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Rinuncia al ricorso: conseguenze e spese processuali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato in custodia cautelare per reati di droga. La decisione segue la rinuncia al ricorso presentata dalla difesa per “sopravvenuta carenza di interesse”. Non essendo stata fornita una causa giustificativa non imputabile all’indagato, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando un consolidato orientamento giurisprudenziale.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al ricorso: quando comporta la condanna alle spese

La rinuncia al ricorso per Cassazione è un atto processuale che pone fine a un giudizio, ma le sue conseguenze non sono neutre. Una recente sentenza della Suprema Corte chiarisce che, se non adeguatamente motivata, questa scelta comporta la dichiarazione di inammissibilità e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme questo caso per capire meglio la logica della decisione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Milano che aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere per un individuo indagato per reati legati agli stupefacenti, previsti dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990. La difesa dell’indagato aveva deciso di impugnare tale provvedimento presentando un ricorso per cassazione, contestando sia la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza sia la necessità delle esigenze cautelari.

Tuttavia, in un momento successivo alla presentazione del ricorso, sia l’indagato che il suo difensore hanno trasmesso alla Corte un atto formale di rinuncia alla trattazione del ricorso stesso, motivandola con una generica “sopravvenuta carenza di interesse”.

La Decisione della Corte: Inammissibilità per Rinuncia

La Corte di Cassazione ha preso atto della rinuncia e ha dichiarato il ricorso inammissibile. La questione centrale non era se la rinuncia fosse valida, ma quali conseguenze dovesse produrre. Interpretando l’atto come una piena rinuncia al ricorso, i giudici hanno applicato il principio secondo cui tale atto, se non supportato da una valida giustificazione, porta a una pronuncia di inammissibilità e non a una semplice archiviazione.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Cassazione sul tema della rinuncia al ricorso

La Corte ha basato la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno spiegato che la rinuncia alla trattazione, quando motivata da una generica “sopravvenuta carenza di interesse”, deve essere interpretata come una rinuncia al ricorso a tutti gli effetti.

Il punto cruciale della motivazione risiede nell’assenza di una causa giustificativa specifica e non imputabile all’indagato. La Cassazione ha sottolineato che, per evitare la condanna alle spese, il ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare l’esistenza di un evento sopravvenuto, a lui non attribuibile, che avesse reso inutile la prosecuzione del giudizio. Una semplice dichiarazione di “mancanza di interesse” non è sufficiente a soddisfare questo onere.

La sentenza richiama precedenti conformi (Cass. n. 29593/2021 e n. 11302/2017), ribadendo che la dichiarazione di inammissibilità per rinuncia non giustificata comporta automaticamente la condanna alle spese processuali e al pagamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. Questa sanzione ha una duplice funzione: da un lato, ristorare l’amministrazione della giustizia per l’attività svolta inutilmente; dall’altro, scoraggiare la presentazione di ricorsi non ponderati.

Conclusioni

Questa pronuncia conferma un principio fondamentale della procedura penale: la rinuncia a un’impugnazione è un atto serio con precise conseguenze economiche. Chi decide di presentare un ricorso e successivamente vi rinuncia senza una valida e documentata ragione esterna alla propria volontà, deve essere consapevole che sarà chiamato a sostenere i costi del procedimento. La sentenza serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la proposizione di un ricorso, evitando di attivare la macchina della giustizia senza una reale e persistente intenzione di portarlo a compimento. La generica “carenza di interesse” non è una scusante e non esonera dalle responsabilità economiche derivanti dall’inutile avvio di un procedimento giudiziario.

Cosa accade se si presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Questo significa che il ricorso non viene esaminato nel merito e il provvedimento impugnato diventa definitivo.

La rinuncia al ricorso comporta sempre la condanna al pagamento di spese e sanzioni?
Sì, a meno che il ricorrente non dimostri che la rinuncia è dovuta a una causa sopravvenuta a lui non imputabile. Secondo la sentenza, una generica motivazione come la “sopravvenuta carenza di interesse” non è sufficiente per evitare la condanna.

Per quale reato era stato disposto l’arresto nel caso di specie?
L’indagato era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere in relazione al reato previsto dall’articolo 73 del D.P.R. n. 309 del 1990, che riguarda la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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