Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2038 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2038 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Brescia il DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la ordinanza ex art. 310 cod. proc. pen. in data 03/10/2023 del Tribunale di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, di. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112, e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
rilevato che con dichiarazione in data 05/12/2023, il difensore, AVV_NOTAIO, munito di procura speciale, ha dichiarato, in nome e per conto del proprio assistito, di rinunciare al ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11/02/2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME in quanto gravemente indiziato di aver partecipato ad una consorteria criminale dedita stabilmente alla commissione di reati fiscali (in particolare, artt. 2,8 e 10-quater d.lgs. 74/2000 e 640 cod. pen.).
1.1. In primo grado, il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Brescia, all’esito di giudizio abbreviato, condannava il COGNOME alla pena di anni otto di reclusione, oltre alla pena pecuniaria.
1.2. In data 25/02/2022, la Corte di appello di Brescia sostituiva la misura in atto con quella degli arresti domiciliari e, in data 30/06/2022, la medesima Corte rideterminava la pena ex art. 599-bis cod. proc. pen., in anni sette di reclusione, oltre alla pena pecuniaria.
1.3. Respinte pregresse istanze di revoca o attenuazione del regime cautelare, con istanza del 04/09/2023, la difesa dell’imputato avanzava istanza di revoca degli arresti domiciliari o l’applicazione di misura meno afflittiva, individuata nell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: la richiesta veniva respinta dalla Corte di appello di Brescia con ordinanza in data 05/09/2023. Avverso la stessa, è stato proposto appello ex art. 310 cod. proc. pen. al Tribunale di Brescia
Con ordinanza in data 03/10/2023, il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice dell’appello cautelare, rigettava il gravame sia con riferimento alla domanda principale (richiesta di revoca o di sostituzione della misura cautelare in atto) sia in relazione alla domanda subordinata (istanza di autorizzazione ad allontanarsi dall’abitazione per lo svolgimento di attività lavorativa).
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, il cui unico formale motivo viene di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.: mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Si evidenzia in particolare come, quanto alla richiesta di revoca od attenuazione della misura cautelare, nulla è stato motivato in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari. Il ritenuto pericolo di reiterazione difetta di attualità e concretezza ed erano stati pretermessi alcuni elementi sottoposti al vaglio dell’appello cautelare: in primis, l’avvenuta assoluzione del ricorrente dal reato di autoriciclaggio di cui al capo 166-bis; quindi, si era omesso di valutare come in fase di rinnovazione dell’istruttoria in appello, il COGNOME, interrogato all’udienza del 24/04/2022 in relazione alla posizione del coimputato NOME COGNOME, avesse risposto ampiamente alle domande postegli e, a seguito della discussione dei difensori sempre in sede di appello, il ricorrente avesse fatto pervenire al Procuratore generale, su richiesta di quest’ultimo, una memoria con allegazioni documentali, i cui contenuti erano stati valorizzati dalla sentenza di appello (dichiarazioni aventi ad oggetto nuovi fatti di reato sui quali lo stesso era venuto a conoscenza in ambiente carcerario che aveva esposto sé stesso ed i suoi famigliari a concreti rischi per l’incolumità). Inoltre, si era omesso di tener conto che, nell’istanza di revoca della misura, il ricorrente aveva documentalmente dimostrato che lo stesso aveva subito una condanna ad anni sei di reclusione nell’ambito di altro procedimento, per fatti pacificamente in continuazione con quelli oggetto del presente procedimento. Infine, quanto alla richiesta di permesso per lo svolgimento di attività lavorativa, si era evidenziato come nella lettera di disponibilità al lavoro fosse indicato il luogo di ubicazione degli uffici e la mancata indicazione dell’orario di lavoro era dovuta solo dall’assoluta disponibilità del ricorrente ad adeguarsi alle limitazioni ed alle modalità che i giudici avrebbero posto. La difesa, inoltre, non ha mai affermato di versare in uno stato di assoluta indigenza, bensì di trovarsi nell’oggettiva impossibilità di provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita. Infine, non si era tenuto conto che al COGNOME fosse stato sequestrato e confiscato ogni suo bene e che non esistono altri suoi beni all’estero. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta rituale rinuncia allo stesso.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dal ricorso, in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 19/12/2023.