Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 429 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 429 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMERINUNCIANTE) nato a PALERMO il 19/04/1975
avverso l’ordinanza del 22/05/2023 del GIP TRIBUNALE di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 22 maggio 2023 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo ha respinto l’istanza proposta da NOME COGNOME per essere autorizzato a fruire di colloqui telefonici o videotelefonici con il proprio difensore, stante la difficoltà di effettuare incontr diretti, per la distanza del luogo di detenzione.
Il giudice ha condiviso il parere negativo del pubblico ministero, secondo cui il difensore avrebbe potuto usufruire della corrispondenza, nonché del normale accesso al luogo di custodia.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod.proc.pen.
L’ordinanza impugnata contiene una motivazione inidonea in quanto ripete, aderendo al parere negativo del pubblico ministero, che non vi sono ostacoli all’effettuazione di colloqui diretti tra il detenuto e il suo difensore, mentre questi aveva rappresentato la oggettiva difficoltà di tali colloqui, per l’eccessiva distanza tra lo studio legale, sito in Roma, e il luogo di detenzione, il carcere di Voghera. L’imposizione di limiti ai colloqui con il difensore viola i diritti difensi del detenuto, e impedire i colloqui telefonici con quest’ultimo significa imporre un divieto che non è previsto dalla legge. L’ordinanza, poi, non indica neppure il motivo per cui simili colloqui non possano essere autorizzati, non sussistendo alcuna oggettiva causa ostativa.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
Il ricorrente, con atto inviato personalmente in data 23/09/2023 e con atto inviato dal difensore in data 10/11/2023, ha dichiarato di rinunciare al ricorso.
Sussiste, pertanto, la causa di inammissibilità prevista dall’art. 591, comma 1, lett. d), cod.proc.pen., che deve essere immediatamente rilevata. Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente