Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19836 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19836 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME,
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di legge in relazione alla mancata assunzione di una prova decisiva ad opera dalla Corte territoriale, nonché difetto di motivazione in ordine alla richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex art. 603 cod. proc. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano in particolare le pagg. 6-7 della impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
richiamato, sempre con riguardo al primo motivo, l’insegnamento di legittimità secondo il quale «la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello può costituire violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado», (Sez. 1, Sentenza n. 40705 del 10/01/2018, Capitanio, Rv. 274337 – 01). Nel caso in esame il motivo non viene sollevato in relazione a prove sopravvenute alla sentenza di primo grado, così mancando in radice ogni possibilità di dolersi della loro mancata assunzione in appello.
Richiamato, ancora, e sempre in relazione al primo motivo, l’ormai risalente e assolutamente consolidato orientamento di legittimità in forza del quale «in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, il giudice, pur investit -con i motivi di impugnazione- di specifica richiesta, è tenuto a motivare solo nel caso in cui a detta rinnovazione acceda; invero, in considerazione del principio di presunzione di completezza della istruttoria compiuta in primo grado, egli deve dare conto dell’uso che va a fare del suo potere discrezionale, conseguente alla convinzione maturata di non poter decidere allo stato degli atti. Non così, viceversa, nella ipotesi di rigetto, in quanto, in tal caso, la motivazione potrà anche essere implicita e desumibile dalla stessa struttura argomentativa della sentenza di appello, con la quale si evidenzia la sussistenza di elementi sufficienti alla affermazione, o negazione, di responsabilità», (così già Sez. 5, Sentenza n. 8891 del 16/05/2000, COGNOME, Rv. 217209; più di recente, tra molte, Sez. 6, Sentenza n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230).
osservato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’eccessività della pena, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati b1/4)•3•-.,
negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 7 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 6 marzo 2024