Rinnovazione Istruzione Dibattimentale: Quando il Giudice d’Appello Può Rifiutare Nuove Prove
Il processo d’appello non è un secondo processo di primo grado. Questo principio fondamentale del nostro sistema processuale penale trova una chiara applicazione nella disciplina della rinnovazione istruzione dibattimentale. Con la recente ordinanza n. 19872 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini del potere del giudice d’appello di riaprire la fase probatoria, specificando quando un ricorso basato su tale richiesta debba essere considerato inammissibile.
Il Fatto in Breve
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava una violazione di legge, sostenendo che la Corte territoriale avesse erroneamente negato l’assunzione di una prova da lui ritenuta decisiva per la sua difesa. In sostanza, chiedeva alla Corte di Cassazione di censurare la decisione dei giudici d’appello per non aver disposto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
La Decisione della Corte sulla rinnovazione istruzione dibattimentale
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto l’unico motivo di ricorso manifestamente infondato, basando la loro decisione su due principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende è stata la diretta conseguenza di tale declaratoria.
I Limiti alla Rinnovazione: Solo per Prove Nuove
Il primo, e forse più importante, principio richiamato dalla Corte è che la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello può integrare una violazione di legge, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d) del codice di procedura penale, solo in un caso specifico: quando la richiesta riguarda prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado. Nel caso di specie, l’imputato non aveva addotto l’esistenza di prove nuove, ma chiedeva un nuovo esame di elementi potenzialmente già disponibili nel primo giudizio. Di conseguenza, secondo la Corte, mancava in radice il presupposto per potersi lamentare della mancata assunzione in appello.
Il Potere Discrezionale del Giudice e la Motivazione Implicita
Il secondo principio, altrettanto cruciale, riguarda l’obbligo di motivazione del giudice d’appello. La Cassazione ha ricordato che, in tema di rinnovazione istruzione dibattimentale, il giudice è tenuto a motivare esplicitamente solo quando accoglie la richiesta. Questo perché, accogliendola, si discosta dal principio generale di presunzione di completezza dell’istruttoria svoltasi in primo grado e deve quindi dare conto delle ragioni che lo spingono a esercitare il suo potere discrezionale.
Al contrario, quando il giudice rigetta la richiesta, la sua motivazione può essere anche implicita. Essa può, infatti, desumersi dalla stessa struttura argomentativa della sentenza d’appello, laddove emerga che gli elementi già acquisiti sono stati ritenuti sufficienti per affermare o negare la responsabilità dell’imputato. Il giudice, in pratica, non deve spiegare perché non ha bisogno di nuove prove se la sua decisione dimostra di fondarsi solidamente su quelle già esistenti.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa e consolidata delle norme processuali. L’obiettivo è quello di garantire l’efficienza del processo d’appello, evitando che si trasformi in una mera duplicazione del giudizio di primo grado. Si presume che l’istruttoria condotta in prima istanza sia completa ed esaustiva. La rinnovazione deve quindi rimanere un’eccezione, strettamente legata alla necessità di valutare elementi probatori che non potevano essere conosciuti o introdotti in precedenza.
La decisione riafferma che il potere di disporre la rinnovazione è ampiamente discrezionale. Il rigetto di una tale istanza, se non riguarda prove effettivamente nuove, non costituisce di per sé una violazione di legge, e la sua motivazione può legittimamente emergere dall’impianto complessivo della sentenza di secondo grado.
Le Conclusioni
In conclusione, questa ordinanza offre un importante monito per la difesa: la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello deve essere formulata con estrema attenzione. Per avere possibilità di successo, e per fondare un valido motivo di ricorso per Cassazione in caso di rigetto, è essenziale che la richiesta si basi su prove genuinamente nuove, ovvero scoperte o emerse dopo la conclusione del primo grado di giudizio. Insistere per una nuova valutazione di prove già disponibili si scontra con il consolidato orientamento della giurisprudenza, che riconosce al giudice d’appello il potere di decidere sulla base del materiale probatorio già acquisito, ritenendolo implicitamente completo e sufficiente per la decisione.
Quando è obbligatorio per un giudice d’appello disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale?
Secondo la Corte, la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale può costituire un obbligo per il giudice, la cui violazione è sanzionabile, solo nel caso in cui la richiesta riguardi prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado.
Il giudice d’appello deve sempre motivare espressamente il rigetto di una richiesta di rinnovazione probatoria?
No. La Corte ha chiarito che il giudice è tenuto a una motivazione esplicita solo quando accoglie la richiesta di rinnovazione. In caso di rigetto, la motivazione può essere implicita e desumibile dalla struttura argomentativa della sentenza, che dimostra la sufficienza degli atti già presenti per decidere.
Cosa succede se si presenta un ricorso per Cassazione basato sulla mancata rinnovazione di prove non nuove?
Come avvenuto nel caso di specie, il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ritiene tale motivo di ricorso infondato in radice, poiché non sussiste la violazione di legge lamentata, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19872 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19872 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME,
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta la violazione di legge in relazione alla mancata assunzione di una prova decisiva ad opera dalla Corte territoriale, è inammissibile, a mente dell’insegnamento di legittimità secondo il quale «la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello può costituire violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado», (Sez. 1, Sentenza n. 40705 del 10/01/2018, Capitanio, Rv. 274337 – 01). Nel caso in esame il motivo non viene sollevato in relazione a prove sopravvenute alla sentenza di primo grado, così mancando in radice ogni possibilità di dolersi della loro mancata assunzione in appello.
Richiamato, ancora, e sempre in relazione al primo motivo, l’ormai risalente e assolutamente consolidato orientamento di legittimità in forza del quale «in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, il giudice, pur investito -con i motivi di impugnazione- di specifica richiesta, è tenuto a motivare solo nel caso in cui a detta rinnovazione acceda; invero, in considerazione del principio di presunzione di completezza della istruttoria compiuta in primo grado, egli deve dare conto dell’uso che va a fare del suo potere discrezionale, conseguente alla convinzione maturata di non poter decidere allo stato degli atti. Non così, viceversa, nella ipotesi di rigetto, in quanto, in tal caso, la motivazione potrà anche essere implicita e desumibile dalla stessa struttura argomentativa della sentenza di appello, con la quale si evidenzia la sussistenza di elementi sufficienti alla affermazione, o negazione, di responsabilità», (così già Sez. 5, Sentenza n. 8891 del 16/05/2000, COGNOME, Rv. 217209; più di recente, tra molte, Sez. 6, Sentenza n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 6 marzo 2024