Rinuncia al ricorso: quali sono le conseguenze? Un’analisi della Cassazione
La decisione di impugnare un provvedimento giudiziario è un passo importante, ma altrettanto lo è la scelta di fare un passo indietro. La rinuncia al ricorso è un atto processuale che, sebbene possa sembrare una semplice conclusione del procedimento, comporta conseguenze legali e finanziarie precise. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce che tale atto non è privo di costi, confermando la condanna del rinunciante al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme il caso per capire la logica della Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di revocare una misura alternativa alla detenzione, l’affidamento in prova al servizio sociale, concessa a un individuo. La revoca, con effetto retroattivo (ex tunc), era stata disposta perché il soggetto era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere per un nuovo e grave reato (associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti). Il Tribunale aveva ritenuto la nuova condotta incompatibile con il percorso di reinserimento.
L’interessato, tramite il suo legale, aveva presentato ricorso in Cassazione, contestando la motivazione del provvedimento. Sosteneva che la revoca fosse illogica, in quanto non teneva conto del corretto svolgimento della misura fino a quel momento e non valutava l’effettiva incidenza del nuovo presunto reato, ancora da accertare.
Tuttavia, prima dell’udienza, si verifica un colpo di scena: il ricorrente invia una dichiarazione di rinuncia al ricorso. A sostegno della sua decisione, allega un provvedimento che certificava l’estinzione della pena che stava scontando, grazie alla concessione della liberazione anticipata, dichiarando di non avere più interesse alla prosecuzione del giudizio.
La Decisione della Cassazione sulla rinuncia al ricorso
Di fronte alla rinuncia, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. La parte cruciale della decisione non riguarda l’atto della rinuncia in sé, quanto le sue conseguenze. La Corte, infatti, non si limita a prendere atto della fine del procedimento, ma condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 500,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Corte spiega in modo dettagliato perché la rinuncia al ricorso conduce a questa conclusione. Il punto centrale è che la rinuncia è un atto volontario che determina l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 591 del codice di procedura penale.
Il ricorrente aveva sostenuto di non avere più interesse, ma la Corte chiarisce che non si può parlare di ‘sopravvenuta carenza di interesse per causa non imputabile’. Un eventuale accoglimento del ricorso, infatti, avrebbe potuto avere effetti positivi per lui, come il riconoscimento di un periodo di detenzione ingiusta o la sua valutazione ai fini della ‘fungibilità’ della pena.
Poiché l’esito negativo del processo (l’inammissibilità) è una conseguenza diretta della sua scelta di rinunciare, scatta l’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che la parte che ha proposto un ricorso dichiarato inammissibile debba essere condannata alle spese. La Corte, citando un proprio precedente (sentenza n. 45850/2023), ribadisce che la legge non fa distinzioni tra le varie cause di inammissibilità. Che sia per un vizio formale o per una rinuncia volontaria, la conseguenza è la stessa: il pagamento delle spese.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito pratico: la rinuncia al ricorso non è un’uscita di scena ‘neutra’. È un atto dispositivo con implicazioni economiche ben definite. Chi decide di interrompere un’impugnazione deve essere consapevole che questa scelta, pur ponendo fine alla controversia, lo espone alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. È quindi fondamentale valutare attentamente, con il proprio difensore, non solo i motivi per impugnare, ma anche le conseguenze di un eventuale ripensamento, per evitare spiacevoli sorprese economiche.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
In base alla decisione esaminata, il ricorso viene dichiarato inammissibile. La rinuncia è una delle cause di inammissibilità previste dalla legge.
Chi presenta una rinuncia al ricorso deve comunque pagare le spese processuali?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la dichiarazione di inammissibilità per rinuncia comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Perché la Corte non ha semplicemente archiviato il caso per ‘sopravvenuta carenza di interesse’?
La Corte ha specificato che non si trattava di una carenza di interesse per causa esterna, ma di una scelta volontaria del ricorrente. Un potenziale accoglimento del ricorso avrebbe potuto ancora portare dei benefici al ricorrente; pertanto, la responsabilità dell’esito del processo ricade su chi ha deciso di rinunciare, attivando così le conseguenze previste dalla legge in termini di spese.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36635 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36635 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a AVELLINO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/05/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 29 maggio 2025 con cui il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha revocato ex tunc la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale a lui applicata in data 22 novembre 2024, per essere stato egli sottoposto alla custodia cautelare in carcere per la violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990, ritenendo tale condotta incompatibile con la misura alternativa applicata, anche per la mutata valutazione della sua pericolosità;
rilevato che il ricorrente deduce la carenza e la manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata, per avere il Tribunale revocato la misura alternativa solo a seguito dell’applicazione della custodia cautelare per il reato indicato, senza valutare il regolare svolgimento della stessa sino a tale momento, non essendo stata segnalata alcuna violazione alle relative prescrizioni, e senza valutare l’effettiva incidenza sulla prosecuzione dell’esperimento premiale della nuova violazione di legge, ancora da accertare compiutamente, e per avere revocato quest’ultima ex tunc senza un’idonea valutazione e senza tenere conto del periodo di applicazione trascorso senza alcuna violazione;
rilevato che, in data 21/10/2025, il ricorrente ha inviato una dichiarazione di rinuncia al ricorso, allegando ad essa il provvedimento con cui il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino ha dichiarato l’estinzione, sin dal 15 ottobre 2025, della pena che stava espiando, a seguito di concessione della liberazione anticipata, e precisando di non avere più interesse al ricorso stesso;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., per rinuncia all’impugnazione, mentre non può affermarsi la sopravvenuta carenza di interesse per causa non imputabile al ricorrente, come da lui dichiarato, dal momento che l’accoglimento del ricorso, previa sua valutazione di ammissibilità, avrebbe potuto comportare, a suo favore, il riconoscimento di un periodo di detenzione ingiusta, ovvero rilevante ai fini della fungibilità;
ritenuto che la rinuncia all’impugnazione comporti la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 500,00, in applicazione del principio stabilito da questa Corte secondo cui «Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per rinuncia
all’impugnazione consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen. non prevede distinzioni tra le ipotesi di inammissibilità previste dall’art. 606, comma 3, cod. proc., pen. e quelle contemplate dall’art. 591 cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 45850 del 15/09/2023, Rv. 285462);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore