Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15094 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15094 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Presidente –
SANDRA RECCHIONE
– Relatore –
Sent. n. sez. 572/25
CC – 26/03/2025
R.G.N. 4801/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nata in Romania il 11/02/1966 avverso l’ordinanza del 16/12/2024 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1bis e ss. cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria scritta ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari personali di Milano, confermava la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per la partecipazione di NOME COGNOME alla associazione descritta nel capo OA) e riteneva adeguata la misura della custodia in carcere.
La misura veniva applicata dal Giudice per le indagini preliminari in sede di convalida di un decreto di fermo emesso dopo che il Tribunale per il riesame aveva annullato l’ordinanza che , in precedenza, aveva applicato alla Enescu la misura cautelare in relazione
al capo OA), rilevando una carenza assoluta di motivazione relativamente alla descrizione degli indizi che indicavano la partecipazione della ricorrente all ‘ associazione.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione: la decisione impugnata è stata emessa il 20 dicembre 2024, ma nel corpo della motivazione (depositata il 24 gennaio 2025) è stato effettuato un riferimento al contenuto dell’ ordinanza del 21 ottobre 2024 (la cui motivazione è stata depositata il 21 dicembre 2024, dunque il giorno successivo a quello della pronuncia dell’ordinanza impugnata) , con la quale il tribunale aveva annullato la prima ordinanza genetica nei confronti della COGNOME rilevando la carenza assoluta di motivazione in ordine alla sua partecipazione alla associazione descritta al capo OA);
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione: si deduceva che sarebbe stato violato l’obbligo di autonoma valutazione e che per ritenere i gravi indizi di colpevolezza, sarebbero stati utilizzati elementi riconducibili alle condotte descritte ai capi 163) e 164), per i quali era stata già esclusa la gravità indiziaria; infine sarebbe carente la motivazione in ordine all ‘ attribuzione alla ricorrente del ruolo di organizzatrice; si allegava, nello specifico, che il fatto che la COGNOME avesse rivendicato la somma di cinquemila euro per sé, dimostrerebbe che la stessa non poteva disporre in autonomia delle provviste;
2.3. violazione di legge (art. 274 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla rilevazione della sussistenza delle esigenze cautelari. La motivazione sarebbe carente sia in ordine al pericolo di reiterazione che a quello di fuga; mancherebbe inoltre la motivazione in ordine alla idoneità contenitiva della misura degli arresti domiciliari con controllo elettronico;
2.4. violazione di legge (art. 309, comma 10, cod. proc. pen.): sarebbe stata illegittimamente riemessa una misura cautelare già caducata per vizio di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso non supera la soglia di ammissibilità in quanto manifestamente infondato.
È vero che il tribunale ha utilizzato nel corpo del provvedimento il contenuto della motivazione di una ordinanza depositata successivamente alla decisione, ma il richiamo è stato effettuato per confermare un punto non contestato, ovvero la ‘ sussistenza ‘ dell’associazione, e non per affrontare il tema controverso oggetto dell’annullamento , ovvero la ‘ sussistenza ‘ dei gravi indizi in ordine alla partecipazione della ricorrente al consorzio criminale.
2. Il secondo motivo di ricorso non supera la soglia di ammissibilità in quanto si limita a contestare genericamente il difetto di motivazione in ordine alla identificazione del ruolo della COGNOME, asserendo che il secondo titolo cautelare fosse affetto dallo stesso vizio della prima ordinanza, senza confronti con la completa e persuasiva motivazione offerta sul punto dal provvedimento impugnato.
Veniva rilevato infatti che il ruolo della ricorrente emergeva dalle convergenti dichiarazioni di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME. Il tribunale ha rilevato che tali dichiarazioni risultavano attendibili intrinsecamente e che erano confermate ab estrinseco da diversi riscontri esterni; in particolare risultavano determinanti gli elementi emersi dalla analisi dei dispositivi in uso ad COGNOME e COGNOME e la chat intercorsa con COGNOME nel corso della quale questi si informava circa i propositi della ricorrente nel ‘ discorso di Galaxy ‘ (pag. 30 dell’ordinanza impugnata).
Il Tribunale ha rilevato, inoltre, che dagli elementi di prova raccolti emergeva il diretto coinvolgimento dell ‘Enescu in tutte le chat in cui venivano organizzate le operazioni illecite contestate (di cui aveva ampiamente riferito Alchieri anche attraverso la disamina dei dispositivi posti in sequestro e la analisi dei files all’interno delle chat : pag. 30 dell’ordinanza impugnata).
In conclusione, il tribunale riteneva che le emergenze investigative fossero univoche e convergenti nell’indicare che la ricorrente si occupasse in prima persona di attività funzionali alla realizzazione del programma associativo sia in relazione al mercato spagnolo – nel quale la stessa individuava le società con le quali operare -, sia in relazione al mercato italiano (tenuto conto che era emerso che la stessa risultava informata attraverso plurime chat di tutte le operazioni funzionali alla finalizzazi one dell’ attività illecita contestata: pag. 31 dell’ordinanza impugnata).
