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Rinuncia al ricorso: Cassazione su spese e sanzioni

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7443/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile a seguito di rinuncia da parte del ricorrente. Il principio chiave affermato è che la rinuncia al ricorso, se non colpevole, non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali né della sanzione a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Le Conseguenze su Spese e Sanzioni secondo la Cassazione

Intraprendere la via del ricorso in Cassazione è una decisione importante, ma cosa accade quando, in corso d’opera, si decide di fare un passo indietro? La rinuncia al ricorso è un istituto processuale che permette proprio questo, ma quali sono le sue conseguenze economiche? Con la sentenza n. 7443 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: la rinuncia non comporta automaticamente la condanna al pagamento di spese e sanzioni, specialmente se dettata da nuove circostanze non imputabili a colpa del ricorrente.

Il Contesto: Dal Sequestro Preventivo al Ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania. Il provvedimento era legato a presunti reati, tra cui falsità ideologica e illeciti tributari. L’indagato aveva impugnato tale misura cautelare davanti al Tribunale del Riesame di Salerno, che tuttavia aveva respinto l’istanza.

Contro la decisione del Riesame, l’interessato aveva quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e vizi di motivazione nell’ordinanza impugnata. Il percorso sembrava tracciato verso una discussione nel merito davanti alla Suprema Corte.

La Svolta Processuale: La Rinuncia al Ricorso

In una mossa che ha cambiato le sorti del procedimento, l’avvocato del ricorrente, munito di procura speciale, ha formalizzato la rinuncia al ricorso. Questo atto unilaterale ha un effetto ben preciso nel codice di procedura penale: estingue il procedimento di impugnazione. Di conseguenza, la Corte di Cassazione non ha potuto esaminare nel merito le censure sollevate, ma ha dovuto limitarsi a prendere atto della volontà della parte.

L’esito immediato di tale atto è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, come previsto dall’art. 591, comma 1, lettera D, del codice di procedura penale.

L’inammissibilità per rinuncia al ricorso e le spese processuali

La questione più rilevante affrontata dalla Corte non è stata tanto la dichiarazione di inammissibilità, quanto le sue conseguenze economiche. Generalmente, chi presenta un ricorso inammissibile viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Tuttavia, la Cassazione ha seguito un orientamento giurisprudenziale consolidato, distinguendo tra le diverse cause di inammissibilità. La Corte ha stabilito un principio cruciale.

L’Assenza di Colpa nella Rinuncia

La Suprema Corte ha chiarito che l’inammissibilità derivante dalla rinuncia al ricorso non è sempre assimilabile a quella causata da vizi originari dell’atto di impugnazione. Spesso, la decisione di rinunciare matura in seguito all’emergere di nuovi elementi di fatto, sconosciuti al momento della proposizione del ricorso. Questi nuovi elementi possono modificare la valutazione sull’opportunità di proseguire la causa.

In questi casi, la rinuncia non è espressione di negligenza o di un’iniziativa legale temeraria, ma una scelta processuale ponderata e giustificata. Pertanto, è considerata “estranea a profili di colpa”.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sull’interpretazione dell’art. 616 del codice di procedura penale. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria ha una natura sanzionatoria, volta a punire l’abuso dello strumento processuale. Quando la rinuncia è giustificata da una riconsiderazione dell’interesse ad agire, basata su nuovi dati, viene meno il presupposto della colpa che giustifica la sanzione. La Corte, richiamando precedenti conformi, ha ritenuto che non vi fossero gli estremi per condannare il rinunciante al pagamento di alcuna somma, dichiarando semplicemente inammissibile il ricorso.

Conclusioni

La sentenza in commento offre un’importante lezione pratica: la rinuncia a un’impugnazione è un diritto che, se esercitato in modo ponderato e giustificato, non comporta necessariamente conseguenze economiche negative per il cittadino. La Suprema Corte riconosce che il processo è dinamico e che la valutazione dell’interesse a proseguire una causa può legittimamente cambiare nel tempo. Questa decisione tutela chi, di fronte a nuove circostanze, sceglie responsabilmente di porre fine a un contenzioso, evitando di gravare la parte di costi aggiuntivi quando la sua scelta non è dettata da colpa o leggerezza.

Se si rinuncia a un ricorso in Cassazione, si viene sempre condannati al pagamento delle spese e di una sanzione?
No. Secondo la Corte, se la rinuncia è fondata su nuovi elementi di fatto che portano a una diversa valutazione dell’interesse ad impugnare, e quindi non è frutto di colpa, non consegue la condanna al pagamento della sanzione a favore della Cassa delle ammende né delle spese processuali.

Qual è la conseguenza processuale principale della rinuncia al ricorso?
La conseguenza principale è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo significa che la Corte non entra nel merito della questione, ma si limita a prendere atto della rinuncia e a chiudere il procedimento di impugnazione.

Chi può formalizzare la rinuncia al ricorso?
Nel caso di specie, la rinuncia è stata presentata dal difensore. Il provvedimento specifica che il difensore era munito di “procura speciale”, un mandato specifico che lo autorizzava a compiere questo atto in nome e per conto del suo assistito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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