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Rinuncia al ricorso: conseguenze e sanzioni

Un cittadino straniero, destinatario di un mandato d’arresto europeo, ha presentato ricorso in Cassazione contro la sua consegna. Tuttavia, prima dell’udienza, ha formalizzato una rinuncia al ricorso. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, specificando che la rinuncia non esclude tali conseguenze, a meno che non sia determinata da cause non imputabili al ricorrente.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Quali Sono le Conseguenze Giuridiche e le Sanzioni?

La decisione di presentare un’impugnazione in un procedimento penale è un passo cruciale, ma cosa accade quando, in un secondo momento, si decide di fare marcia indietro? La rinuncia al ricorso è un istituto previsto dal nostro ordinamento, ma le sue conseguenze non sono sempre scontate. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto fondamentale: rinunciare all’appello non significa necessariamente evitare costi e sanzioni. Analizziamo insieme il caso per capire la logica dietro questa decisione.

Il Contesto: Mandato d’Arresto Europeo e Impugnazione

Il caso in esame riguarda un cittadino albanese, colpito da un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità del Belgio. L’uomo era sottoposto a un procedimento penale per partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte di appello di Venezia aveva autorizzato la sua consegna al Belgio.

Contro questa decisione, il suo difensore aveva presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. La presunta violazione del principio del ne bis in idem (il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto), sostenendo che il suo assistito fosse già stato giudicato per la stessa vicenda da un tribunale belga.
2. Una critica al mandato d’arresto, ritenuto insufficientemente dettagliato riguardo alla condotta criminale contestata.

Tuttavia, prima che la Corte Suprema potesse esaminare questi motivi, è intervenuto un colpo di scena: il ricorrente, tramite il suo avvocato, ha presentato un atto formale di rinuncia al ricorso.

La Decisione della Cassazione dopo la Rinuncia al Ricorso

Di fronte alla rinuncia, l’esito del procedimento dinanzi alla Cassazione era, in un certo senso, segnato. La Corte, applicando l’articolo 591 del codice di procedura penale, non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile. Questo passaggio è automatico: la legge stabilisce che la rinuncia è una delle cause che impediscono al giudice di entrare nel merito della questione.

La parte più interessante della sentenza, però, riguarda le conseguenze di tale declaratoria. La Corte non si è limitata a chiudere il caso, ma ha anche condannato il ricorrente a pagare:
* Le spese processuali.
* Una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la condanna al pagamento delle spese e della sanzione sulla base dell’articolo 616 del codice di procedura penale. Questo articolo prevede che, in caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente sia condannato a tali pagamenti. Il punto cruciale, sottolineato dai giudici, è che la norma non fa distinzioni tra le diverse cause di inammissibilità. Che il ricorso sia inammissibile per un vizio di forma, perché manifestamente infondato o, come in questo caso, per rinuncia al ricorso, le conseguenze economiche sono le medesime.

I giudici hanno specificato che un’eccezione potrebbe sussistere solo se la rinuncia fosse stata determinata da una “sopravvenuta carenza d’interesse per causa non imputabile al ricorrente”. In altre parole, se l’imputato avesse rinunciato perché, ad esempio, nel frattempo le autorità belghe avevano ritirato il mandato d’arresto, la situazione sarebbe stata diversa. Nel caso di specie, però, non vi era alcun elemento che suggerisse una simile circostanza. Di conseguenza, la rinuncia è stata considerata una scelta volontaria e strategica della difesa, che non esime dalle responsabilità economiche previste dalla legge per aver attivato inutilmente la macchina della giustizia.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: l’atto di impugnazione è un’attività seria che comporta responsabilità. La rinuncia al ricorso, sebbene sia un diritto della parte, non cancella il fatto che il sistema giudiziario è stato messo in moto. Pertanto, salvo casi eccezionali in cui la rinuncia è necessitata da eventi esterni e non controllabili, chi rinuncia a un’impugnazione deve farsi carico delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. È una lezione importante per chiunque si trovi ad affrontare un procedimento legale: ogni scelta processuale ha delle conseguenze precise, anche quella di fare un passo indietro.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso già presentato in Cassazione?
La rinuncia determina la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte non esamina i motivi dell’impugnazione e la decisione impugnata diventa definitiva.

Rinunciare al ricorso esonera dal pagamento delle spese processuali?
No. Secondo la sentenza, la rinuncia è una causa di inammissibilità che, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, a meno che la rinuncia non sia dovuta a una causa non imputabile al ricorrente stesso.

Perché il ricorrente è stato condannato anche a pagare una sanzione pecuniaria?
Perché l’articolo 616 del codice di procedura penale prevede, in caso di inammissibilità, non solo la condanna alle spese ma anche il pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. La legge non distingue tra le varie cause di inammissibilità, quindi anche la rinuncia volontaria rientra in questa previsione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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