Rinuncia a Comparire: Quando la Scelta dell’Imputato Rende Inammissibile il Ricorso
L’esercizio dei diritti processuali impone coerenza e consapevolezza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la rinuncia a comparire in udienza, espressa liberamente dall’imputato, preclude la possibilità di lamentare in seguito una presunta violazione del diritto di difesa. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un’imputata contro una sentenza della Corte d’Appello. La ricorrente, detenuta per altra causa, lamentava un vizio di procedura relativo alla sua mancata partecipazione a un’udienza chiave del processo.
Nello specifico, era stata disposta la sua traduzione per l’udienza del 24 ottobre 2022, per la quale era stata predisposta la partecipazione in videoconferenza. Tuttavia, la traduzione non è mai avvenuta. Il motivo? La stessa imputata aveva dichiarato di rinunciare a presenziare a quella specifica udienza. Nonostante questa sua scelta, in sede di ricorso per Cassazione ha sollevato un profilo di nullità legato proprio alla sua assenza.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come la dichiarazione di rinuncia a comparire da parte della ricorrente abbia un effetto dirimente, neutralizzando alla radice qualsiasi possibile profilo di nullità. La Corte ha quindi condannato la ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa dei profili di colpa insiti nella presentazione di un ricorso palesemente privo di fondamento.
Le Motivazioni dietro la Rinuncia a Comparire
Il fulcro della motivazione della Corte risiede in un principio di logica e di auto-responsabilità processuale. I giudici hanno stabilito che non è possibile invocare un vizio procedurale quando questo è diretta conseguenza di una libera e consapevole scelta della parte che se ne duole. La rinuncia a partecipare all’udienza è un atto volontario che impedisce all’imputato di poter successivamente sostenere che la sua assenza abbia leso il suo diritto di difesa. In sostanza, la Corte ha affermato che la volontà dell’imputata ha sanato preventivamente qualsiasi potenziale irregolarità legata alla sua mancata traduzione.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale nel diritto processuale penale: i diritti devono essere esercitati in modo coerente. La rinuncia a comparire è una facoltà dell’imputato, ma una volta esercitata, non si può pretendere di trarre vantaggio da una situazione che si è contribuito a creare. La decisione serve da monito: la presentazione di ricorsi palesemente infondati, basati su vizi procedurali causati dalla stessa parte ricorrente, non solo non troverà accoglimento, ma comporterà anche sanzioni economiche significative. La scelta di non partecipare a un’udienza è legittima, ma deve essere ponderata, poiché preclude future contestazioni su quel punto.
È possibile lamentare la mancata traduzione in udienza se si è rinunciato a comparire?
No. Secondo la Corte, la dichiarazione con cui si rinuncia a comparire esclude in radice la possibilità di sollevare un profilo di nullità per la mancata partecipazione all’udienza.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese processuali e, in caso di colpa, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
Perché la rinuncia a comparire esclude la nullità del procedimento?
Perché la rinuncia è un atto volontario dell’imputato. Di conseguenza, l’assenza in udienza non deriva da un errore del sistema giudiziario, ma da una scelta della parte interessata, che quindi non può lamentare una violazione dei propri diritti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3591 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3591 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a TORINO il 01/01/1973
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto risulta che alla data del 4/7/2022 fu dato atto della detenzione per altra causa e fu disposta traduzione per la successiva udienza del 24/10/2022, per la quale era stata predisposta videoconferenza, fermo restando che alla traduzione ordinata per il 24/10/2022 non fu dato seguito, avendo la ricorrente dichiarato di rinunciare a comparire alla citata udienza, ciò che vale ad escludere in radice qualsivoglia profilo di nullità;
Ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Pre d nte