Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Attenzione alle Conseguenze Economiche
Decidere di presentare un’impugnazione e poi fare marcia indietro può avere conseguenze significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la rinuncia al ricorso non è un’azione priva di costi. Al contrario, essa comporta l’inammissibilità dell’impugnazione e la condanna al pagamento di spese e di una sanzione pecuniaria, proprio come avviene per altri vizi procedurali. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I fatti del caso: dal reato ambientale alla rinuncia
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Rieti per un reato previsto dalla normativa ambientale (art. 256 del D.Lgs. 152/2006). L’imputato, non accettando la decisione, proponeva inizialmente appello, che veniva successivamente convertito in un ricorso per cassazione.
Con il ricorso, la difesa sollevava due motivi principali:
1. La richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto, basata su una diversa ricostruzione dei fatti.
2. In subordine, la richiesta di assoluzione perché il fatto non costituisce reato, data la presunta natura occasionale dell’attività contestata.
Tuttavia, prima che la Corte potesse esaminare il merito della questione, l’imputato decideva di cambiare strategia, presentando una formale rinuncia al ricorso.
La decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso
Di fronte alla rinuncia, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto. La decisione è stata netta: il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
La conseguenza diretta di questa declaratoria non è stata solo la chiusura del procedimento, ma anche l’applicazione di sanzioni economiche a carico del ricorrente. La Corte ha infatti condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Le motivazioni della condanna economica
La Corte ha basato la sua decisione sull’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di inammissibilità o rigetto del ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria.
Il punto cruciale chiarito dall’ordinanza è che la legge non fa distinzioni tra le diverse cause di inammissibilità. Che un ricorso sia inammissibile per un vizio di forma, per manifesta infondatezza o, come in questo caso, per una successiva rinuncia al ricorso, le conseguenze economiche non cambiano. La Corte ha richiamato una precedente sentenza (Cass. Sez. 2, n. 45850 del 15/09/2023) per rafforzare questo principio, specificando che le ipotesi di inammissibilità previste dall’art. 591 c.p.p. (tra cui la rinuncia) sono trattate allo stesso modo di quelle previste dall’art. 606 c.p.p.
Conclusioni e implicazioni pratiche
Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque intenda intraprendere un percorso di impugnazione in sede penale. La scelta di presentare un ricorso per cassazione deve essere ponderata attentamente, poiché un successivo ripensamento non è privo di conseguenze. La rinuncia al ricorso, sebbene sia un diritto della parte, attiva un meccanismo sanzionatorio volto a scoraggiare impugnazioni presentate con leggerezza o a fini puramente dilatori. La condanna al pagamento delle spese e della sanzione pecuniaria è una conseguenza automatica dell’inammissibilità, indipendentemente dalla causa che l’ha determinata. Pertanto, è fondamentale valutare con il proprio legale non solo le probabilità di successo del ricorso, ma anche la determinazione a portarlo fino in fondo, per evitare spiacevoli sorprese economiche.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso per cassazione già presentato?
La rinuncia comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, il che significa che la Corte non esaminerà il merito della questione e il procedimento si concluderà.
La rinuncia al ricorso comporta delle conseguenze economiche?
Sì. La parte che rinuncia al ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende, così come previsto per tutti i casi di inammissibilità.
A quanto ammonta la sanzione pecuniaria in caso di rinuncia?
L’importo della sanzione è stabilito dal giudice in via equitativa. Nel caso specifico esaminato, la Corte di Cassazione ha fissato la somma in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26688 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26688 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CONTIGLIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/04/2023 del TRIBUNALE di RIETI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28 aprile 2023 il Tribunale di Rieti condannava NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’articolo 256 d. Igs. 152/2006.
Avverso tale sentenza l’imputato propone appello, convertito in ricorso per cassazione.
Con il primo motivo chiede l’assoluzione per non avere commesso il fatto, sulla base di una diversa ricostruzione dello stesso.
Con il secondo motivo chiede l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, in ragione della natura occasionale dell’attività.
In data 3 febbraio 2024 l’imputato faceva pervenire rinuncia al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per rinuncia a ,1).1 -·erjx05:’
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per rinuncia all’impugnazione consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen. non prevede distinzioni tra le ipotesi di inammissibilità previste dall’art. 606, comma 3, cod. proc., pen. e quelle contemplate dall’art. 591 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 45850 del 15/09/2023, Belviso, Rv. 285462 02), equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 19 aprile 2024.