Secondo l ‘ accurata valutazione effettuata la COGNOME risultava pienamente inserita nell’organigramma criminale, cooperava in modo sinergico con gli altri sodali e prendeva parte alle azioni illecite dell’associazione.
Contrariamente a quanto esposto nel ricorso nessuna valorizzazione è stata operata con riferimento ai capi 163) e 164), per cui in altra sede era stata esclusa la gravità indiziaria, essendosi tenuto conto al contrario di elementi indiziari relativi ad altre contestazioni, compiutamente richiamate nell’ordinanza impugnata.
Sul punto la motivazione dell’ordinanza si presenta accurata ed esaustiva, oltre che rispettosa degli standard motivazionali richiesti dalla Corte di legittimità per la individuazione dei gravi indizi di colpevolezza, e del tutto autonoma, rispetto al contenuto dell’ordinanza di annullamento depositata dopo la decisione in esame, cui si richiama il ricorso, che non si confronta con gli elementi di fatto evidenziati nel provvedimento impugnato.
La stessa non si presta, dunque, ad alcuna censura.
Non supera la soglia di ammissibilità neanche il motivo che contesta la motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla scelta della misura imposta.
Invero, contrariamente a quanto dedotto, il tribunale ha offerto un’accurata e persuasiva motivazione in ordine alla sussistenza concretezza e attualità del pericolo cautelare ed alla proporzionalità della misura imposta.
3.1. Il collegio di merito, con motivazione accurata e persuasiva, rilevava che la ricorrente era inserita in modo organico e duraturo nel sodalizio e che le risultanze acquisite tratteggiavano negativamente la sua personalità, il che giustificava la prognosi negativa in ordine al pericolo di reiterazione . Tra l’altro veniva rilevata l’emersione di un dolo particolarmente intenso e veniva ritenuto, contrariamente a quanto dedotto, che la richiesta dei 5.000 euro, che la difesa riteneva indicativa della marginalità della COGNOME rispetto al contesto associativo indicasse, invece, la sua piena intraneità (pag. 32 della sentenza impugnata).
Veniva infine rilevato che le attività associative si erano protratte fino a tempi recentissimi, nonostante la carcerazione di uno dei vertici, il che confermava la concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione.
Il tribunale riteneva concreto ed attuale anche il pericolo che l’indagata potesse darsi alla fuga, tenuto conto sia dei numerosi contatti che vantava all’estero , sia della carenza di riferimenti personali e lavorativi sul territorio italiano. Infine, rilevava che l’impegno profuso dopo la carcerazione di Falavigna indicava un ‘ allarmante indifferenza rispetto ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria e segnalava un ‘allarmante attitudine ad inquinare le indagini (pagg. 32 e 33 dell’ordinanza impugnata).
3.2. Con riferimento alla proporzionalità della misura, il tribunale riteneva che non emergessero profili della personalità che potessero indurre a ritenere adeguata una misura affidata all’auto-contenimento, tenuto conto che la prognosi di affidabilità emergente dal compendio indiziario era del tutto sfavorevole alla ricorrente; tali valutazioni non si fondano sulla contestazione dell’aggravante della trasnazionalità, esclusa dai giudici, ma sulla pervicacia dimostrata dalla continuità garantita l’ illecito, malgrado la consapevolezza dei controlli, con la continua ricerca di canali di comunicazione che garantivano l’anonimato .
Anche la motivazione in ordine ai profili cautelari non si presta, pertanto, a nessuna censura.
E’ manifestamente infondato anche l’ultimo motivo di ricorso, con il quale è stata dedotta la violazione del principio del ne bis in idem , ovvero del divieto di rinnovazione della misura.
Sul punto il Collegio riafferma che l’annullamento di una ordinanza cautelare per motivi formali, quali la mancanza di un’autonoma valutazione da parte del giudice per le
indagini preliminari dei requisiti normativi previsti per l’adozione della misura coercitiva, non impedisce la rinnovazione della misura atteso che il divieto di rinnovazione, di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., non si riferisce ai casi di annullamento ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen. La Corte ha aggiunto che l’applicazione di detto principio non determina la violazione del principio del ne bis in idem , né una disparità di trattamento rispetto alle ipotesi disciplinate dall’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., trattandosi di una norma di carattere derogatorio rispetto al principio generale secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il vincolo del “giudicato cautelare interno” opera solamente nel caso in cui vi sia stata una valutazione sul merito della domanda cautelare del pubblico ministero (Sez. 6, n. 8695 del 09/01/2018, COGNOME, Rv. 272217 -01; Sez. U, n. 11 del 01/07/1992, COGNOME, Rv. 191183 – 01).
5 .Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sens i dell’articolo 94, comma 1 -ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’ istituto penitenziario in cui l’ indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1bis del citato articolo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’ art. 94, comma 1ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il giorno 26 marzo 2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME