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Rinuncia al ricorso: conseguenze e costi processuali

Un imputato, agli arresti domiciliari per reati fiscali, presenta ricorso in Cassazione contro un’ordinanza che negava la revoca della misura. Prima della discussione, il suo difensore deposita una formale dichiarazione di rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, prendendo atto della rinuncia, dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al ricorso: Analisi delle Conseguenze Giuridiche ed Economiche

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che, sebbene possa sembrare una semplice ritirata, comporta conseguenze giuridiche ed economiche precise. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2038/2024) offre un chiaro esempio di come questo istituto funzioni e quali siano i suoi effetti, in particolare la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine con l’applicazione di una misura di custodia cautelare in carcere nei confronti di un soggetto, gravemente indiziato di aver partecipato a un’associazione criminale dedita a reati fiscali. Successivamente, la Corte d’Appello ha sostituito la detenzione in carcere con gli arresti domiciliari.

La difesa dell’imputato ha presentato diverse istanze per ottenere una revoca o un’ulteriore attenuazione della misura, che sono state respinte. Contro l’ultima decisione di rigetto, emessa dal Tribunale in funzione di giudice dell’appello cautelare, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione.

La Decisione della Corte e l’Effetto della Rinuncia al Ricorso

Il punto di svolta del procedimento dinanzi alla Suprema Corte si è verificato prima ancora della discussione. Il difensore, munito di procura speciale, ha depositato una dichiarazione formale con cui, in nome e per conto del suo assistito, ha rinunciato all’impugnazione.

Di fronte a tale atto, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto e dichiarare il ricorso inammissibile. La rinuncia al ricorso, infatti, è un atto che estingue il rapporto processuale relativo all’impugnazione, impedendo al giudice di entrare nel merito delle questioni sollevate. La Corte non ha quindi esaminato i motivi di doglianza presentati, ma si è fermata a una valutazione puramente procedurale.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza è estremamente sintetica e si fonda su un unico, decisivo elemento: la sopravvenuta e rituale rinuncia. Secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la norma prevede l’obbligo di versare una somma alla Cassa delle ammende, a meno che l’inammissibilità non sia dovuta a cause non imputabili al ricorrente.

Nel caso specifico, la rinuncia è un atto volontario e consapevole, pienamente imputabile alla parte che lo compie. Pertanto, la Corte ha ritenuto che sussistessero i presupposti per applicare la sanzione pecuniaria, quantificandola in duemila euro. La motivazione della condanna alle spese e alla sanzione non risiede in una valutazione di colpa nel merito del ricorso, ma nella responsabilità processuale derivante dalla presentazione di un’impugnazione a cui poi si è volontariamente rinunciato.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la presentazione di un ricorso, anche se legittima, attiva un meccanismo processuale che ha dei costi. La decisione di ritirare l’impugnazione attraverso una rinuncia al ricorso non annulla tali costi. Al contrario, fa scattare l’applicazione dell’art. 616 c.p.p., comportando la condanna del ricorrente alle spese processuali e al pagamento di una sanzione pecuniaria.

In pratica, la sentenza insegna che la scelta di rinunciare a un’impugnazione deve essere ponderata, tenendo conto non solo della fine del contenzioso, ma anche delle conseguenze economiche dirette. La rinuncia blocca l’esame di merito, ma non cancella gli effetti economici di aver adito la Corte di Cassazione.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione prende atto della rinuncia e dichiara il ricorso inammissibile. Questo significa che il ricorso non viene esaminato nel merito e il procedimento di impugnazione si conclude.

La rinuncia al ricorso comporta dei costi per chi la effettua?
Sì. Secondo quanto stabilito dalla sentenza e dall’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che rinuncia è condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, poiché la rinuncia è considerata un atto volontario che determina l’inammissibilità.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende è una sanzione pecuniaria prevista dalla legge in caso di inammissibilità del ricorso. Poiché la rinuncia è un atto volontario che causa l’inammissibilità, la Corte ha applicato questa sanzione, ritenendo presenti i profili di colpa del ricorrente nell’aver promosso un’impugnazione poi abbandonata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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