Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza e le Sue Conseguenze
La rinuncia al ricorso è un atto processuale con cui la parte che ha impugnato un provvedimento decide di abbandonare la propria iniziativa. Sebbene possa sembrare una semplice ritirata, questa scelta comporta conseguenze giuridiche ed economiche ben precise, come illustrato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Analizziamo insieme il caso per capire cosa accade quando si decide di non proseguire con un appello in sede di legittimità.
Il Contesto del Caso Giudiziario
Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Trieste. L’imputato, non soddisfatto della decisione di secondo grado, aveva deciso di portare la questione dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, il massimo organo della giustizia italiana.
Tuttavia, in un momento successivo alla presentazione del ricorso, l’imputato ha cambiato idea. Con un atto formale, depositato in cancelleria, ha manifestato la sua volontà di rinunciare all’impugnazione precedentemente proposta. Questo atto di rinuncia è diventato il fulcro della successiva decisione della Corte.
La Decisione della Corte: Effetti della Rinuncia al Ricorso
La Corte di Cassazione, una volta ricevuta la comunicazione della rinuncia, non è entrata nel merito delle questioni sollevate nel ricorso originale. L’atto di rinuncia, infatti, preclude qualsiasi esame dei motivi di impugnazione. Di conseguenza, i giudici hanno emesso un’ordinanza con cui hanno dichiarato il ricorso “inammissibile”.
Questa declaratoria di inammissibilità non è una mera formalità. Essa chiude definitivamente il procedimento e comporta l’applicazione di specifiche sanzioni processuali a carico del rinunciante, come stabilito dalla legge per disincentivare ricorsi presentati in modo avventato.
le motivazioni
La motivazione della Corte è lineare e si basa su un principio consolidato del diritto processuale. La rinuncia volontaria e formale al ricorso ne determina automaticamente l’inammissibilità. L’ordinamento processuale prevede che a tale declaratoria consegua, quasi come un automatismo, la condanna del ricorrente al pagamento di due voci di spesa distinte.
La prima è il pagamento delle spese processuali, ovvero i costi generati dall’attività giudiziaria fino a quel momento. La seconda, più specifica del processo penale, è il versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la Corte ha giudicato “congrua” la somma di tremila euro. Questa sanzione ha una duplice funzione: da un lato, ristorare l’amministrazione della giustizia per l’attività svolta inutilmente; dall’altro, scoraggiare la presentazione di ricorsi non ponderati che appesantiscono il sistema giudiziario.
le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la scelta di impugnare una sentenza deve essere ben ponderata, così come la successiva decisione di rinunciare. La rinuncia al ricorso, pur essendo un diritto della parte, non è priva di conseguenze. Essa comporta l’immediata inammissibilità del gravame e la condanna al pagamento non solo delle spese del procedimento, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito sull’importanza di un uso responsabile degli strumenti di impugnazione, sottolineando che anche la ritirata da un’azione legale ha un costo, sia in termini procedurali che economici.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso già presentato in Cassazione?
La rinuncia porta la Corte a dichiarare il ricorso inammissibile, senza esaminarne i motivi nel merito. Il procedimento si conclude con questa declaratoria.
La rinuncia al ricorso comporta delle conseguenze economiche per chi lo ha presentato?
Sì. La declaratoria di inammissibilità per rinuncia comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, giudicata congrua dal giudice, a favore della Cassa delle ammende.
A quanto ammontava la sanzione pecuniaria in questo caso specifico?
Nel caso esaminato, la Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente al versamento della somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, ritenendola una cifra congrua.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5335 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 5335 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Oppido Mamertina il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 14/12/2022 emessa dalla Corte di appello di Trieste; visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME e letta la rinuncia al ricors il 25/10/2023, a firma dell’imputato COGNOME.
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso è inammissibile per sopravvenuta rinuncia e che a detta de consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamen somma, giudicata congrua, di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna H ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 6 dicembre 2023
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