Rinuncia al ricorso: quali sono le conseguenze economiche?
La decisione di presentare un ricorso in Cassazione è un passo importante nel percorso processuale, ma cosa accade quando si decide di fare marcia indietro? La rinuncia al ricorso è un atto che produce effetti giuridici significativi, non solo sull’esito del giudizio ma anche sul portafoglio del ricorrente. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di tale scelta, confermando l’applicazione di sanzioni pecuniarie anche in caso di abbandono volontario dell’impugnazione.
I fatti del caso
Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Successivamente alla proposizione del ricorso, lo stesso imputato, tramite il proprio difensore, ha formalizzato una dichiarazione di rinuncia al ricorso. Questo atto unilaterale ha interrotto il procedimento di impugnazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte non più per una valutazione nel merito, ma per una pronuncia sulle conseguenze processuali della rinuncia stessa.
La decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso
La Corte di Cassazione, preso atto della dichiarazione di rinuncia, ha agito conformemente a quanto previsto dalla procedura penale. L’ordinanza ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa declaratoria non è stata una semplice presa d’atto, ma ha comportato due precise conseguenze economiche per il ricorrente:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali sostenute.
2. La condanna al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
La Corte ha ritenuto equa tale cifra in ragione delle questioni giuridiche che erano state sollevate con il ricorso originario.
Le motivazioni della decisione
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione sull’articolo 616 del codice di procedura penale. I giudici hanno sottolineato un principio fondamentale: la legge non fa distinzioni tra le diverse cause che portano a una pronuncia di inammissibilità ai fini dell’applicazione della sanzione pecuniaria. Che l’inammissibilità derivi da un vizio formale, dalla tardività dell’atto o, come in questo caso, da una rinuncia al ricorso, la conseguenza prevista dalla norma è la medesima.
La Corte ha inoltre precisato che il caso di specie non rientrava nell’eccezione della rinuncia per carenza di interesse dovuta a cause sopravvenute non imputabili al ricorrente. In assenza di tali circostanze eccezionali, la sanzione pecuniaria diventa una conseguenza quasi automatica della rinuncia, volta a sanzionare l’aver comunque attivato la macchina giudiziaria fino al suo grado più alto per poi interromperne il corso.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un importante monito per chiunque intraprenda un percorso di impugnazione in sede penale. La rinuncia al ricorso, sebbene sia un diritto della parte, non è un atto privo di conseguenze. Comporta la declaratoria di inammissibilità e, di regola, una condanna economica che include le spese del procedimento e una sanzione a favore della Cassa delle ammende. È quindi essenziale ponderare con attenzione non solo le ragioni per impugnare una sentenza, ma anche quelle che potrebbero portare a un successivo ripensamento, tenendo conto dei costi non trascurabili che una rinuncia può comportare.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso per Cassazione in ambito penale?
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
La sanzione pecuniaria è sempre obbligatoria in caso di rinuncia?
Sì, secondo l’ordinanza, l’art. 616 del codice di procedura penale non distingue tra le diverse cause di inammissibilità, inclusa la rinuncia, per l’applicazione della sanzione, a meno che non si tratti di un caso di rinuncia per carenza di interesse dovuta a cause sopravvenute non imputabili al ricorrente.
A quanto ammonta la sanzione pecuniaria nel caso specifico?
Nel caso analizzato, la Corte ha determinato la sanzione in 3.000 euro, ritenendo la somma equa in base alle questioni che erano state dedotte nel ricorso originario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6215 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6215 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che in data 17 ottobre 2023 il ricorrente ha comunicato la propria dichiarazione di rinuncia al ricorso, con sottoscrizione autenticata dal difensore, AVV_NOTAIO;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato in ammissibile per rinuncia, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen., nello stabilire l’applicazione di detta sanzione, non distingue tra le diverse cause che danno luogo alla pronuncia di inammissibilità, né si versa nel caso di rinuncia per carenza di interesse per cause sopravvenute non imputabili al ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/01/2024