatica e obbligatoria per tutte le cause di inammissibilità.

le conclusioni

La sentenza offre un importante monito pratico: la rinuncia al ricorso è un atto formale con conseguenze economiche precise e inevitabili. Non si tratta di una semplice marcia indietro senza costi. La decisione di impugnare una sentenza deve essere ponderata non solo per le possibilità di successo, ma anche tenendo conto dei costi procedurali in caso di abbandono del giudizio. La condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria, in questo caso di 2.000 euro, serve a responsabilizzare le parti e a disincentivare impugnazioni presentate in modo avventato o poi ritirate. Questo meccanismo garantisce che l’accesso alla giustizia di ultima istanza sia esercitato con la dovuta serietà, sanzionando l’abuso dello strumento processuale, anche quando questo si manifesta con una rinuncia tardiva.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso per cassazione già presentato?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile senza esaminarne il merito, ponendo così fine al procedimento.

La rinuncia al ricorso comporta delle spese per chi lo aveva presentato?
Sì. La legge (art. 616 cod. proc. pen.) prevede che la dichiarazione di inammissibilità, anche se causata da una rinuncia, comporti la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

A quanto ammonta la sanzione pecuniaria in questo caso e perché è stata applicata?
In questo caso specifico, la sanzione ammonta a 2.000 euro. È stata applicata perché l’art. 616 del codice di procedura penale la impone come conseguenza automatica per ogni causa di inammissibilità, inclusa la rinuncia volontaria, senza distinzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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